Giornale Roma giovedì 19 luglio 2018
Intervista per il giornale Roma a Marco Esposito autore di Separiamoci
Di Fiore Marro
Caserta 20 luglio 2018
Marco Esposito, 55 anni, giornalista napoletano che, dopo aver lavorato a Milano (tra l’altro alla Voce di Indro Montanelli) e a Roma (al Messaggero e a Repubblica) dal 2000 è tornato nella sua città accettando l’offerta del Mattino. Marco svolge da sempre un’attività giornalistica di denuncia delle storture del federalismo fiscale e ha avuto una parentesi di attività politica tra il 2010 e il 2015 che ha visto come momenti significativi l’assessorato alle Attività produttive nel Comune di Napoli e la candidatura a presidente della Regione Campania con la lista civica MO. Considero Esposito il primo esponente nel distretto del meridionalismo politico nuovo, capace di impiantare principi moderni nel mondo “duosiciliano”, così che si sono formate col tempo, posizioni a favore o contrarie al suo modo di fare identità. Nel libro “Separiamoci” ha comunque tentato di mettere assieme le due cose.
Di Separiamoci, edizione Magenes, sta per uscire una nuova edizione ampliata. D) Separiamoci a mio avviso è il frutto di ricerche tue che partono da lontano, probabilmente per il tuo lungo percorso lavorativo fuori Napoli: mi sbaglio?
R)Hai ragione. A Milano ero arrivato nel 1991, poco prima che l’inchiesta Mani Pulite spazzasse via una classe politica. Una stagione straordinaria, nella quale peraltro – era un caso? – i ladri erano del Nord e le guardie, i magistrati, erano tutti o quasi meridionali. Eppure la civile e accogliente Milano scartò Nando Dalla Chiesa ed elesse come sindaco il leghista Marco Formentini. Il clima antimeridionale era palpabile. In quegli anni ho maturato dentro di me la convinzione che c’è una fetta d’italiani dai quali è preferibile separarsi.
D) Questo libro, in un momento delicato e strategico della tua carriera politica, ti ha agevolato o ha intralciato il tuo percorso in seguito?
R) Conti nella mia vita non ne ho mai fatti, mi è sempre bastato stare a posto con la coscienza. “Separiamoci” aspira a essere un libro che possa, nel tempo, cambiare l’idea che i meridionali hanno di loro stessi. Noi parlo di noi meridionalisti, che siamo ben consapevoli di come l’unità d’Italia abbia rappresentato un danno per le nostre terre, ma di chi ancora oggi è convinto che il Sud sia “rimasto indietro” per sua unica colpa e che non potrebbe mai fare da solo.
D) Ai cosiddetti “addetti ai lavori” del mondo meridionalista che non hanno seguito o capito il tuo progetto sudista cosa rimproveri? E a te e ai tuoi collaboratori invece cosa rimproveri, per non avere fatto comprendere in profondità la vostra idea politica?
R) Ai primi nulla. In effetti c’è chi non ha compreso o seguito il mio progetto, tuttavia la responsabilità è esclusivamente mia, che non ho saputo essere sufficientemente chiaro o convincente. Credo che una delle più potenti aspirazioni umane sia entrare a contatto con i propri limiti e in politica l’ho fatto con la candidatura alle Regionali del 2015 in Campania. Il risultato elettorale poteva essere migliore e se non lo è stato è colpa mia, tuttavia per la prima volta in oltre un secolo e mezzo abbiamo portato sulla scheda elettorale la nostra lingua.
D) Di questa nuova forza italiana di governo ribattezzata Contratto“gialloverde” cosa pensi?
R)Resto dell’idea che era alla base di iniziative come Unione Mediterranea, Terra Nostra, MO: la politica meridionalista o è figlia della nostra terra o non è meridionalista. Però mi è piaciuto molto il voto del Sud sia del 4 dicembre 2016 sia del 4 marzo 2018. Un voto fiero, di speranza, libero. Avrei anche digerito un’intesa M5s-Lega ma su diversi rapporti di forza. Adesso seguo le vicende giallo-verdi anzi ormai verdi-gialle con curiosità da giornalista e con apprensione da meridionalista.
D) La scelta di tornare a Napoli dopo tanta esperienza lavorativa al Nord, ha condizionato la tua carriera?
R) Nel 2000, quando mi arrivò l’offerta dal Mattino, ero a Repubblica, nella redazione romana, e il passaggio al quotidiano partenopeo era di sicuro un passo indietro professionale. Peraltro Beppe D’Avanzo provò a convincermi a restare a Repubblica invitandomi a entrare nel suo pool di inchiestisti. Se, quando arriva un’offerta dalla tua città, si risponde dicendo “ormai sono a Roma, ormai sono a Repubblica”, che speranze di riscatto ha la nostra terra? E così scelsi il quotidiano di rango minore tuttavia, mi dissi, il mio dovrà essere un giornalismo di battaglia. Non devo solo raccontare le cose, com’è dovere di ogni giornalista, ma provare a cambiarle. Per questo, quando ce ne è stata occasione, ho fatto anche direttamente politica.
D ) Il futuro di Marco Esposito, i propositi, le speranze?
R) Ho superato i miei sogni da ragazzo. Però voglio togliermi qualche sfizio. Uno su tutti: devono sparire dalle tabelle dei fabbisogni standard comunali quegli odiosi zeri per i bisogni di asili nido in tante città del Sud. I nostri bambini non valgono zero. Porto avanti questa battaglia dal 2014, nessuno ha smentito i miei dati e anzi tutti mi danno ragione ma gli zeri anche per il 2019 rischiano di restare lì. Non smetterò finché non vinco.