Ai piedi della piccola stele commemorativa, dedicata a Romina Del Gaudio, è comparsa una singolare richiesta, scritta in stampatello su un foglio di carta: “PER CORTESIA POTRESTE APPORRE UNA FOTO? GRAZIE!”
Sono passati circa nove anni dal ritrovamento del corpo senza vita della giovane partenopea, uccisa da una o più mani assassine, ancora sconosciute.
La diciannovenne promoter dei Camaldoli di Napoli, scomparve da Aversa il 4 giugno del 2004; venne poi ritrovata cadavere 48 giorni più tardi, il 21 luglio, nel bosco antistante la Real Tenuta dei Borbone.
Ciò che restava del suo corpo ha raccontato, agli esperti del RIS dei carabinieri, tutta la violenza di cui era rimasta vittima; abusata, picchiata, accoltellata e finita con un colpo di rivoltella alla testa.
Protetta e coccolata da una memoria collettiva sempre più diffusa, Romina Del Gaudio, rappresenta l’emblema della lotta alla violenza sulle donne, sui bambini e sui deboli. Oggi, Romina, ha il volto di Yara Gambirasio, di Sarah Scazzi, di Melania Rea, di Roberta Ragusa e delle oltre 500 donne uccise negli ultimi 5 anni e di tutte quelle che aspettano ancora giustizia.
Ecco perché, sulla lapide commemorativa voluta dal presidente dei ‘Comitati delle Due Sicilie’, Fiore Marro, e da Tommaso Cestrone, custode della fattoria borbonica, non c’è la sua foto.
Romina è tutte quelle donne insieme ma è anche la speranza che il femminicidio sia fermato da leggi più severe e da rinvigorite sensibilità sociali e politiche.
San Tammaro 22.3.2013
Nando Cimino