Sona Carmagnola-il canto dei Sanfedisti: testo, storia, spiegazione
di Chiara Foti
31 luglio 2013
Quando si parla del canto dei sanfedisti, ritornano alla mente le vicende della Repubblica Partenopea e del breve periodo in cui Napoli fu nelle mani dei francesi rivoluzionari. Ma dove e perché nacque questo canto? Come divenne “dei Sanfedisti”? E infine, a quali eventi di quel particolare periodo storico fa riferimento?
Partiamo dalla storia:
Carmagnola era un luogo in provincia di Torino, noto per la produzione di canapa; dopo l’arrivo dei Savoia, molti canapai emigrarono nella vicina Francia portando con sé le loro tradizioni, i loro abiti e i loro canti. I francesi per parte loro chiamarono “la Carmagnole” la giubba, i canti e i balli dei canapai emigrati. Poi accadde che in piena rivoluzione francese, nel 1792, i sans-coulottes francesi adottassero la giubba, il berretto frigio e una ballata con il testo adattato agli avvenimenti del momento cui dettero nome di “la Carmagnole” che diffusero nell’intera Francia. La Carmagnole divenne così la canzone delle rivoluzioni e ve ne furono diverse versioni.
Noi parleremo in questo testo della sua versione napoletana, che giunse nell’allora capitale del Regno nel 1799 assieme ai francesi accorsi a sostenere la neonata Repubblica Partenopea proclamata dai giacobini napoletani. Tale canto fu l’unica cosa francese accettata dal popolo, solo perché durante i mesi dell’occupazione ne modificò il testo esprimendo attraverso di esso tutta la sua fedeltà al Re Borbone.
Il testo recita come segue:
A lu suono de grancascia
viva viva lu popolo bascio; a lu suono d”o tammurriello sò risurte li puverielli; a lu suono de campana viva viva li pupulane; a lu sono da viuline morte alli giacubine!
Sona sona – Sona Carmagnola sona li consiglia – viva ‘o Rre cu la famiglia!
A Sant’Eremo tanta forte l’hanno fatto comm’a ricotta, a stu curnuto sbrevugnato l’hanno miso ‘a mitria ‘n capa. Maistà chi t’ha traduto? Chistu stommaco chi ha avuto? ‘E signure, ‘e cavaliere te vulevano priggiuniere!
Sona sona -sona Carmagnola sona lu cannone, viva sempe ‘o Rre Burbone!
Alli tridece de giugno Sant’Antonio gluriuso ‘e signure, ‘sti birbante, ‘e ffacettero ‘o mazzo tanto! So’venute li Francise auti tasse ‘nce hanno mise. “Libertè, ègalitè”: tu arruobbe a mme, ie arrobbe a tte!
Sona…… viva sempe ‘o Rre Burbone!
Li Francise so’ arrivate, ‘nce hanno bbuono carusate “et voilà, et voilà”, cavece ‘nculo a la libertà! Addò è gghiuta ‘onna Eleonora che abballava ‘n copp’o triato? mo abballa mmiez”o mercato: ‘nzieme cu mastu Dunato! Sona…………viva ‘o Rre cu la famiglia!
A lu ponte a Maddalena ‘onna Luisa è asciuta prena, ‘e tra miedece che vanno nun la ponno fà sgravà! Addò è gghiuta ‘onna Eleonora ch’abballava ‘ncopp’o triato? Mo abballa cu ‘e surdate, nun ha pututo abballà cchiù!
Sona ………viva ‘o Rre cu la famiglia!
Pronte sò li bastimente, jate ‘e corza pè avvià, priparateve esultanti pecchè avite fà partì; pè lu mare ‘nc’è l’inferno li cancielle songo ardente: traditure andate in giù, nun putite arrubbà cchiù!
Sona………viva sempe ‘o Rre Burbone
A lu muolo senza guerra se tirajene l’albero ‘nterra, afferrajeno ‘e giacubine ‘e ffacettero ‘na mappina! E’ fernuta l’eguaglianza, è fernuta la libertà. Pè vuie so’ dulure ‘e panza: signò jateve a cuccà!
Sona …… Viva ‘o Rre cu la famiglia!
Passaje lu mese chiuvuso, lu ventuso e l’addiruso; a lu mese ca se mete hanno avuto l’aglio arrete! Viva Tata Maccarone ca rispetta la Religgione. Giacubine jate a mare mò v’abbrucia lu panaro!
Sona …….Viva ‘o Rre cu la famiglia!
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Al suono della Grancassa
evviva, evviva il Popolo Basso; al suono del Tamburello sono insorti i poverelli; al suono della campana viva, viva i Popolani; al suono del violino morte a tutti i giacobini!
Suona, suona – Suona Carmagnola, suona l’adunata – viva il Re e la famiglia!
Sant’Elmo, che era un grande forte l’hanno ridotto come una ricotta, a questo cornuto e svergognato gli hanno messo la mitria in testa. Maestà, chi vi ha tradito? Chi ha avuto questo coraggio? I Signori (benestanti), i Cavalieri ti volevano imprigionare!
Suona, suona – Suona Carmagnola, suona il cannone, viva sempre il Re Borbone!
Il tredici giugno, Sant’Antonio glorioso, ai Signori, questi birbanti, gli fecero un culo così! Sono arrivati i Francesi ci hanno messo ancora altre tasse. “Libertà, Uguaglianza”: Tu rubi a me, io rubo a te!
Suona……viva sempre al Re Borbone!
I Francesi sono arrivati, ci hanno ripulito completamente “ecco qua, ecco qua”, un calcio in culo alla Libertà! Dove è andata donn’Eleonora che ballava nel teatro? ora balla per il mercato: con mastro Donato! Suona………… viva il Re e la famiglia!
Al ponte della Maddalena Donna Luisa è rimasta incinta. Son venuti tre medici ma non riescono a farla partorire! Dove è andata donn’Eleonora che ballava nel teatro, ora balla con i soldati, e non ha più potuto ballare!
Suona……..viva il Re e la famiglia!
Le navi sono già pronte, correte tutti per farle avviare, preparatevi esultanti perché dovete farle partire; nel mare c’è l’inferno ed i suoi cancelli sono ardenti: traditori, andate a fondo, non potete più rubare!
Suona……. viva sempre il Re Borbone
Al molo, finita la guerra, hanno abbattuto l’albero (della libertà), hanno preso i Giacobini e li hanno ridotti come stracci sporchi! E’ finita l’uguaglianza, è finita la libertà, Per voi son dolor di pancia: signori, andatevene a letto!
Suona………… viva il Re e la famiglia!
Passò il mese Piovoso, (gennaio) il ventoso, l’iroso; (febbraio e marzo) e col mese in cui si miete (giugno) l’hanno preso la fregatura! (aglio nel culo) Viva Tata Maccarone che rispetta la religione. Giacobini gettatevi a mare, che già vi brucia il didietro!
Suona………….viva il Re e la famiglia!
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Come possiamo notare dal testo, il ritornello incita allarivolta al suono della Carmagnola (sona, sona, sona Carmagnola) e poi rafforza l’invito dicendo “Suona l’adunata, viva il Re e la sua famiglia!“
Nella prima strofa si richiama il popolo alla guerra, ogni strumento è in funzione della rima per un popolano o per il nemico da abbattere: la grancassa per il popolino, il tamburello per i nullatenenti, la campana per il popolo (artigiani ecc…) e il violino per spiegare i motivi della lotta, cioè cacciare i giacobini.
Nella seconda strofa viene narrato l’inizio della repubblica con la resistenza dei popolani detti “i Lazzari”, asserragliati a Castel Sant’Elmo, conquistato dai francesi di Championnet che invece sostenevano la Repubblica; si narra poi della presenza tra questi francesi, del prete Antonio Toscano, per passare poi la tradimento dei nobili e dei borghesi che volevano addirittura imprigionare il Re, cosa non certo voluta dal popolo, il quale aveva subito le conseguenze del tradimento (come le tasse) e le prepotenze dei francesi.
La terza strofa descrive la fine della Repubblica, avvenuta il 13 giugno, il giorno di Sant’Antonio, quando le truppe del Cardinale Ruffo di Calabria entrarono a Napoli conquistando il Forte Vigliena a levante del Porto. Ecco che allora i popolani ripagarono i giacobini per le angherie subite, ovvero le alte tasse imposte dai francesi e l’uso del motto “liberté, egalité, fraternité” per commettere ruberie e soprusi (ancora oggi è rimasto un ricordo di quei tempi nel detto “”liberté, egalité, fraternité, spuogliete tu e vesteme a mme!“)
Con la quarta strofa si narra le prodezze dei francesi che le avevano date di santa ragione al popolo e dicendo voilà, avevano preso a calci ogni forma di libertà. Ora non si poteva più andare a teatro (una mania tutta napoletana) e quindi Donna Eleonora fu costretta a esibirsi al mercato. Questo personaggio femminile, viene ricondotto alla figura di Eleonora Pimentel Fonseca, arrestata e giustiziata per impiccagione; infatti qui il senso del verbo “ballare” si può intendere come il corpo che penzola dalla forca, anche perché Masto Donato era il boia incaricato delle esecuzioni in quegli anni.
Si parla poi nella quinta strofa di Donna Luisa, forse Luisa Fortunato De Molina, la quale dopo l’arresto venne imprigionata e per sfuggire all’esecuzione affermò di essere incinta… tuttavia nessun medico riusciva a farla partorire.
Nella sesta strofa, ormai la guerra ai giacobini si è conclusa con la sconfitta di questi ultimi, quindi si getta a terra l’albero di maggio, albero della libertà e simbolo della rivoluzione. I popolani arrabbiati afferrano i giacobini e li appallottolano come stracci, si vendicano cioè delle vessazioni subite. Tornano poi le parole “uguaglianza” e “libertà”, i napoletani sono contenti che siano finite, per chi ha perso sono dolori, quindi i perdenti (i signori, cioè i nobili) possono andare a dormire, cioè battere in ritirata.
La strofa finale è molto ironica: riprende i mesi con i nomi del calendario rivoluzionario francese; “passò il mese piovoso, il ventoso e l’iroso” cioè gennaio, febbraio e marzo, “a lu mese ca se vene hanno avuto l’aglio arrete” nel mese entrante, cioè giugno, i giacobini hanno subito il danno e la beffa, hanno cioè hanno avuto quel che si meritavano: l’aglio nel didietro. “Viva il popolo dei maccheroni” cioè il popolo napoletano che rispetta la religione, negata ai giacobini, i quali sono costretti a gettarsi in mare per spegnere i bruciori dell’aglio (e della sconfitta); in sostanza, li si manda a quel paese.
Tale canzone è storia scritta di pugno dal popolo, ben diversa dalla storia scritta da scrittori asserviti ai falsi miti risorgimentali che avrebbero definito la Repubblica Partenopea come “voluta dal popolo”. Dalla lettura de “la Carmagnola”, si apprende la vera storia di quel periodo: un popolo che aveva in odio i giacobini e un tentativo riformatore e innovatore da parte dei repubblicani o giacobini napoletani, i quali si fecero prendere troppo la mano combinando il disastro quale la Repubblica Partenopea fu. Non si capì infatti che Napoli non era Parigi e che nella capitale del Regno delle Due Sicilie il popolo non sentiva il bisogno di cambiar regime, perché aveva già trovato in quella monarchia le sue certezze.
6 Comments
Viva il re con la famiglia
ciò che non riuscirono a fare i repubblicani partenopei lo fece poi Garibaldi sessanta anni dopo buona giornata a tutti
Non e’ cambiato niente! Periodicamente tornano I giacobini e da piu’ di 50 anni ferdinando ii di borbone si chiama giorgio napolitano re della monarchia piddina borbonica.
Leggete “ IL RESTO DI NIENTE” di Enzo Striano, meraviglioso e vi spiegherà tutto. Napoli non cambierà mai, e il ritmo del canto dei Sanfedisti è irresistibile!
non puoi non ballare!
Napoli nonostante tutto , da sola, un po alla volta, riconquisterà il suo splendore perché al di la delle sue vicende resta la più bella città del mondo con il suo golfo, le costiere e le sue perle Capri, Ischia, Procida, Vivara La società sta vivendo il suo periodo postindustriale e le conseguenze non sono facilmente prevedibili. Il Vesuvio continuerà ad esserci amico e NAPOLI ritornerà ad essere capitale.
Viva il popolo basso. Abbasso i signori e i cavalieri. Allora, ora e sempre.