I Confini e i Domini antichi importanti oggi più che mai.
Una legge, un gruppo di appassionati , un confine storico e l’orgoglio riesplode tra la gente delle Due Sicilie
Di Fiore Marro
Caserta 9 aprile 2019
In questo fine settimana ho avuto modo di presenziare, a Civitella del Tronto, il progetto “Cippi Antichi di Confine”, idea proposta tra l’altro anche da esponenti di punta dei Comitati Due Sicilie abruzzesi.
Il progetto nasce alla buona, tipico delle migliori idee ma con il passare del tempo la proposta ha preso piede al punto che, l’operazione sta stringendo attorno a sé la parte migliore della comunità delle quattro Regioni coinvolte. Al convegno erano presenti autorità politiche ( sindaci, deputati) ed istituzionali (come il procuratore di Teramo), associazioni ( con il sottoscritto, immodestamente al desco in questione, e con l’avvocato Franco Ciufo referente dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio per Abruzzo e Molise), tutti assieme per raggiungere un obiettivo si nobile ma anche molto funzionale per la popolazione.
Una proposta quella esposta a Civitella del Tronto, che a nostro sommesso avviso potrebbe essere collegata con una legge approvata da qualche anno, la 168/2017, che stabilisce le “Norme in materia di domini collettivi” ed è rivolta in particolar modo ai comuni che hanno meno di 5.000 abitanti, ma anche a quelli che ne hanno un po’ di più, ed offre certezza giuridica ad un modo differente di possedere. Le forme di “possesso comune”, presenti su tutto il territorio europeo , chiamavano le collettività locali alla conduzione pubblica delle terre, dei boschi e dei fiumi, contribuendo in tal modo a un ordine sociale fondato sulla comunità e sulla proprietà collettiva.
Nel corso dell’Ottocento con la diffusione e l’affermazione esclusiva della proprietà privata, quest’ordine è stato spazzato via quasi del tutto, cancellando quell’armatura istituzionale ispirata alla necessità di garantire, a coloro che non possiedono nulla, di poter vivere in modo dignitoso e altresì di preservare luoghi, cose e persone da forme di sfruttamento indiscriminato. Un ritorno al passato, in questo caso, è giusto e opportuno; nell’Italia preunitaria la legislazione migliore e più organica è quella del Regno delle Due Sicilie (non per partigianeria ma solo per semplice verità) che considerava “… libera ogni terra posseduta dai privati o dai Comuni, finché non si fosse dal feudatario giustificata una servitù costituita” (è il feudatario a dover dimostrare la proprietà della terra e non il colono o chi la coltivava gratuitamente per sé). Il feudatario poteva solo pretendere un affitto, in quanto erano “… inamovibili quei coloni che per un decennio avessero coltivate le terre feudali, ecclesiastiche o comunali “ ed essi dovevano considerarsi ” come assoluti proprietari delle terre coloniche sulle quali è loro accordata la pienezza del dominio e della proprietà senza poter essere mai tenuti a una doppia prestazione” (i coloni dovevano essere considerati come legittimi proprietari e non potevano essere rimossi o costretti a prestazioni servili).
Con i Savoia la condizione dei contadini peggiorò in quanto i baroni, galantuomini, che avevano favorito la conquista sabauda, trasformandosi in “unitaristi” acquisirono gran parte delle terre demaniali e privarono migliaia di famiglie povere dei secolari Usi Civici, fulcro di comunità di vita. Servirsi oggi di questa Legge consente alle collettività la gestione (separata dalle amministrazioni comunali) di beni demaniali, e dà l’opportunità di attivare “servizi pubblici di comunità” quale risposta ai processi di spopolamento, oppure permette di acquisire e recuperare edifici dismessi e renderli disponibili per la collettività, si possono anche attivare servizi per il turismo come posti letto extra-alberghieri, o anche interventi idrogeologici … insomma c’è da inventare e muovere passi a protezione di qualcosa di prezioso e di antico. Per i paesi dell’entroterra del nostro Mezzogiorno è certamente un’occasione da cogliere per la ricostruzione di un modello economico più vicino al naturale sentire di comunità.
Quale quindi migliore opportunità se non quella di seguire con costanza e fede il progetto degli “Antichi Cippi di Confine”, per dare concretezza a un mondo di sognatori.
2 Comments
Con l’alto numero di terre abbandonate e non coltivate o affittate dai proprietari, sarebbe logico ripristinare i Domini di cui parla l’articolo. C’è qualche sindaco coraggioso che cede, per un euro case e terreni per ripopolare le zone montane dell’Appennino Piacentino. E’ un idea da sfruttare, evitando i furbetti italici e stranieri.
Anche in Sicilia mi risulta la stessa operazione del cedere a 1 euro