I traditori del Regno delle Due Sicilie, Giuseppe Salvatore Pianell ministro della guerra.
Di Fiore Marro
Caserta 3 settembre 2018
Atro grande traditore il gen. Pinelli che in una nota poteva cinicamente permettersi di bandire: “sua eccellenza il Ministro della guerra si rallegra con voi del vostro slancio e delle eroiche vostre gesta. Ufficiali e soldati! Voi molto operaste ma nulla è fatto quando qualcosa rimane a fare. Ancora ladroni si annidano tra i monti, correte e snidateli e siate inesorabili come il destino. Contro tali nemici la pietà è delitto! Noi li annienteremo e purificheremo col ferro e col fuoco le regioni infestate dall’immonda bava”.
Giuseppe Salvatore Pianell nacque a Palermo il 9 novembre del 1818 è morì a Verona il 5 aprile del 1892
Fu Ministro della Guerra del regno delle Due Sicilie.
L’alto numero di ufficiali, giunti dai reggimenti siciliani, che tradirono il Regno da ragione a chi, oggi, sostiene la tesi del complotto antiborbonico organizzato molti anni prima dell’invasione, complotto ad opera degli inglesi, che miravano ad essere padroni della Sicilia, e che poterono contare sull’acquisizione dei brevetti militari borbonici, inserendo nel nostro amato esercito uomini dediti alla corruzione e facili da manovrare.
La figura più emblematica di tutto ciò fu senza dubbio Pianell, una miscela velenosa di corruzione, opportunismo e falsità erano le doti di questo verme in divisa militare.
Suo padre o chi per esso gli acquistò il grado di capitano nei famosi e tristi reggimenti siciliani, equipaggiando a proprie spese un intera compagnia, ed ottenne, sempre a pagamento, l’ammissione del figlio alla Nunziatella.
Nel 1836 iniziò il servizio come capitano del 1° battaglione Cacciatori, 6 anni dopo era aiutante maggiore al battaglione e il 15 marzo del 1846 con la promozione a maggiore ne assunse il comando.
Il primo atto di tradimento Pianell, lo commise nel 1848 a Cosenza, inviato in Calabria, per contribuire insieme alla gendarmeria al mantenimento dell’ordine, dopo i fatti del 15 maggio, il generale pensò bene di fare causa comune con i rivoltosi, costringendo la gendarmeria a cedere le armi, nel frattempo entrò anche nel governo provvisorio, il Re lo fece mettere agli arresti, ma poi lo perdonò.
Ferdinando II aveva subito intuito la natura sleale del Pianell, quindi tenne sotto osservazione l’ufficiale, promuovendolo a generale ma rilegandolo a Gaeta, sotto stretta e vigile sorveglianza.
Morto Ferdinando il Pianell poté uscire dall’isolamento del comando di Gaeta e dare finalmente libero sfogo al suo indegno disegno, la costa abruzzese era minacciata dai rivoluzionari e fu deciso di costituire una forza di colonna mobile che gli fu affidata, cominciò così l’escalation dell’ufficiale che lo portò niente di meno a ministro della guerra, il suo stato militare crebbe pari al suo progetto di dissolvimento e destabilizzazione dell’esercito napoletano
Dal 2 luglio 1860 diventò titolare del dicastero della guerra, alla guida del ministero in un mese e mezzo scardinò abilmente quel che rimaneva di efficiente e di valido nell’esercito napolitano, cominciò l’incarico mettendo a riposo definitivo, l’unico ufficiale che potesse mantenergli testa, il generale Filangieri, così fece pure con i generali Winspeare e Carrascosa militari di provata fede borbonica, non mise a riposo, anzi li riabilitò, gli ufficiali responsabili della disfatta siciliana, affidò la difesa delle Calabrie al generale Vial, ma gli legò le mani ordinando ai comandanti di brigata di corrispondere con lui direttamente, compose ad arte brigate con i peggiori elementi dell’esercito mettendo al loro comando inetti come Ghio, che era risaputo aveva forti problemi psichici, affidò ad un generale di fresca nomina un battaglione fatto di veri militari, che sentendosi umiliati dal comando di questo ufficiale, si chiamava Fileno Briganti, furono costretti a sopprimerlo, inviò anche il generale Marra a continuare i danni già perpetrati in Sicilia.
Il 2 settembre ad opera compiuta abbandonò l’esercito borbonico, per evitare di recarsi al Volturno, si recò l’indomani a Torino per chiedere ed ottenere l’ammissione nell’esercito sardo.
Pianell per difendersi dalle accuse di tradimento sosteneva che i soldati napolitani erano inetti ed incapaci, parlava degli stessi che preferirono il martirio a S. Maurizio o a Fenestrelle, pur di non tradire, Pianell fu un verme fino alla fine.
Carlo Corsi, figlio del colonnello Luigi Corsi che fu direttore dell’”officina di Pietrarsa, sul quotidiano borbonico “La discussione” pubblicò a puntate “Le memorie di un veterano”. Nel 1861 scrisse un opuscolo dal titolo “Cenno biografico di Giuseppe Salvatore Pianell” destinato a fare passare delle spiacevoli giornate al generale prezzolato grande traditore del regno. Il Corsi inviò una copia dell’opuscolo al Pianell accompagnato da una nota a termine che diceva: “Và che la maledizione della Patria ti perseguiti fin nelle viscere dell’inferno con tutti i Traditori tuoi compagni”. Nel 1903 oramai settantaduenne, riprese la penna per dare alle stampe un libretto che ebbe addirittura due edizioni, intitolato: “Confutazione alle lettere del generale Pianell”, nel quale rispondeva alla sua maniera, alle affermazioni contenute nelle memorie del generale voltagabbana da poco pubblicate. Amava firmarsi , Carlo Corsi, maggiore delle artiglierie borboniche, capitolato di Gaeta.