STRAGE Operaia di PIETRARSA Ai??6 agosto 1863 a chi giova dimenticare?
di Salvatore Cittadino
Lamezia
6 agosto 2015
Nel 1860 dal nord scesero i mercenari e poi l’esercito di Vittorio Emanuele II di Savoia. I legittimi Re Borbone furono costretti con la forza alla resa e a cedere il passo agli invasori piemontesi. Lo stato sabaudo inglobA?? con la forza delle armi la parte meridionale dello Stivale e nacque il Regno d’Italia. Il che per la popolazione del Sud non fu di certo un grande affare.
E la lotta aspra e senza quartiere che infuriA?? per un lungo decennio in quelle lande, fu uno dei segni piA?? evidenti del malcontento diffuso e della cupa disperazione che colpAi?? quelle genti. Anche l’industria dovette fare i conti con il nuovo scenario.
Il governo piemontese non aveva alcun interessea mantenere in vita il sistema creato dai Borbone che, presentando punte di eccellenza (si pensi, accanto a Pietrarsa, ai lanifici e alle cartiere della valle del Liri ma anche agli impianti siderurgici di Mongiana, sulle serre calabre),Ai??arrecava non poco fastidio agli stabilimenti dell’Italia settentrionale. Per questo si decise di privatizzare Pietrarsa svendendola a tale Iacopo Bozza.
Fu l’inizio della fine. Il nuovo proprietario diminuAi?? la paga degli operai portandola da 35 a 30 grana al giorno. In breve lasso di tempo, con una drastica politica di licenziamenti, di 850 dipendenti ne restarono solamente la metAi??. Il malumore dei lavoratori montava poderoso fino a che giunse il 6 agosto del 1863. Di fronte all’ennesimo sopruso della proprietAi??, alle tre del pomeriggio, qualcuno fece risuonare a distesa la campana della fabbrica.
Alcune centinaia di operai, abbandonato il posto di lavoro, si radunarono nel cortile lanciando urla e parole di disapprovazione nei confronti del padrone. Spaventato Bozza si precipitA?? a richiedere l’intervento dei bersaglieri di stanza a Portici.
I militari, in breve tempo, giunsero davanti allo stabilimento e, superato il cancello, baionetta in canna, si lanciarono sugli operai menando fendenti e sparando ad altezza d’uomo. In quel caldo pomeriggio d’agosto morirono 7 operai mentre altri 20 riportarono ferite piA? o meno gravi. Dopo quel tragico accadimento si decise di concedere la gestione dell’opificio alla SocietAi?? Nazionale di Industrie Meccaniche.
Ormai, perA?, la gloriosa fabbrica aveva intrapreso la strada del declino.
Nel 1875 erano rimasti solo 100 operai. Eppure, appena due anni prima, una locomotiva costruita a Pietrarsa aveva vinto la medaglia d’oro alla esposizione universale di Vienna. Qualche tempo dopo lo Stato, per non chiudere lo stabilimento, decise di assumerne la gestione.
Dopo la seconda guerra mondiale la crisi si accentuA? ulteriormente fino a che, nel 1975, fu varata la definitiva chiusura. Oggi quello che fu il glorioso Opificio Reale di Pietrarsa diventato la sede di un museo ferroviario.
Pochi, perA?, ricordano la triste sorte di quegli operai spazzati via dai proiettili e dalle baionette dei bersaglieri soltanto per aver osato reclamare un sacrosanto diritto: la tutela del posto di lavoro. Tale evento, anzi, A? sconosciuto ai piA?. Anche a quelli che sono soliti festeggiare con tanta enfasi e tripudio il primo maggio, icona intoccabile dei lavoratori. Un’ultima annotazione.
Molti dei morti e dei feriti di quel 6 agosto 1863 furono colpiti alla schiena o alla nuca mentre cercavano di mettersi in salvo.
Davvero un atto eroico da parte dei militi piemontesi che non si fecero scrupolo di aprire il fuoco su inermi operai. Forse credevano, come ha scritto Antonio Ghirelli, di trovarsi ancora alla Cernaia.
Eppure ci fu chi, proprio grazie a quella orribile misfatto, fece carriera. Stiamo parlando del questore di Napoli Nicola Amore che, invece di essere sollevato dall’incarico e sottoposto a processo come avrebbe meritato, nel 1866 venne nominato direttore della Pubblica Sicurezza.
In seguito fu anche senatore del Regno e sindaco di Napoli. Nel nostro bel paese accadono cose davvero strane: mentre a Nicola Amore sono state dedicate piazze ed innalzati monumenti (la celebre Piazza Quattro Palazzi, lungo Corso Umberto, a Napoli, porta anche il suo nome, cosAi?? come un busto marmoreo di cotanto eroe fa bella mostra di sA? nei giardini di Piazza della Vittoria), niente di niente, Ai??nA? una lapide nA? una semplice scritta, ricordava fino al 1996 l’eccidio di Pietrarsa e i nomi di quei sette operai che lAi?? persero la vita. Una altra colossale ingiustizia della nostra storia a cui il Comune di Portici ha finalmente avuto il coraggio di porre fine.
fonte Giuseppe Giunto
Fonte -http://www.lamezialive.it/
2 Comments
Dio abbia in gloria i nostri martiri immolati in tutti i settori e stramaledica chi ha rovinato il Sud.
mi sento sempre più defraudato da questi ignobili piemontesi che continuano a offenderci e derubarci anche nello sport, ma come può un campano tefare per gente che ci ha sempre odiato e derubato di ogni cosa , ma come fanno a dire di essere migliori di tutti se insegnano hai loro ragazzi non l’ onesta nello sport ma rubare a tutti i costi e vincere barando su tutto e comprando tutti, io non mi sento italiano ma CAMPANO NAPOLETANO e la mia bandiera sarà sempre quella del regno delle due Sicilie
Mario Ferrigno