Intervista a Antonio Ciano per il Roma
di Fiore Marro
Caserta 15 settembre 2017
Antonio Ciano da Gaeta, città che fu ultimo baluardo della resistenza borbonica e che ha restituito, con Ciano, una nuova voglia di resistenza identitaria, già da quel lontano 1995 quando il Capitano di Lungo Corso gaetano, pubblicò, grazie all’impegno del compianto Lucio Barone, “I Savoia e il massacro del Sud”, un libro che è stata la pietra miliare della riscoperta identitaria dei popoli del ex regno delle Due Sicilie. Impegnato politicamente, è stato assessore al Demanio per il Comune di Gaeta, non ha mai nascosto la sua appartenenza progressista, cosa che gli ha procurato non pochi detrattori nell’ambiente meridionalista, specie di quello schierato a destra, ma lui di tutto questo non se ne è mai preoccupato, ha tirato dritto sempre. Famose sono le sue battaglie processuali ,per le sue affermazioni verso i traditori di Pontelandolfo. Annovera tra le sue amicizie meridionaliste quella di Pino Aprile, che ha tra l’altro fatto la prefazione al suo ultimo lavoro, Cavorra , Edizioni Veliero, prezzo : euro 15.
1)Come nasce l’idea di “Cavorra”?
- R) L’avevo in testa da piccolo, quando mio nonno mi parlava del massacro della mia città( 4000 mila morti e la città rasa al suolo). Il maestro di Tucci ci disse a scuola che dovevamo vergognarci perché avevamo resistito ai nostri liberatori. Mi ribellai a quelle parole e risposi al maestro in malo modo ( conoscevo la storia perché raccontatami da mio nonno). “Maestro -dissi- quelli erano francesati” – cosi venivano chiamato i piemontesi – “hanno raso al suolo Gaeta senza dichiarazione di guerra e sono criminali più dei nazisti”. Il maestro disse che loro erano costretti a raccontare la storia del libri perché avevano giurato al provveditorato, ma, se volevamo conoscere la vera storia, potevamo andare il pomeriggio alla biblioteca comunale e ce l’avrebbe raccontata. In sei andammo all’appuntamento ad ascoltare il nostro insegnante e, dopo che ebbe terminato, mi resi conto che la narrazione dei fatti corrispondeva perfettamente a quella di mio nonno. Il maestro ci disse anche che potevamo saperne di più da Don Paolo Capobianco, sacerdote nella chiesa di San Giacomo. Don Paolo , ultimo nato libero Regno della Due Sicilie, ci raccontò le vera storia, dallo sbarco del primo migrante clandestino in Sicilia (Garibaldi), alla caduta di Gaeta e il massacro della città ad opera del generale Cialdini , ma “il mandante era Cavour”, ci disse il sacerdote
2) La tua estrazione politica non l’hai mai nascosta, credi che le ideologie politiche siano ancora di tendenza?
- R) Mio nonno era socialista , io da sempre iscritto al PCI, di estrazione gramsciana, che mi ha aiutato molto, con i suoi scritti a scrivere libri contro il risorgimento piemontese. Gramsci era originario di Gaeta e il nonno, era capitano della gendarmeria borbonica nella fortezza. Le ideologie non esistono più, ma la formazione di basse nessuno la può cancellare.
3) Con chi hai collaborato per questo tuo lavoro?
- R) Ho collaborato con un padano che ha preso coscienza della storia del sud e ha firmato la prefazione ( anonimus padano). Lavora nelle istituzioni e non farò mai il suo nome. E’ padano e non ha origini meridionali.
4) Prossime novità editoriali?
- R) Si, “Amore e morte nella Calabria briganta”, scritto in collaborazione con la prof. essa Francesca Gallello. Un romanzo d’amore tra un disertore piemontese e la moglie di un latifondista calabrese che collaborava con i sabaudi. Si arruolarono con la banda di Domenico Straface Palma ed parteciparono al rapimento di Alessandro de Rosis Morgia, per il quale chiesero 69 mila ducati di riscatto. Nel libro abbiamo descritto stragi di paesi calabresi, repressione selvaggia del brigantaggio da parte dei bersaglieri ( erano le SS del 1800)
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