Innumerevoli furono gli esempi del regno illuminato di Ferdinando II di Borbone Due Sicilie, di seguito riportiamo atti e decreti riguardanti l’agricoltura e la posizione dei contadini sotto il suo regno.
Il documento che vedete Ai?? di vitale importanza: si tratta di una seduta parlamentare svoltasi nel 1950 e traccia un resoconto delle vicissitudini dell’altopiano della Sila. A parlare nello spezzone che vi propongo, Ai?? l’Onorevole Gullo, il quale ricorda le vicende della Sila badiale, appartenuta all’ordine dei Benedettini. Nel 1843 l’ordine si estinse e delle badie, che constavano in tutto di 25000 ettari, tre quarti confluirono nel demanio dello Stato e uno nel demanio comunale. La parte comunale fu salvata e assegnata in uso ai contadini (Mario Iaquinta), mentre quella statale fuAi??usurpata.
ArrivA? il 1844 e con esso la spedizione dei fratelli Bandiera, il cui esito Ai?? noto a tutti. Fu rivolta al Re la supplica dell’Arcivescovo di Cosenza, il quale, come riporta Gullo, volle raccomandare gli usurpatori. Ferdinando II perA? non cadde nel tranello e dalla sua “grazia specialissima” escluse proprio le badie di San Giovanni in Fiore, rimandando la questione a quando si fossero sciolte le pendenze sulla Sila. Oggetto della grazia di Ferdinando furono invece le Terre Corse, dall’estensione di 4576 ettari, le quali, come riporta Pasquale Barletta nel suo rapporto a Quintino Sella, erano colonie perpetue diventate poi proprietAi?? libera dei possessori a causa della grazia sovrana.
Arriva finalmente la tanto attesa conclusione riguardo l’interpretazione del decreto del 18 luglio 1844 relativo alla questione di San Giovanni in Fiore. Mario Iaquinta aveva parlato di usurpazione legalizzata, ma la realtA? Ai?? un’altra: c’erano delle terre da rendere proprietAi?? assoluta dei possessori, franchi e liberi dal fisco. Ora c’erano le cosiddette terre corse, che erano in colonia perpetua dal Settecento. Ferdinando II con il decreto del 18 luglio 1844 opera una vera e propria provvidenza nei confronti dei contadini possessori di quegli appezzamenti: li rende proprietari! A questo punto l’esenzione da “ogni dazio sul macino” non A? un semplice contentino per contadini spogliati delle terre, ma semplicemente un’altra bella notizia.
Escluse dalla grazia erano le badie di San Giovanni in Fiore, che a quanto dice uno storico (Alessandro Caciardo Gallo) erano tutte usurpate e appartenenti soprattutto a ricche famiglie di Cosenza. Dunque la tesi di Iaquinta Ai?? completamente capovolta: invece di legalizzare le usurpazioni includendole nella “grazia specialissima” le lascia pendenti. Le usurpazioni di terre demaniali sarebbero state legalizzate in Sicilia anni dopo, per assicurare la devozione dei Baroni, i quali per ironia della sorte, furono i primi a vendersi a Garibaldi.
Ecco un altro esempio di come re Ferdinando II abbia incentivato l’agricoltura. Ci troviamo a Mattino, in Terra d’Otranto, dove si assiste alla soppressione di un ordine monastico, detentore di terre. Compare ancora una volta probabilmente l’esercizio degli usi civici in quanto tre ventunesimi delle terre vengono adibiti ai “bisogni del Comune”. Ma la meraviglia Ai?? un’ altra: vengono perfezionati diciotto contratti d’enfiteusi. Tale istituto Ai?? di tradizione borbonica e trova spazio giA? negli anni di re Carlo, che dispose l’assegnazione dei demani “a chi nulla avesse”.
Di seguito proponiamo il testo del regio decreto per la Sicilia:
FERDlNANDO II. Per Grazia Di Dio RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, DI GERUSALEMME OC. DUCA DI PARMA, PIACENZA, CASTRO CC. CC. GRAN PRINCIPE EREDITARIO DI TOSCANA ECC. ECC.
Vedali i reclami che durante il nostro giro per le provincia della Sicilia ci sonA? stati presentati dalle popolazioni, le quali hanno implorato la esecuzione delle leggi abolitive della feudalitAi??, la pronta decisione delle annose cause pendenti fra’ comuni e gli antichi loro feudatarii, lo scioglimento delle promiscuitAi?? , e la ripartizione delle terre per poterle chiudere e migliorare;Considerando che l’agricoltura non puA? prosperare senza la proprietAi?? assoluta di ogni fondo che dia il diritto di vietarne altrui l’ingresso.; che le terre non acquistino valore dove non esistano molti agiati coltivatori che l’amore della proprietAi?? affezioni al suolo ; che le vaste contrade, nude, deserte, o mal coltivate che s’incontrano in Sicilia, nonostante la loro feracitAi?? naturale, ed il favore del clima , non potranno esser migliorale finchAi?? durerAi?? la esistenza di piA? padroni sullo stesso fondo;
Volendo accelerare la esecuzione delle leggi che da epoche remole hanno proscritta la indicata condizione delle proprietAi??, perniciosa egualmente alla pubblica prosperita , al ben essere delle popolazioni , ed agli stessi grandi proprietarii;
Veduti i rapporti del nostro Luogotenente generale e degl’Intendenti, i voti de’Consigli provinciali, ed i pareri della Commissione nominata a quest’ oggetto da Noi a’ 17 del prossimo passato novembre, e riunita a Palermo;
Veduto l’articolo 9 della legge degli 11 di dicembre 1816, col quale fu conservata l’ abolizione della feudalitAi?? in Sicilia, ugualmente che negli altri nostri domini continentali ;
Vedute le disposizioni della legge fondamentale dell’amministrazione civile del 12 dello stesso mese ed anno;
Abbiamo risoluto di decretare , e decretiamo quanto segue.
Art. 1. Gli Intendenti delle provincie della Sicilia verificheranno rigorosamenie , comune per comune , se vi esistano, e si esercitino ancora da qualsivoglia ex-feudatario, o corpo morale, o avente causa da essi , alcuno de’ dritti feudali aboliti, e ne faranno distinto rapportA? al nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni, il quale prenderAi?? i nostri ordini proponendoci le misure da adottare.
2. Non credendo espediente che un tribunale di eccezione decida delle liti fra’ comuni ed i loro antichi feudatarii, successori, o aventi causa, continueranno queste ad esser giudicate da’ tribunali ordinarii ; ma i nostri procuratori generali e procuratori regii assumeranno da ora innanzi la difesa de’ comuni , come parte principale, senza escludere perA? l’assistenza di qualunque interessato. Essi provocheranno quindi di uffAi??zio la spedizione de’giudizii; e per l’organo del nostro Ministro Segretario di Stato di grazia e giustizia informeranno il nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni, mese per mese, dello stato delle cause che difendono, del loro valore, e del successo.
3. Gli Intendenti delle stesse provincie procederanno allo scioglimento delle promiscuitAi?? ed alla divisione de’ demanii comunali colle facoltAi?? accordate loro nell’articolo 177 della legge del 12 di dicembre 1816, ed a norma del real decreto del primo di settembre 1819. Ne’casi di dubbio gl’Intendenti chiederanno l’avviso del nostro procurator generale presso la gran Corte de’ conti di Palermo , il quale A? incaricato di dar loro tutte le occorrenti dilucidazioni , e di corrispondere per questo ramo di affari col nostro Ministro Segretario di Stalo degli affari interni, cui sarAi?? tenuto dar conto di ogni dubbio proposto e risoluto.
4. Lo stesso procurator generale sulle basi delle istruzioni approvate col decreto de’ 10 di marzo 1810 formerAi?? il progetto di quelle che dovranno servir di norma agli Intendenti per lo scioglimento delle promiscuitAi??, per la divisione delle terre demaniali appartenenti ad ex-feudatarii, o a corpi morali di qualsivoglia titolo o denominazione, sulle quali i cittadini hanno esercitato gli usi civici, e per la suddivisione in quote fra i piA? poveri della parte che in compenso di tali usi ne sarAi?? spettata a’ comuni. Il progetto del procurator generale sarAi?? proposto dal Ministro Segretario di Stato degli affari interni alla nostra sovrana approvazione fra il termine improrogabile di mesi due, inteso il Luogotenente generale.
5. Tutte le promiscuitAi?? non ancora sciolte, A? quelle il di cui scioglimento non si trovi definitivamente approvato, lo saranno colle norme indicate ne’ due articoli precedenti nel piA? breve tempo possibile, sotto la immediata responsabilitAi?? degl’Intendenti, i quali nella fine di ogni mese daranno conto al nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni del progresso e de’ risultamenti di tutte le indicate operazioni.
Quanto alle promiscuitAi??, il di cui scioglimento trovasi giAi?? pronunziato ed approvalo, e per le quali sia stato accordato a’ comuni un canone annuale in vece di terreni, vogliamo che ogn’ Intendente esamini in Consiglio d’Intendenza colla massima diligenza e posatezza se sieno stati lesi i dritti imprescrittibili delle popolazioni che erano in possesso dell’esercizio degli usi per lo sostegno e pe’ comodi della vita, se sia stato tradito lo spirito della legge che avea in mira di formar nuovi proprietarii, di favorire l’agricoltura, e dare un effettivo compenso degli usi civici in una quota delle stesse terre da distribuirsi a’ piA? poveri. Del risultamento di ogni esame sarAi?? diretto al nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni ed al nostro Luogotenente generale un pieno e distinto rapporto, che ci sarAi?? da essi rassegnato per le opportune risoluzioni. Questi rapporti verranno sottoscritti dall’ Intendente e da tutti i consiglieri d’Intendenza.
6. Tutte le disposizioni contrarie a quelle del presente decreto sono abrogate.
7. I nostri Ministri Segretarii di Stato di grazia e giustizia e degli affari interni, ed il nostro Luogotetenente generale in Sicilia sono incaricati della esecuzione del presente decreto, ciascuno per la parte che lo riguarda.
Firmato, FERDINANDO.
Consigliere Ministro di Stato
Presidente interino del Cons. de’ Ministri
Firmato, Marchese Ruffo.
Ecco un esempio di quanto fosse illuminato il governo di Ferdinando II prima dell’involuzione post 1848. Il decreto verte sul feudalesimo, che era stato abolito nel 1812, ma in termini sfavorevoli per i contadini, e sui diritti promiscui, un retaggio feudale. Ferdinando I, tornato al potere nel 1815 , nel 1816 confermA? l’abolizione della feudalitAi?? sia per i dominii continentali sia per quelli isolani. Ma questa legge deve essere rimasta lettera morta, se nel 1838 ci fu bisogno di un altro decreto. Seguendo le parole del decreto possiamo apprezzare la volontAi?? del Re di rispondere positivamente alle rivendicazioni delle popolazioni rurali , vittime di una situazione precaria e caotica (Considerando che l’agricoltura non puA? prosperare senza la proprietAi?? assoluta di ogni fondo che dia il diritto di vietarne altrui l’ingresso.; che le terre non acquistino valore dove non esistano molti agiati coltivatori che l’amore della proprietAi?? affezioni al suolo ; che le vaste contrade, nude, deserte, o mal coltivate che s’incontrano in Sicilia, nonostante la loro feracitAi?? naturale, ed il favore del clima , non potranno esser migliorale finchAi?? durerAi?? la esistenza di piA? padroni sullo stesso fondo ). Negli articoli del decreto si fa menzione anche degli usi civici di cui godevano le popolazioni rurali,ma risultano come qualcosa di superato : infatti da come emerge da alcuni punti del decreto si esprime la volontAi?? di censire appezzamenti di terra ai piA? poveri in risarcimento della perdita degli usi civici . Ma questa legge dovette essere rimasta lettera morta come quella precedente : infatti i Borbone negli anni successivi furono costretti a emanare altri decreti per limitare lo strapotere dei Baroni, fino a quando, come apprendiamo da un decreto di Francesco II, le terre usurpate furono ritenute ”giustamente privati dominii”. Tanto grande purtroppo era lo strapotere dei Baroni, che nemmeno con le piA? buone intenzioni i legislatori lo avrebbero sconfitto.
Napoli 20 maggio 2016
A cura di Mauro Terracciano
1 Comment
Ma come è potuto accadere che sovrani tanto illuminati, più unici che rari nella storia delle monarchie, dovevano finire per agressione di Garibaldi e tradimenti di generali No, non si meritavano questo, ecco perché a distanza di oltre un secolo e mezzo ci sono tanti neoborbonici sparsi qua e là che rendono omaggio alla memoria di questi reali che tanto hanno atto per il Sud mentre il Sud tanto poco ha fatto per meritarseli e tenerseli.