1 – 2 OTTOBRE 1860
INQUADRAMENTO GENERALE E ANTEFATTI
Al fine di evitare ulteriori tragedie per il suo popolo e spargimento di sangue nella Capitale, il 6 settembre 1860, alle sei del pomeriggio, Francesco II di Borbone lasciA? Napoli e si imbarcA? per Gaeta sul ai???Messaggeroai??? comandato dal Capitano Vincenzo Criscuolo. Lo accompagnavano la Regina Maria Sofia e pochi altri fedeli. I comandanti traditori delle navi ai???Ettore Fieramoscaai???, ai???Ruggieroai??? e ai???Guiscardoai??? si rifiutarono di seguire il Sovrano. Infatti gli ufficiali della Marina Napoletana erano nella maggioranza giAi?? passati al nemico, per l’azione di tradimento e corruzione svolta dal comandante della Marina, Luigi di Borbone, conte dai??i??Aquila, (fratello di Ferdinando II), che aveva a lungo tramato con Cavour e la massoneria. Gli equipaggi perA? restarono fedeli: alcuni riuscirono a raggiungere il Sovrano a Gaeta con la vecchia fregata a vela ai???Partenopeai???, dopo essere fuggiti dalle navi passate al nemico. Garibaldi giunse a Napoli in treno il 7 settembre.
Il 9 settembre il Generale Cataldo si affrettA? a cedere i forti della Capitale a Garibaldi ma le truppe Regie di Castel Nuovo, del Castel dellai??i??Ovo e del Carmine uscirono dagli stessi con le fanfare, a passo cadenzato con le Bandiere spiegate come ad una parata e, sotto lo sguardo attonito della popolazione napoletana e dei garibaldini che giAi?? avevano occupato la cittAi??, si diressero verso il Volturno per raggiungere il loro Re a Capua. Francesco II, libero oramai dai traditori che gli avevano cosAi?? vergognosamente voltato le spalle, riorganizzA? lai??i??Esercito che era ancora composto da 40 mila soldati, molti dei quali lo avevano raggiunto dalla Calabria e dalla Puglia con mezzi di fortuna, tra mille peripezie, ed erano ansiosi di vendicare i tradimenti compiuti dai loro superiori; Essi chiedevano prima il fucile e poi il pane.
CosAi??, dopo la vittoriosa battaglia di Caiazzo del 19 e 20 settembre 1860 e le scaramucce del 26 e 29 settembre, dopo diversi tentennamenti dovuti alle difficoltAi?? di esecuzione dei piani scelti per lai??i??offensiva, il Maresciallo Generale GiosuA? Ritucci, su costanti pressioni del Sovrano, decise finalmente di fissare lai??i??inizio della battaglia offensiva per il 1 ottobre.
Nella manifestazione sovrana del Re Francesco II, che fu letta ai soldati napoletani il 30 settembre 1860, vigilia della battaglia, si legge:
ai???Soldati! PoichAi?? i favorevoli eventi della guerra ci spingono innanzi e ci dettano di oppugnare paesi dallai??i??inimico occupati, obbligo di re e di soldato mai??i??impone di rammentarvi che il coraggio ed il valore degenerano in brutalitAi?? ed in ferocia quando non siano accompagnati dalla virtA? e dal sentimento religioso. Siate adunque generosi dopo la vittoria; rispettate i prigionieri che non combattono ed i feriti e prodigate loro, come il 14Ai?? cacciatori ne ha dato esempio, quegli ajuti che A? in vostro potere di apprestare. Ricordatevi che le case e le proprietAi?? nei paesi che occupate militarmente sono il ricovero e il sostegno di molti che combattono nelle nostre file: siate adunque umani e caritatevoli con gli infelici e pacifici abitanti, innocenti certamente delle presenti calamitAi??. Lai??i??obbedienza agli ordini dei vostri superiori sia costante e decisa; abbiate infine innanzi agli occhi sempre lai??i??onore e il decoro dellai??i??esercito Napoletano. Lai??i??onnipossente Iddio benedirAi?? dallai??i??alto il braccio dei prodi e generosi che combattono e la vittoria sarAi?? nostra.ai???
Francesco II
Il piano Napoletano prevedeva due grandi direttrici dai??i??attacco: la prima a ovest, con base a Capua, contro S. Tammaro e Santa Maria (la destra, comandata dal Generale Tabacchi, con circa 4600 uomini), e contro S. Angelo (il centro, al comando del Maresciallo Afan De Rivera: 5000 uomini); lai??i??altra contro Maddaloni e in direzione di Caserta (la sinistra di Von Mechel). Doveva risultarne un movimento ai???a tenagliaai???, con unai??i??intensa pressione sulle ali, che, se fosse riuscita, avrebbe preso alla spalle i difensori garibaldini delle linee avanti a Capua. A questo piano, peraltro, Von Mechel aveva apportato un cambiamento molto significativo. Tenendo per sAi?? le truppe Svizzere e Bavaresi per lai??i??attacco a Bixio, aveva lasciato al Colonnello Ruiz de Ballestreros 5000 uomini, con lai??i??ordine di muovere da Caiazzo su Caserta Vecchia per congiungersi con le sue forze in un punto che si riteneva scarsamente difeso e di lAi?? investire Caserta, dove si sapeva essere la riserva garibaldina.
Secondo alcuni storici, i garibaldini erano perfettamente a conoscenza del piano scelto dai Borbonici. Tale tesi sarebbe avvalorata dal fatto che il 30 settembre Garibaldi si recA? a Maddaloni per conferire con Nino Bixio, e che in tale occasione il luogotenente avesse affermato che ai???nessuno sarebbe passato dal suo settoreai???.
Le truppe garibaldine occupavano un fronte assai esteso, di ben venti chilometri, allo scopo di proteggere le numerose comunicazioni per Napoli e Caserta. Esse avevano la destra a Santai??i??Angelo in Formis con i soldati comandati da Giacomo Medici e a Santa Maria Capua Vetere con gli uomini di Milbitz, il centro a nord di Caserta con la truppa comandata da Gaetano Sacchi, il settore est verso Maddaloni con le forze affidate a Bixio. La riserva (costituita dalle Brigate Eber, Azzanti, Pace e Giorgis) sotto il comando di Stefano TA?rr e il quartier generale di Garibaldi stazionavano a Caserta.
LA BATTAGLIA
SETTORE OVEST
La mattina del 1Ai?? ottobre, alle tre e mezza circa, le truppe Borboniche uscivano da Capua per assalire il nemico. A Santa Maria Capua Vetere i garibaldini degli avamposti di Milbitz, schierati al cimitero ed ai Cappuccini, udirono il rAi??uco grido di “Viva ‘o Rre” e videro emergere da una fitta bruma i soldati napoletani, decisi a consumare la loro vendetta per le umiliazioni patite in Sicilia e Calabria. Si erano fatte le cinque circa e i garibaldini, a questa vista, si ritirarono prontamente dietro la scarpata della ferrovia e le barricate rafforzate nei giorni precedenti, protetti da due piccole batterie servite da artiglieri piemontesi e marinai inglesi.
A sferrare il primo attacco su S. Maria furono le truppe del Maresciallo Luigi Tabacchi. Per l’assalto Tabacchi dispose la sua Divisione su due colonne: a destra la Brigata del Colonnello Giovanni D’Orgemont, a sinistra il 1Ai?? Reggimento Granatieri della Guardia, al comando del Colonnello Gennaro Marulli. In riserva a Capua rimase il 2Ai?? Reggimento Granatieri della Guardia al comando del Colonnello Carlo Grenet. D’Orgemont, perA?, sbagliA? direzione, costringendo il Marulli ad occupare frettolosamente le sue posizioni,
muovendo verso l’anfiteatro; la Brigata D’Orgemont, invece, avanzA? verso il convento dei Cappuccini. Sull’estrema ala sinistra garibaldese, S. TAi??mmaro e Carditello, erano stati inviati quattro squadroni di lancieri, appartenenti al Battaglione Pollio del 1Ai?? rgt e al Battaglione Cessari del 2Ai??, al diretto comando del Brigadiere Fabio Sergardi, e l’artiglieria, al comando del prode Col. Matteo Negri.
S. TAi??mmaro e S. Maria
D’Orgemont lanciA? in avanguardia 4 compagnie del Battaglione Tiragliatori al comando del Tenente Colonnello Raffaele Ferrara, sostenute dal 2Ai??Battaglione Cacciatori della Guardia condotto dal Tenente Colonnello Giovanni De Cosiron. I Tiragliatori, avanzanti in ordine aperto, tentarono la conquista del camposanto di Santa Maria, ma furono respinti con gravi perdite, fra le quali quella del valoroso Capitano Giuseppe De Mollot. L’intervento del Battaglione condotto con bravura e coraggio da De Cosiron, fece arretrare i garibaldini fino alle porte di S. Maria. A questo punto De Cosiron dovette lasciare l’onore del colpo di grazia al 1Ai?? Battaglione Cacciatori della Guardia Reale, condotto direttamente dal Colonnello D’Orgemont. L’assalto contro il convento dei cappuccini fu un fallimento; i Cacciatori Reali avanzarono tirando fucilate all’impazzata, mettendo in pericolo gli uomini di De Cosiron. Preso sotto tiro dall’artiglieria nemica, D’Orgemont inviA? al camposanto il giovanissimo Tenente Giovanni Giordano (Pescarese di 22 anni) con la sua sezione di cannoni della Batteria nrAi?? 1, per controbattere le cannonate dei garibaldini, ma la posizione era troppo avanzata e scoperta, cosAi?? la sezione fu spazzata via dal tiro d’infilata nemico. Giordano, colpito dai colpi a mitraglia, fu tra i primi a morire. I due Battaglioni del 3Ai?? Reggimento Cacciatori della Guardia furono costretti a ritirarsi precipitosamente senza protezione, il che causA? molte perdite. L’artiglieria garibaldina era infatti diretta da ufficiali napoletani traditori e disertori, con artiglieri piemontesi e cannonieri britannici della fregata Renown ancorata a Castellamare di Stabia. Intanto Negri era riuscito a scacciare i garibaldini da S. TAi??mmaro, questi ultimi al comando di Enrico Faldella, schierando la sua artiglieria in appoggio della colonna che stava assaltando l’anfiteatro difeso dalla Brigata La Masa (2Ai?? Reggimento di Malenchini, rinforzato dagli uomini di Faldella in ritirata da S. TAi??mmaro). Alla guida degli attaccanti c’era un preparato e coraggioso Ufficiale, il Colonnello Gennaro Marulli, napoletano cinquantaduenne, che si era comportato con valore a Palermo alla testa del 9Ai?? Reggimento di Linea, col quale aveva difeso porta Maqueda, dove era stato gravemente ferito. Decorato al valore, ancora convalescente era stato posto alla testa della Brigata Granatieri della Guardia. Gli assalti dei suoi Granatieri, appoggiati da due sezioni della Batteria nAi?? 1 (Capitano Pasquale Antonelli), condotti con grande coraggio, si infransero contro le barricate nemiche per tutta la mattinata. Purtroppo, la Guardia Reale era rimasta ancorata ad antichi schemi di combattimento, operando a ranghi compatti e quindi, esponendosi al tiro nemico, senza riuscire a sfondare il fronte. La difficoltAi?? dei Granatieri ad avanzare in ordine aperto portA?, come conseguenza, a gravi perdite, soprattutto a causa del tiro a mitraglia nemico. Viste le difficoltAi?? a sfondare, il Maresciallo Tabacchi gettA? nella mischia anche la riserva, costituita dal 2Ai?? Reggimento Granatieri del Colonnello Grenet; ma era ancora troppo presto, e la riserva, bruciata in questa occasione, sarebbe mancata nella nuova offensiva ordinata da Ritucci nel pomeriggio. Alle 8 del mattino, i Granatieri, dopo aspri combattimenti, cominciarono ad indietreggiare, nonostante Marulli, col suo braccio ancora fasciato, incitasse in ogni modo i suoi soldati. A quel punto giunsero sul campo di battaglia Re Francesco ed i suoi fratelli, Alfonso (Conte di Caserta) e Luigi (Conte di Trani). La presenza del Sovrano e dei Principi in mezzo ai loro soldati restituAi?? a questi ultimi lai??i??entusiasmo necessario per condurre un nuovo vigoroso attacco. Rinforzato da quattro compagnie del 10Ai?? Reggimento di Linea (Maggiore Luigi Sorrentino D’Afflitto), di guarnigione a Capua, il Colonnello Marulli guidA? il nuovo attacco che, dopo un’ostinata resistenza delle truppe del siciliano La Masa, riuscAi?? a sfondare proprio con le compagnie del 10Ai?? che si attestarono alle prime case di S. Maria, presso porta Capuana.
S Angelo in Formis
Nel settore di S. Angelo dirigeva l’offensiva il Maresciallo Gaetano AfAi??n de Rivera, palermitano quarantaquattrenne, appartenente ad una famiglia di militari di origine spagnola, devotissima ai Borbone. Aveva alle sue dipendenze due ottimi comandanti di Brigata: il Brigadiere Gaetano Barbalonga, quarantacinquenne di Palermo, decorato per i combattimenti di Calabria nel 1849, come Capitano del 6Ai?? Reggimento Farnese; il Colonnello Vincenzo Polizzy, quarantasettenne anch’egli palermitano, brillante ufficiale d’artiglieria, decorato due volte nella campagna di Sicilia del 1848-49.
La prima Brigata che mosse all’attacco fu quella di Polizzy, formata dai Battaglioni Cacciatori 7Ai??, 8Ai??, 9Ai?? e 10Ai??, dalla Batteria nAi?? 13 e da uno squadrone del 1Ai?? Reggimento Ussari; la Brigata Barbalonga rimaneva di riserva pronta a sostenerla. Nelle opposte fila garibaldine il Generale. Medici, che comandava le truppe fra le piA? addestrate dell’Esercito Meridionale, aveva rafforzato le giAi?? ottime difese naturali costituite dal terreno collinoso e dalle pendici del monte Tifata, fortificando le diverse case e ville sparse sui declivi, nonchAi?? l’entrata del paese di S. Angelo, appostando i cannoni nelle posizioni migliori. Di fronte, perA?, aveva i migliori soldati del Real Esercito, quei Cacciatori che a Calatafimi ed a Milazzo erano stati molto vicini a prevalere, che erano stati privati della vittoria solo a causa della vigliaccheria dei loro generali. Ora quegli uomini gettavano nella lotta tutto il loro disperato desiderio di vendetta ed il loro comprovato valore. Alle cinque del mattino furono i Cacciatori del 10Ai?? Battaglione, al comando dell’anziano Tenente Colonnello Luigi Capecelatro, napoletano di 58 anni e veterano della campagna di Sicilia del 1848-49, ad aprire il fuoco, avanzando in avanguardia sulla strada consolare. Dalla casina Longo i garibaldesi decimarono quel Battaglione con una batteria di otto pezzi servita dai cannonieri di marina britannici della fregata Renown. I Cacciatori, avendo avuto giAi?? 41 caduti e 61 feriti (tra questi ultimi il comandante Capecelatro) furono costretti alla ritirata. Avanzarono allora l’8Ai?? Battaglione (Tenente Colonnello Antonino Nunziante) e il 9Ai?? Battaglione (Maggiore Giuseppe Scappaticci) ed alla casina Longo si accese una lotta cruenta, corpo a corpo, nella quale fu usata ogni arma, dal piombo alla baionetta, dal calcio del fucile alle pietre, dai pugni ai calci. A questo punto intervenne anche la Brigata Barbalonga, costituita dai Battaglioni Cacciatori 2Ai??, 11Ai??, 14Ai?? e 15Ai??, da 4 compagnie del Battaglione Tiragliatori e dalla Batteria nAi?? 11, lanciando in avanti l’11Ai?? Battaglione del Tenente Colonnello Federico De Lozza, mentre il 15Ai?? Battaglione del Tenente Colonnello Errico Pianell effettuava un’azione di supporto, attaccando i nemici piazzati nei pressi del bosco di S. Vito e mettendoli in fuga. Ad espugnare la casina Longo, conquistando la cima del monte Tifata, fu il valoroso Capitano dell’11Ai?? Battaglione Ferdinando Campanino, napoletano quarantottenne, che alla guida di un pugno di uomini si impadronAi?? del fortino nemico, catturA? i cannoni e fece alcuni prigionieri. Per riconquistare la cima Medici tentA? un contrattacco che fu respinto, in particolare, dai Battaglioni 8Ai??, 7Ai?? e 2Ai?? Cacciatori. Un nuovo contrattacco garibaldino sulla destra Borbonica fu condotto da due Battaglioni della Divisione Avezzana, mentre l’artiglieria di Medici fulminava i Cacciatori del 9Ai?? Battaglione, che erano i piA? avanzati, dalla cima del monte S. Angelo. Con alla testa il 9Ai?? Battaglione Cacciatori, Polizzy scatenA? un furioso assalto contro quel monte, conquistando le posizioni fortificate una per volta, con un bagno di sangue. Infatti, nei presi della cupa Lucarelli la lotta divenne cruentissima. Nonostante i garibaldini si fossero fortificati in due casamenti, vennero assaltati alla baionetta e caddero in moltissimi. Il garibaldino Dunn, fu ferito con molti suoi ufficiali e i Regi catturarono i cannoni di Medici e le trincee. Il Reggimento lombardo del Colonnello Simonetta e i due Battaglioni del Generale Avezzana furono costretti a ritirarsi. Ultimo ostacolo di fronte all’avanzata Napoletana era un battaglione ungherese, attestato nel centro abitato di S. Angelo che, dopo una valorosa resistenza, fu scacciato. Entrati nel paese, i Regi si gettarono sui magazzini viveri del nemico, mangiando e sparando allo stesso tempo. Infatti, i poveri soldati erano stati lasciati a digiuno dalla sera precedente a causa di un servizio di sussistenza approssimativo. Vista la situazione vittoriosa a S. Angelo, il Maresciallo AfAi??n de Rivera avrebbe dovuto scagliare la sua Divisione contro il fianco della posizione garibaldina di S. Maria, sostenendo l’attacco frontale della Divisione Tabacchi; ma egli non diede alcun ordine, anzi, si rese irreperibile. Altro neo della sua Divisione fu la defezione del comandante del 9Ai?? Battaglione
Cacciatori, il Maggiore Giuseppe Scappaticci, cinquantenne di Gaeta, che, lasciando incredibilmente i suoi uomini senza guida, si rifugiA? a Capua.Fino alle prime ore del pomeriggio, la Brigata Cacciatori, magnificamente diretta da Polizzy, aveva conquistato tutte le posizioni di S. Angelo, appoggiata dalla Brigata Barbalonga. Colti dal pAi??nico, molte camicie rosse fuggirono via. Ormai gli uomini di Medici, persa S. Angelo, erano aggrappati disperatamente alle asperitAi?? che separavano i Borbonici dalle cime dei monti, superati i quali, essi avrebbero potuto dilagare nella pianura per tagliare le comunicazioni tra Caserta e Capua. Fu qui che avvenne un episodio decisivo, che avrebbe potuto cambiare definitivamente le sorti della battaglia e forse, la storia futura: Garibaldi si trovava a S. Maria, quando, sentiti aumentare gli echi della battaglia verso nord, si era diretto verso S. Angelo in carrozza. Sulla strada fu attaccato da alcuni Cacciatori dell’11Ai?? Battaglione guidati dallai??i??Alfiere Mariadangelo che uccisero il cocchiere, un cavallo e crivellarono di colpi la carrozza. Scesi dal mezzo di trasporto, Garibaldi e i suoi aiutanti scamparono in maniera rocambolesca alla morte o alla cattura grazie al soccorso prestato dai carabinieri genovesi di Mosto e dai lombardi di Simonetta, i quali riuscirono ad allontanare i Regi. Nel frattempo, la gran quantitAi?? di morti e feriti garibaldini trasportati a Napoli col treno, carrozze e carri, fece ritenere fondate le voci che Francesco II, oramai vittorioso, stesse marciando sulla sua Capitale tanto che fu mobilitata la Guardia Nazionale nel timore che la popolazione realista insorgesse.
A S.TAi??mmaro, rioccupata dalle camicie rosse, gli Squadroni Lancieri del Generale Sergardi caricarono, appoggiati dalla Batteria nAi?? 3 del Capitano Carlo Corsi, rompendo le barricate difese dai garibaldini del Reggimento Fardella, conquistando il paese e facendo numerosi prigionieri. Il fianco sinistro di S. Maria era scoperto e, in tutto il fronte, i Regi avanzavano vittoriosi.
Garibaldi e lai??i??impiego della riserva
A questo punto fu lai??i??intuito e la sfacciata fortuna di Garibaldi a capovolgere la situazione. Egli infatti fece intervenire le riserve nel punto giusto al momento giusto, sfruttando al massimo, gli errori dei generali nemici. Il nizzardo, avendo notato che S. Angelo era stato perso e che la strada S. Maria-S. Angelo era presidiata dal nemico, tornA? a Caserta attraversando la campagna, richiedendo al suo Capo di Stato Maggiore SAi??rtori l’intervento delle riserve, le quali giunsero velocemente a S. Maria grazie a quella ferrovia fatta costruire dai Borbone. Intorno alle due del pomeriggio, pressato da forze superiori, il 10Ai?? Reggimento di Linea abbandonA? i sobborghi della predetta cittadina, e ripiegA? ordinatamente verso Capua. Garibaldi schierA? i rinforzi: una parte della Brigata Azzanti nel centro abitato di S. Maria. Sulla strada S. Maria-S. Angelo furono schierati, con fronte ovest, la Brigata Milano, la Eber, i calabresi di Pace e, come rincalzo, il resto della Brigata Azzanti.
Il Re ordina al Maresciallo Ritucci di impiegare la Guardia Reale
Re Francesco, in considerazione del successo di S. TAi??mmaro, ordinA? a Ritucci di impiegare la Guardia Reale contro S. Maria. CosAi?? il 1Ai?? e il 2Ai?? Reggimento della Guardia furono mandati all’assalto. La Guardia Reale, era formata da prestanti giovanotti, che troppo spesso venivano impiegati in compiti di rappresentanza e parate. GiAi?? scossi dai combattimenti della mattina, i Granatieri avanzarono verso S. Maria sparacchiando e, accolti dalla mitraglia dei cannoni di Milbitz, si sbandarono, fuggendo in preda al panico, nonostante gli sforzi del Maggiore Nicola Cetrangolo che comandava il Battaglione di punta. Inutile fu, anche, l’intervento dello stesso Re che si gettA? nella mischia, tentando di incoraggiarli. Nell’episodio si distinse il Capitano Antonelli che, dirigendo il fuoco della Batteria nAi?? 1, riuscAi?? nellai??i??intento di proteggere la disordinata ritirata. Deluso dal comportamento della Guardia, Francesco II fece ordinare la carica della cavalleria, seguita dal 9Ai?? Reggimento di Linea ai???Pugliaai??? del Colonnello Girolamo De Liguoro. A caricare furono due Squadroni del 2Ai?? Reggimento Ussari, guidati dal Tenente Colonnello Filippo Pisacane (fratello germano del defunto mazziniano Carlo), i quali, sotto il terribile fuoco dell’artiglieria, voltarono i cavalli e si diedero alla fuga, investendo e creando lo scompiglio tra i fanti che seguivano. Il Comandante della Divisione di cavalleria, Brigadiere Giuseppe Palmieri, uscito dalla fortezza di Capua dove era stato lasciato inattivo, raggiunse le sue truppe per cercare di spronare i demoralizzati in ritirata a riprendere il combattimento, ma non vi riuscAi??, e gli Ussari si ritirarono disordinatamente al galoppo raggiungendo le mura di Capua.
Il contrattacco di Garibaldi
Visto che di fronte non si poteva sfondare, Francesco mandA? l’ordine di attacco ad Afan de Rivera, vittorioso a S. Angelo, e a Sergardi da S. TAi??mmaro con la sua cavalleria. Sarebbe stata una manovra a tenaglia che avrebbe stretto, da nord e da ovest, S. Maria. Ma Afan de Rivera, incredibilmente, non fu reperibile e, solo troppo tardi, i comandanti delle due brigate, Barbalonga e Polizzy, riuscirono a mettere in pratica la manovra di attacco, che perA? risultA? troppo debole. Infatti, queste due Brigate combattevano, ormai, da dieci ore di fila e, in particolare la Brigata Polizzy, aveva subito pesanti perdite (circa 500 uomini tra caduti, feriti e dispersi). Sullai??i??asse S. Angelo- S. Maria Garibaldi aveva schierato i rinforzi che fermarono l’attacco napoletano verso le tre pomeridiane. Poi, guidate dal prussiano Rustow, la Brigata Milano e la legione ungherese, seguite da una frazione della Brigata Azzanti contrattaccarono i Napoletani stanchi e sgomenti, che lasciarono le loro posizioni, arretrando verso Capua.
Contemporaneamente si scatenarono altri tre contrattacchi garibaldini: a S. Angelo dalle Divisioni Medici e Avezzana; sulla strada per Capua alcune riserve al comando di Turr; a S. TAi??mmaro una formazione raccogliticcia, formata da 200 magiari, polacchi, inglesi e qualche italiano, e appoggiata da una compagnia dei toscani di Malenchini, che caricA? e fece retrocedere fin sotto Capua i lancieri di Sergardi, dopo una mischia furibonda.
La ritirata generale
Vista la debole resistenza offerta della Divisione Tabacchi sulla strada di Capua, la perdita di S. TAi??mmaro e l’imboscamento di Afan de Rivera a S. Angelo, il Maresciallo Ritucci ordinA? la ritirata generale. Erano le cinque pomeridiane. Le truppe napoletane rientrarono in ordine nei loro acquartieramenti di Capua, senza essere molestati dai nemici, grazie all’opera del Colonnello Carlo Grenet che con un Battaglione del 2Ai?? Reggimento Granatieri coprAi?? egregiamente la ritirata, guadagnandosi la promozione a Brigadiere. La Brigata Barbalonga coprAi?? il ripiegamento sul fronte di S. Angelo, bloccando il nemico sulle sue posizioni. Ritucci avrebbe ancora potuto utilizzare le riserve agli ordini del Generale Colonna, rimaste inoperose dietro al Volturno, ma, scoraggiato dalla cattiva prova della Guardia Reale e degli Ussari, nonchAi?? dalla viltAi?? di alcuni alti Ufficiali, fra i quali Afan de Rivera, rinunciA? a proseguire l’offensiva. Gli assalti alle postazioni fortificate dei garibaldini a S. Maria e S. Angelo, erano costati ai Napoletani un alto tributo di sangue: 260 caduti, 731 feriti e 322 prigionieri.
SETTORE EST
Nel settore est dellai??i??area della battaglia il terreno risultava completamente diverso, assai piA? mosso e montagnoso. Il luoghi dello scontro erano dominati dai maestosi ai???ponti della Valleai???. I garibaldini di Bixio avevano il vantaggio di occupare le alture, ma furono ugualmente sorpresi dalla rapiditAi?? e dallaprecisione dellai??i??attacco delle truppe poste sotto il comando di Von Mechel. Tuttavia le operazioni iniziarono solo verso le otto del mattino, quando ormai da tre ore si combatteva sul fronte ovest. La colonna di Von Meckel, dopo la scissione avvenuta a Cantinella per la cessione di una parte delle forze al Ruiz, ammontava a circa 4.000 uomini.
Formazione della Brigata Von Meckel il 1 ottobre 1860 a Valle
Avanguardia: 1 plotone Cacciatori a cavallo;
4 Compagnie del 3Ai?? Battaglione Carabinieri al comando del Maggiore Eugenio GAi??chter;
2 pezzi della Batteria nAi?? 15 al comando del Capitano Sury;
4 pezzi della Batteria nAi?? 10 al comando del Capitano Tabacchi;
3^ Compagnia Zappatori Minatori del Capitano Perini;
4 Compagnie del 3Ai?? Battaglione Carabinieri del Maggiore Giovanni De Wieland;
2Ai?? Battaglione Carabinieri del Maggiore Aloysio Migy;
4 pezzi della Batteria n.Ai??15 del Capitano Fevot;
4 Compagnie del 1Ai?? Battaglione Carabinieri del Maggiore F. Saverio GAi??ldlin; bagagli e munizioni di riserva;
4 Compagnie del 1Ai?? Battaglione Carabinieri del Maggiore Uhlmann;
Retroguardia: Squadrone Ussari del Capitano Guglielmo Sprotti.
La colonna Borbonica di Giovan Luca Von Meckel, con il compito di avvolgere sulla destra lo schieramento garibaldino, conquistare Maddaloni e Caserta e investire sul retro le forze volontarie a S. Maria in simultanea con lai??i??attacco della 2A? Divisione (Generale Tabacchi), passata Dugenta, superato il ponte sul Biferchia, allai??i??alba del primo ottobre alle 7.30 circa giungeva a Cantinella dove, scisse la colonna in due tronconi. Ruiz de Ballesteros, ricevuti gli ordini, alla testa di 4.000 Soldati Regi intraprese la marcia per Limatola, da dove, attraverso Morrone, doveva raggiungere Casertavecchia, Casola, le cime di Monte Calvo e irrompere a tergo dei volontari garibaldini ai Ponti. Il percorso non fu tra i piA? agevoli, per le avverse condizioni del terreno e per lai??i??assenza di strade carrabili tra Limatola (castello) e Morrone (frazione Balzi). Von Meckel puntA? su Valle utilizzando tre direttrici dai??i??attacco. La testa della colonna, il 1Ai?? plotone Cacciatori a cavallo, mosse da Cantinella e percorsi appena 700 m. della Sannitica, in vista della trincea fortificata del distaccamento di Sajano, alla distanza di ca. 300 m. arrestA? la marcia tenendosi al coperto dai fuochi provenienti dagli obici nemici in posizione. I Regi, comandati dal Capitano Errico Fevot, in controffensiva spiegarono due pezzi della Batteria rigata da 15 e iniziarono un energico e preciso cannoneggiamento, aprendosi cosAi?? la via per Valle. Con la breccia della fortificazione di Sajano i garibaldini del presidio persero molti cannonieri fra cui il Capitano De Martino e ripiegarono su Valle unendosi al battaglione di linea alla seconda trincea.
Dopo il primo scontro a fuoco, Von Meckel fu informato sulle posizioni garibaldine; radunata la Brigata alle sue dipendenze, impartAi?? le seguenti disposizioni: un gruppo di manovra del 3Ai?? Carabinieri, comandato da Giovanni De Wieland, doveva attaccare i Ponti dalla sinistra per il Mulino, sostenuto dal fuoco della 10A? Batteria; il 2Ai?? Battaglione Carabinieri agli ordini del Maggiore Aloysio Migy, rinforzato da due pezzi da montagna, doveva occupare prima Valle e poi Monte Calvo sulla destra, sostenendo lai??i??azione del centro e creando le premesse per il collegamento con Ruiz. Un altro gruppo di manovra del 3Ai?? Carabinieri doveva attaccare i Ponti lungo la strada Valle-Maddaloni. Il 1Ai?? Carabinieri con il grosso della colonna doveva procedere al seguito del 3Ai?? in funzione di riserva. Il 3Ai?? Battaglione Carabinieri del Maggiore De Wieland, sostenuto dalla 10A? Batteria, fu il primo della colonna a muovere sulla sinistra da Cantinella per il Mulino ai Ponti. Presa la strada Caudina, giunto nei pressi del Mulino della Corte, proseguAi?? svoltando per S. Anna, Ponte Venere, Tore, e dal Casale di Bagnoli, situato in prossimitAi?? del margine settentrionale del Monte Longano, si immise sulla strada S. Agata dei Goti-Ponti della Valle adiacente al Condotto dellai??i??Acquedotto Carolino. Percorsi circa 4 Km. del Regio Cammino, De Wieland giunse a ridosso delle truppe della Brigata Eberhard. Dai??i??improvviso una scarica di fucileria echeggiA? su tutta la valle, sostenuta dalla 10A? Batteria comandata dal maggiore GAi??chter, intanto sopraggiunto nella parte inferiore del Mulino percorrendo,dallai??i??Annunziata di Valle, prima la via dellai??i??Acquara (via Votta), poi lai??i??antica via di San Pietro Vecchio che attraversava la piana dello Schito. Le alture del Longano, il Mulino e successivamente i Ponti furono attaccati di fronte e di fianco energicamente; la Brigata Eberhard, i due reggimenti comandati dal Tenente Colonnello Penzo e dal Colonnello Dunyov, ripiegando si ritirarono disordinatamente in gran parte su Maddaloni, lasciando la posizione al 3Ai?? Battaglione Carabinieri del De Wieland che, riuscAi?? ad impadronirsi di due obici da 12 del nemico. Durante gli scontri presso il Mulino, cadde alla testa della sua Compagnia il 1Ai?? tenente Emilio Von Meckel, figlio ventiduenne del Generale. Il Colonnello garibaldino Eberhard, a seguito della deplorevole condotta, venne esonerato dal combattimento per il resto della giornata. Neutralizzate le trincee fortificate di Sajano e Valle, il 2Ai?? Battaglione del Maggiore Migy, rinforzato da due pezzi da montagna, mosse verso Valle, con il compito di occupare prima Valle e poi Monte Calvo sulla destra e sostenere lai??i??azione del centro. Il resto della Brigata Von Meckel, giunse alla Casina Suppa, dove stabilAi?? il quartier generale. Il Migy, secondo i piani, si portA? sulla destra, intraprese da Valle, nei pressi del quartier generale, la via Murraccata e attraversando le falde del Colle Limitone, localitAi?? Poggio del Forno, si spinse in direzione del Monte Calvo (gruppo dei Monti Tifatini), dove giunto, in simultanea con il 3Ai?? Battaglione De Wieland, attaccA? la sinistra garibaldina, spingendosi avanti di fronte alla muraccia e di fianco, attraverso il bosco del Poggio della Siepe, fin sulla quota piA? alta da dove si ravvisava il retrostante bosco, attaccata anche dal Gruppo del Maggiore Francesco Antonio De Werra (comandante in seconda). In riserva restA? il Maggiore De Wyttenbach con 2 compagnie e 2 pezzi, pronto a dirigersi verso la quota piA? bassa del Monte Calvo, ossia Poggio della Siepe (contrafforte di Monte Calvo). Sotto lai??i??incalzante fuoco del 2Ai?? Battaglione Carabinieri del Maggiore Migy e del Maggiore Werra, gli uomini a difesa di Monte Calvo (il 2Ai?? battaglione bersaglieri, unitamente ad una compagnia del 1Ai?? battaglione) ripiegarono. Durante il conflitto fu ferito e catturato dai Borbonici il Maggiore Boldrini: trovato morente a fine battaglia sulla strada di Valle (morAi?? a Napoli circa un mese dopo); nella stessa circostanza morAi?? combattendo il Tenente Pietro Grossilique del 2Ai?? Carabinieri. Gli eventi sembrarono volgere decisamente a favore di Von Meckel: solo errori o indisciplina tattica di qualche reparto avrebbero potuto capovolgerne le sorti. E cosAi?? avvenne, considerato lai??i??inspiegabile atteggiamento tenuto dal Ruiz.
Castelmorrone
Ruiz continuava la sua lenta marcia, senza curarsi di tenere i contatti con Mechel. Aveva ai suoi ordini il 2Ai?? Reggimento di Linea (rinforzato da elementi del Reggimento Carabinieri) del Maggiore Pietro De Francesco, il 4Ai?? Reggimento (rinforzato dai resti dei Reggimenti 11Ai??, 12Ai??, 13Ai?? e 15Ai??) del Colonnello Andrea Marra, il 6Ai?? Reggimento ai???Farneseai??? del Maggiore Domenico Nicoletti, l’8Ai?? Reggimento del Maggiore Vincenzo Coda e metAi?? della Batteria nAi?? 6 al comando del Capitano Giuseppe Iovene. InviA? a occupare LimAi??tola il 6Ai?? Reggimento e alcune compagnie del 2Ai?? (Maggiore Pietro De Francesco) e del 4Ai?? (Maggiore Musso), mentre egli, col resto della Brigata, proseguiva per l’Annunziata in direzione di Caserta. Le truppe del Maggiore Nicoletti, circa 1500 uomini, scacciarono i garibaldini da LimAi??tola; poi, perA?, andarono ad impattare su Castelmorrone dove si erano arroccati i 295 uomini del 1Ai?? Battaglione bersaglieri del Maggiore PAi??lade Bronzetti. I Napoletani avrebbero potuto continuare la loro marcia, lasciando indietro questo insignificante presidio, ma Nicoletti ricevette dal Colonnello Ruiz l’ordine incomprensibile di conquistarlo.
I Borbonici lentamente ascesero il monte in modo da precludere ai garibaldini ogni tentativo di ritirata ed alle 11 iniziA? il combattimento. Diedero inizio all’assalto i fanti del 6Ai?? Farnese, inerpicandosi per il monte Morrone sotto il fuoco nemico. Di rincalzo intervennero i fanti del 2Ai?? e, poi, quelli del 4Ai?? Reggimento. Dopo cinque ore di combattimento, alle 4 del pomeriggio, i Borbonici riuscirono a sfondare le ultime difese della guarnigione di Bronzetti, notevolmente ridotta di numero e rimasta senza munizioni, tanto da doversi difendere scagliando sassi e con le baionette. Bronzetti, avendo raggiunto l’obiettivo di ritardare notevolmente la marcia nemica e per evitare un’immane strage, prese una tovaglia bianca e cominciA? ad agitarla per dichiarare la resa, ma nella confusione del combattimento non fu sentito, sicchAi??, infuriatosi, abbandonA?
il drappo e si mise a menar di sciabola e, dopo essere stato ferito al collo, fu colpito da una palla al petto e cadde morto. La morte di Bronzetti segnA? la fine del combattimento. Sul terreno rimanevano 16 caduti garibaldini e 4 napoletani. Grandissimo fu il numero dei feriti e 220 i prigionieri invasori.
Ruiz, sentito tuonare il cannone verso Maddaloni, invece di dirigersi in aiuto di Mechel, continuA? lentamente la sua marcia verso Caserta. La sera, dopo aver scambiato qualche fucilata con l’avanguardia della brg Sacchi, si accampA? a Caserta Vecchia, senza informarsi sulla posizione di Mechel e sulla battaglia combattuta ai Ponti della Valle. La colonna di Nicoletti, intanto, conquistato Castelmorrone, proseguAi?? verso Caserta, secondo gli ordini ricevuti da Ruiz. Presso S. LAi??ucio sbaragliA? un caposaldo garibaldino, giungendo, poi, a Caserta Vecchia, dove si riunAi?? al resto della Brigata.
Ritirata di Von Meckel
Nel frattempo ai Ponti di Valle, Dezza, vista la situazione, ordinA? alle forze in ritirata di riorganizzarsi a sinistra, alle pendici meridionali di Monte Calvo; corse poi ad ordinare al Tenente Colonnello Taddei di rioccupare la cresta del monte con il 1Ai?? Battaglione della 2A? Brigata. Ripresa in effetti lai??i??altura, il battaglione bersaglieri del Maggiore Menotti Garibaldi assieme al 1Ai?? di linea, comandato dallo stesso Dezza, caricarono di fronte il 2Ai?? Battaglione Carabinieri di Migy, e il Tenente Colonnello Taddei con i suoi lo caricA? di fianco, costringendolo al ripiegamento. Bixio, ignaro di quanto stesse accadendo sulla sua sinistra, fece avanzare il 2Ai?? e 3Ai?? Battaglione della 1A? Brigata da San Michele a Villa Gualtieri, ordinA? che si schierassero in colonna dai??i??attacco e riposassero, in attesa del momento propizio per lanciarsi sui Borbonici che, intanto, guadagnavano terreno; comandA? altresAi?? che la 2A? Brigata andasse ad occupare le pendici estreme di Monte Calvo (Monte Garzano) dove i Ponti uniscono la valle, quindi ordinA? al Colonnello Fabrizi e al 4Ai?? Battaglione, stanziato al ai???colombaioai??? sopra Maddaloni, di occupare San Michele (la cui difesa venne assegnata al Tenente Colonnello Piva). Rincuorato nel vedere che le alture di Monte Calvo erano saldamente occupate dai suoi , vedendo i Regi arretrare, si lanciA? allai??i??attacco con la baionetta, con il 2Ai?? e 3Ai?? Battaglione della 1A? Brigata ed il 2Ai?? della 2A? (doveva partecipare anche il 5Ai?? Battaglione della 1A? Brigata, ma, chiamato, non giunse in tempo). In circa mezzai??i??ora i garibaldini guadagnarono i Ponti e il Mulino di destra e si spinsero sul centro dei Regi, al di lAi?? della batteria sulla strada Sannitica. Le posizioni di destra furono affidate al Maggiore Spinazzi.
Dezza, respinti i Regi fino a Valle, si lanciA? con una parte del Battaglione Menotti Garibaldi sui Borbonici che ripiegavano con artiglieria e cavalli. Riprese tutte le posizioni, Bixio comandA? di fermarsi. Von Meckel, convinto della vittoria, poco prima di mezzogiorno mandA? il Capitano Delli Franci a cercare Ruiz. Non avendo ricevuto notizie, e a causa del contrattacco di Bixio, rinunciA? ad impiegare i reparti ancora disponibili per evitare inutili perdite e decise di ritirarsi a Dugenta e da qui ripiegare su Amorosi al di lAi?? del Calore.
Caserta
La Brigata Ruiz si era riunita a Caserta Vecchia, forte di ben 4 reggimenti per circa 5000 uomini. Il Colonnello Ruiz tenne con sAi?? a Caserta Vecchia il 2Ai?? Reggimento di De Francesco, una parte del 4Ai?? (Maggiore Anguissola) e la Batteria nAi?? 6 (Capitano Iovene), sparpagliando in avamposti, sopra Caserta, il resto del 4Ai?? Reggimento il 6Ai?? e l’8Ai??.
Allai??i??alba del 2 ottobre, Ruiz fu raggiunto dal Capitano Delli Franci con un biglietto inviato dal Generale Von Meckel, datato 1Ai?? ottobre, ore 17.30, contenente la comunicazione della sua ritirata. Scriveva: Ai??Le sia di norma per quelle operazioni che stimerAi?? occupare alla di Lei posizione che ignoroAi??
Riunito un consiglio di Ufficiali superiori, Ruiz decise per la ritirata verso Caiazzo; ma non ebbe il tempo di avvisare tutte le sue truppe, perchAi?? la Brigata Sacchi giAi?? attaccava da S. LAi??ucio il 6Ai?? Reggimento e una parte dell’8Ai?? Reggimento di Linea. Li comandava il Maggiore Nicoletti che sollecitA? il soccorso di Ruiz. Questi, perA?, preferAi?? ritirarsi vigliaccamente con le riserve a Caiazzo, lasciando indietro circa 2000 uomini. Vistosi abbandonato, Nicoletti si ritirA? verso LimAi??tola, pressato dalla Brigata Sacchi; qui fu raggiunto e circondato dai nemici, e si arrese con un migliaio di uomini del 6Ai?? e 638 dell’8Ai??.
Epilogo
Garibaldi, intanto, avvisato della presenza della Brigata Ruiz a Caserta Vecchia, aveva riunito un buon numero di combattenti, formati in gran parte dai calabresi del Generale Stocco e da quattro compagnie dell’esercito piemontese che, fino ad allora, si erano limitate a presidiare i forti. CosAi??, attaccando dal parco della Reggia di Caserta, entrA? in contatto con alcune compagnie in avamposto del 4Ai?? di Linea al comando di Musso; si trattava delle frazioni dei disciolti Reggimenti 13Ai?? e Carabinieri incorporati, appunto, nel 4Ai?? di Linea, con una forza di circa 500 uomini. I Napoletani giunti alle porte di Caserta (Aldifreda e via San Carlo) furono investiti a destra da Garibaldi, mentre di fronte c’erano le riserve di SAi??rtori, ad oriente le truppe di Bixio, provenienti da Maddaloni, e a nord la Brigata di Sacchi. Circondati, dopo breve resistenza i Borbonici cercarono di ritirarsi verso Caserta Vecchia, ma dopo un altro scontro, si arresero sullo stradone di Centurano.
Il 2 ottobre, per l’inettitudine e la viltAi?? del loro comandante, 2089 soldati della Brigata Ruiz erano caduti prigionieri, con soli 6 caduti e 8 feriti.
Considerazioni finali
La piA? grande battaglia di tutta la campagna del 1860 era terminata. Il costo per gli invasori era stato di 3423 uomini: 506 caduti, 1528 feriti, 1389 fra prigionieri e disertori. Le perdite Napoletane erano state poco piA? gravi, 3735 uomini, di cui 308 caduti, 820 feriti e 2507 prigionieri.
I Borbonici non erano riusciti nei loro intenti per diversi motivi, ovvero: il tentennamento da parte di Ritucci che avrebbe dovuto attaccare le forze garibaldine sin dal mese di settembre (sfruttando appieno lai??i??entusiasmo derivante dalle vittorie di Capua e Caiazzo), senza concedere ad esse la possibilitAi?? di organizzarsi o di ricevere ulteriori rinforzi. La scelta da parte di Francesco II di mettere in pratica un piano (attribuito al Generale francese LamoriciA?re) studiato a tavolino, troppo ambizioso, articolato e complesso (peraltro poco condiviso da Ritucci) che richiedeva una idonea e minuziosa preparazione in termini di ricognizioni, acquisizione di informazioni sul nemico, pianificazione del supporto logistico, perfetto coordinamento delle forze (difficile da ottenere considerata lai??i??ampiezza del campo di battaglia e lai??i??assenza, a quel tempo, degli apparati radio) e un accurato impiego delle forze. La presenza di delatori nella fortezza di Capua. La vergognosa condotta e lai??i??indisciplina di alcuni comandanti Regi.
Risultarono decisive la fortuna e le capacitAi?? tattiche e strategiche di Garibaldi, sempre presente nei momenti cruciali dei combattimenti, trascinatore ed animatore dei suoi uomini anche nei momenti piA? critici. In una battaglia combattuta secondo i canoni tradizionali, manovrata e complessa, aveva dimostrato di saper scegliere ottimamente il terreno e i momenti e i luoghi di intervento delle riserve. I suoi luogotenenti erano stati tutti all’altezza, combattendo e guidando gli uomini con freddezza e coraggio. Bixio, Medici, Milbitz (quest’ultimo ferito) furono tenaci nella difesa delle posizioni; mentre Turr, Rustow, SAi??rtori furono decisivi nel guidare i contrattacchi. Ottimi furono i comandanti intermedi. Ottimo anche il comportamento della truppa che resistette tenacemente, al costo di gravi perdite, a continui e violenti attacchi. Unica eccezione fu la Brigata Ebherardt, travolta e sfaldata dalle forze di Von Mechel.
In questa occasione, i soldati Napoletani si comportarono eroicamente distinguendosi per aggressivitAi??, spirito di sacrificio e coraggio, a parte la Guardia Reale che, eccezion fatta per il Battaglione Tiragliatori, aveva combattuto
con tattiche antiquate. Furono all’altezza della loro fama, invece, i Battaglioni Cacciatori, che salvarono l’onore dell’Esercito Napoletano. I comandanti piA? giovani e quelli intermedi avevano guidato i propri uomini con audacia e buone capacitAi?? tattiche. Erano mancati, invece, i generali. Il Maresciallo Ritucci, seppur coraggioso di fronte al nemico, non seppe gestire al meglio la battaglia, le forze impiegate e le riserve, mancando di decisione. Il suo errore piA? grave fu quello di effettuare lo sforzo principale contro le posizioni nemiche piA? forti: quelle di S. Maria e di S. Angelo. Avrebbe potuto, invece, effettuare un piano dai??i??inganno su quelle posizioni, per attirare le forze nemiche, irrompendo in forze sull’ala destra nemica, a Maddaloni, per giungere alle spalle delle riserve di Caserta e conquistare la ferrovia. Ma per fare ciA?, Ritucci avrebbe dovuto fornire molti piA? uomini a Von Mechel, col quale non era in buoni rapporti. Dal canto suo Von Mechel pur essendo un ottimo Ufficiale si dimostrA? piuttosto arrogante e testardo, avendo modificato di sua iniziativa il piano d’attacco di Ritucci, frazionando le forze a disposizione affidandole a Ruiz, compromettendo cosAi?? l’esito della battaglia. Nell’attuazione del piano di battaglia Ritucci, forse deluso e mortificato dalle precedenti decisioni adottate dal giovane Sovrano, non seppe o non volle imporre la propria volontAi?? su molti dei suoi sottoposti e non seppe governarli come si conviene ad un Generale in capo. Si spostA? eccessivamente da un punto all’altro del campo di battaglia senza poter avere sempre cognizione della reale situazione. UtilizzA? in maniera errata la cavalleria, frazionandola in appoggio ai vari reparti e togliendole quella forza d’urto che nell’800 era di importanza decisiva. Si fece imporre, quali comandanti, generali che non stimava, a discapito di altri, come Colonna, che furono messi praticamente in disparte. Pur conoscendo i limiti operativi della Guardia Reale, la utilizzA? nell’assalto di S. Maria, invece di utilizzarla per costituire la riserva al posto della Divisione Colonna, formata da ottimi Battaglioni Cacciatori. Infine, lasciA? inutilizzate troppe forze, che avrebbero potuto avere un peso determinante sull’economia della battaglia. A tutto questo va aggiunto il comportamento inqualificabile dei Comandanti di Divisione, che si tennero lontani dal combattimento e non ritennero opportuno stabilire adeguate misure di coordinamento con il Maresciallo Ritucci.Nonostante lai??i??offensiva del Volturno fosse fallita, i Borbonici erano ancora superiori per uomini, armi, munizioni ed equipaggiamenti. Inoltre, le fortezze di Capua e Gaeta erano ancora in loro possesso ed irte di cannoni. CosAi?? dopo aver distribuito nastrini ed encomi, Francesco ordinA? a Ritucci di riprendere l’offensiva lo stesso 2 ottobre, visto che l’Ai??mpeto combattivo dei suoi soldati non si era esaurito e che i reparti garibaldini uscivano dalla battaglia duramente provati e ridotti del 20% dalle perdite. Inoltre, gli effetti su Napoli dell’offensiva del 1Ai?? ottobre erano stati dirompenti. La vista di centinaia di feriti e di fuggiaschi, e il timore che i soldati Napoletani e Svizzeri fossero ormai alle porte pronti a consumare un’atroce vendetta, provocA? il pAi??nico dei cosiddetti “liberali” e di alcuni loschi figuri del vecchio regime, come Liborio Romano, che da poco avevano cambiato bandiera. Purtroppo il Maresciallo Ritucci, sempre piA? rassegnato e scoraggiato, mosse una serie di obbiezioni alle intenzioni del Sovrano tale da rinviare a tempo indeterminato una nuova offensiva. CosAi?? fu persa l’ultima occasione per vincere la guerra, visto che da Nord lai??i??Armata Sarda continuava la sua progressione verso i confini del Regno. Ma mentre Francesco cercava di superare le resistenze di Ritucci, Garibaldi riorganizzava il suo esercito, in attesa dell’arrivo delle truppe piemontesi.