di Salvatore De Pascale
Introduzione
Le Interviste Impossibili, celebre programma radiofonico Rai degli anni ’70, rese vivi ottantadue personaggi storici attraverso immaginari colloqui con intellettuali contemporanei.
Oggi, riprendo quel modo di fare informazione con sette nuovi incontri, iniziando dalla figura controversa di Giuseppe Garibaldi, suddividendo il mio contributo in tre parti in cui, “Eroe o non eroe”, Garibaldi si propone come simbolo di un’epoca cruciale dell’Ottocento.
Salvatore De Pascale (Comunicatore – Critico d’Arte)
Prima parte
La figura di Garibaldi fu riletta e reinterpretata nel dopoguerra, quando l’emergere delle cosiddette “coscienze critiche” portò a una nuova analisi del suo operato. Questa rilettura, tuttavia, è spesso dipesa dalla prospettiva geografica: se osservato attraverso la lente del Nord, Garibaldi è stato costantemente celebrato come un eroe epico e unificatore; mentre con quella del Sud, le sue azioni assumono tuttora i contorni di nefandezze che si identificano con soprusi e imposizioni a danno dei meridionali. Questo dualismo riflette non solo le divisioni storiche, ma anche le ferite, mai sanate, di un’Italia ancora lontana dall’essere davvero unita.
Giova ricordare, brevemente, qualche nota biografica di Garibaldi prima che io vi dia conto dell’intervista che “mi ha concesso” un po’ di tempo fa.
Giuseppe Garibaldi (1807-1882), fu una figura chiave del Risorgimento. Celebre per le sue imprese militari in Europa e Sud America, guidò la spedizione dei Mille, che portò all’annessione del Regno delle Due Sicilie al nascente Regno d’Italia. Repubblicano e anticlericale, fu massone (trentatreesimo grado del rito scozzese antico e accettato) e anche autore di opere letterarie.
Nato a Nizza, allora sotto il Regno di Sardegna, ma occupata dalla Francia, proveniva da una famiglia ligure dedita alla navigazione. Nonostante l’iniziale desiderio dei genitori di avviarlo a una carriera intellettuale, Garibaldi preferì la vita di mare, diventando marinaio e poi capitano. Nei suoi viaggi maturò la passione per la libertà e l’unità, influenzato da incontri con patrioti e ideali mazziniani. Un episodio significativo fu il suo primo viaggio sul brigantino Costanza, che lo portò fino al Mar Nero.
Durante i numerosi viaggi, Garibaldi fu testimone di eventi drammatici, come attacchi di corsari e tempeste in mare, che contribuirono a formare il suo carattere o perlomeno a orientare il suo modo di agire. A Costantinopoli, vivendo tra la comunità italiana, conobbe intellettuali e rifugiati politici che lo introdussero a idee rivoluzionarie. L’incontro con il pensiero mazziniano consolidò il suo impegno per i suoi concetti di libertà e di giustizia, ispirandolo a lottare per l’unità d’Italia.
La formazione marittima ebbe un ruolo centrale nella sua crescita personale e politica, influenzando disciplina e temperamento, sicuramente, avventuroso. E, in coerenza con questo suo modo di essere, nel 1833 si arruolò nella marina sarda quando iniziò a propagandare le idee della Giovine Italia, sebbene l’incontro diretto con Giuseppe Mazzini rimanga incerto, forse mai avvenuto.
Garibaldi incarnò, dunque, l’ideale romantico dell’eroe rivoluzionario che da una certa parte della critica storica gli è stato attribuito, pronto a “combattere contro l’oppressione e gli oppressori”. Il suo carisma e spirito cosmopolita lo resero, in ogni caso, una figura celebrata a livello internazionale, ritenendolo a torto o a ragione, simbolo della lotta per l’indipendenza e la libertà.
Ed ecco la mia intervista, figlia di una notte stellata di qualche anno fa, quando seduti sulla spiaggia di Caprera lo vidi guardare il “suo mare”, quel mare che lo sospinse verso la più controversa, amata e odiata spedizione, quelle de ”i mille”: fu in quel momento che sospirò più volte, forse liberandosi di un peso che, per alcuni è, invece, giusto che resti, per sempre, sulla sua coscienza.
Generale, il vostro ruolo nella spedizione dei mille del 1860 è celebrato come un’impresa eroica. Ma, come risponde alle accuse secondo cui questa spedizione sia stata orchestrata per interessi politici ed economici stranieri invece che per una reale unità italiana?
Risposta: “L’amore per l’Italia e per la libertà è stata la mia unico ragione. Che alcune potenze abbiano approfittato della mia azione non nega l’autenticità della mia lotta. Senza quel sacrificio, l’Italia sarebbe rimasta frammentata.”
Si, generale, vi ricordo però che Il Regno delle Due Sicilie, sotto il governo di Francesco II di Borbone, era uno degli stati italiani più importanti, anche se, devo ammetterlo, uno dei più criticati per la sua gestione autoritaria. L’Italia era divisa in stati separati e il Regno di Sardegna, guidato da Vittorio Emanuele II e supportato da Cavour, mirava a unificare il Paese. E voi, sfruttando il clima rivoluzionario e il malcontento in Sicilia, organizzaste una spedizione armata, proprio per rovesciare il governo borbonico.
Risposta: dite…?
Ma, si, generale, voi partiste tra il 5 e il 6 maggio del 1860 da Quarto, vicino Genova, a bordo di due piroscafi, con i volontari che erano di diversa estrazione sociale: borghesi, artigiani, intellettuali e studenti, animati da ideali patriottici. Ve lo ricordate?
Risposta: come potrei dimenticarlo.
E, non è forse vero che, nella seconda decade di maggio, sbarcaste a Marsala e che fu proprio lì che approfittaste della scarsa resistenza delle forze borboniche e della protezione implicita delle navi britanniche, guarda caso, presenti nel porto per vincere la battaglia?
Risposta: non andò proprio così: sfidammo con tutte le nostre forze i borbonici che combatterono con onore, e se ci fu aiuto straniero, fu voluto non tanto da me, ma dalla lunga mano dei borghesi napoletani.
Devo riconoscervi che ve la cavaste bene nella battaglia di Calatafimi di metà maggio, come andò?
Risposta: fu la prima battaglia significativa. Avevo un esercito inferiore in numero e mezzi, ma sconfissi le truppe borboniche. E che volete? La vittoria galvanizzò i siciliani, e molti di loro si unirono ai miei Mille.
E dell’azione che portò alla conquista di Palermo, tra la fine di maggio ed inizio giugno, cosa mi dite?
Risposta: che con un’abile strategia e il supporto della popolazione locale, mi presi la capitale siciliana, consolidando il controllo dell’isola. Ero sempre più forte: motivato dalle mie idee e, dunque, invincibile.
Già, le vostre idee, ma qual era il vostro pensiero?
Risposta: ve lo dirò quando le vele di quella nave, che vedete in lontananza, sembreranno attaccate al mare: più o meno tra un’ora. Ora, consentitemi di dirvi che dopo aver pacificato la Sicilia, attraversai lo Stretto di Messina con il sostegno logistico della marina britannica, lo ammetto; in quell’occasione ci aiutarono, e senza ricevere opposizione locale significativa. Ora, perdonatemi: sono stanco e vorrei ritirarmi.
Fine prima parte – 17 gennaio 2025
(La seconda parte sarà pubblicata nei prossimi dieci giorni)