(Quando la storia diventa leggenda)
Di Vincenzo Tortorella
“Il mio nome è Algemondo, sono un nobile arimanno di Benevento e sono qui disteso sul mio letto in attesa che la morte venga a raccogliermi.
Ero membro della corte del principe di Benevento Grimoaldo, quarto nella serie fino alla sua morte alla quale ho contribuito in modo eclatante solo pochi anni fa, nell’817 per essere precisi.
Fui indotto a tale congiura dal conte Sicone di Acerenza che divenne principe dei longobardi e da Radelchi, gastaldo di Conza.
I dissidi nel principato non terminarono con la morte di Grimoaldo, i due congiurati per accaparrarsi la corona indussero in una guerra civilie senza quartiere che solo da poco è terminata, Sicone è ormai l’unico a risiedere nel vecchio palatium di Benevento.
Sono stati anni difficili, l’economia della Longobardia ne ha sofferto e ora che è tornata la pace si cerca di far riprendere i contadini a coltivare le terre e noi arimanni siamo tornati ad occuparci della caccia come principale svago.
È stato durante una di queste battute col falcone nel bosco di Fasanara nei pressi del piccolo lago palustre vicino al fiume Tusciano che ho contratto questo malessere che mi costringe a letto con questa febbre mefitica, è la vendetta di Grimoaldo, ne sono certo.
Dunque, dicevo, mentre con il mio fedele cavallo e il prode falcone ci accingevamo a cacciare davanti ai miei occhi compare un cavallo bianco montato da un cavaliere con la spada sguainata, con fare minaccioso si tirò via l’elmo dalla testa per mostrarmi il suo volto prima di attaccarmi, era lui, Grimoaldo, i suoi occhi erano però vuote caverne e dalla bocca uscivano vermi.
Il mio falco ha preso immediatamente il volo per non tornare più e il mio cavallo si è impaurito e ha cercato di fuggire a quella vista, anche il mio cuore in quel momento si è fermato, non potevo credere a quanto la mia vista mi mostrava.
Grimoaldo non avanzava, era immobile sul suo cavallo e mentre il mio si voltava il principe era già dietro di me e mi affondava un fendente con la sua spada.
Ovviamente la spada dello spirito di Grimoaldo non ha lasciato ferite visibili sul mio corpo ma dopo qualche giorno ha iniziato a decadere e giorno dopo giorno mi sono ritrovato disteso su questo letto, i cerusici non riescono a trovare un rimedio al mio male e ormai sentono intorno a me solo la puzza della morte.
Sono sicuro che mi resta al massimo qualche ora di vita, il delitto che ho commesso non mi ha portato benefici e dopo aver chiuso gli occhi sono sicuro che ne soffrirò dieci, cento mille volte di più nelle desolate lande dell’aldilà.
Io sono Algemondo, l’assassino del mio principe”