A volte mi avvalgo da articoli scritti da altri e recuperati su altri siti non per pigrizia ma perchA? la loro stesura A? ben chiara; stavolta ho prso un articolo dal sito “Il frizzo.it” di Lucera e porta la firma di Eduardo Gemmini. L’articolo tratta di un’altra delle storie dimenticate e, udite udite, compare il “galantuomo” Liborio Romano a decretare la morte dei paesani.
Ancora una volta una storia di sangue e martiri.
Roseto V., 26.10.2010 – Ci hanno raccontato e continueranno a raccontarci a scuola solo balle! In poche righe, in libri confezionati ad hoc, si racconta e si ai???decantaai??? che ai???lai??i??unificazione dai??i??Italiaai??? avvenne grazie alla ai???spedizione dei milleai???, con lai??i??incontro di Garibaldie Vittorio Emanuele a Teano e con il ai???plebiscitoai???. Tutto qui? Ed il resto, la veritAi?? storica, quella che da anni A? venuta fuori? Tutto taceai??i?? I libri, quelli confezionati ad hoc, non ne devono parlare. NAi?? cai??i??A? altro da aggiungere!
Tra ricerche ed approfondimenti su quella che comunemente viene definita ai???unitAi?? dai??i??Italiaai??? ai??i?? per la quale si ha anche il ai???coraggioai??? di festeggiare facendo finta che al Sud nulla sia successo ai??i?? non passa giorno che dalle carte degli archivi spuntano documenti relativi ad avvenimenti e fatti ai??i?? che la storiografia ufficiale e chi ha interesse a non far conoscere, volutamente ignora ai??i?? a dir poco raccapriccianti! Una terra ed un popolo furono messi a ferro e fuoco da invasori stranieri senza scrupoli e sottoposti alle piA? disparate angherie che Ai??gli untori servitori del mendacio: storiografi e giornalisti, ciucci e vendutiAi?? preferiscono non raccontare, salvo alcuni casi: stragi di massa, esecuzioni sommarie con esposizione di teste di cadaveri in gabbie, interi paesi incendiati, ragazzi e ragazze seviziati ed uccisi, ruberie generali, fucilazione di minorenni appellati col nome di ai???brigantiai???, farsa del plebiscito e quantai??i??altro, hanno fatto dei ai???liberatoriai??? del Popolo delle Due Sicilie quello che, circa un secolo dopo, hanno compiuto i nazifascisti in Italia: infamia e vergogna!
A Roseto Valfortore, in provincia di Foggia, quindi in ai???Italiaai???, si A? compiuta una di queste infamie vergognose, una storia poco conosciuta apparsa anche in un ai???Romanzo Storicoai??? dellai??i??illustre Prof. Don Michele Marcantonio, ai???Abbasso la guerra, ossia tre passi a ponenteai???, 1983 (Ed. Italia Letteraria, MI). Della storia che si sta per raccontare, riferita a cinque cittadini di Roseto Valfortore, mi ero giAi?? procurato gli atti di morte per descriverne la loro dolorosa vicenda quando ho ritrovato il libro di Don Michele che lui stesso mi regalA? anni addietro agevolandomi il compito. La storia ai??i?? realmente successa, e gli atti di morte ne sono la testimonianza (portano tutti la stessa data, stesso giorno e stessa ora) ai??i?? racconta di cinque cittadini rosetani di cui lai??i??autore di un Ai??manoscrittoAi?? ne fornisce alcune sommarie generalitAi??: Ai??COTTURO Giuseppeantonio, terza elementare, una sorella di 29 anni; FARACE Liberato, analfabeta, due sorelle, una di 12 e una di 23 anni; SBROCCHI Vito, 1A? anno di agraria, moglie di anni 36 e figlia di anni 15; MARRONE Leonardo, terza elementare, sorella di anni 21; ZITA Nunziantonio, perito agrario con diploma conseguito presso la cattedra di Roseto, poi soppressa dai piemontesi, e il fratello di Giuseppeantonio, quinta elementare, una sorella di anni 20, sposata con Donato SbrocchiAi??.
I cinque sacrificati cittadini di Roseto Valfortore vengono accusati dal ai???galantuomoai??? don Vito Capobianco, fratello del sindaco, come ai???reazionariai??? e di essere ai???dei franceschielliai???, cioA? fedeli al Re Francesco II di Borbone. Ai??I vermi e le lumache appaiono dopo la bufera: i liberali e i mazziniani ricomparvero solo ora ai??i?? si legge nel libro di Marcantonio ai??i?? garantiti da scorta armata. Le carte fanno i nomi: don Vito, il figlio don NoA?, Luigi Basso e Donato Cascioli. Il primo (don Vito Capobianco) aveva preparato la nota delle famiglie da punire esemplarmenteAi??. Sommariamente giudicati da un ai???tribunaleai??? composto da garibaldini, senza alcuna colpa, i cinque martiri rosetani vengono condannati a morte mediante fucilazione. Lai??i??esecuzione avvenne il 7 novembre 1860 alle ore 23:00. Lascio parlare il manoscritto di Don Michele Marcantonio.
Siamo orfani di patria?
Ai??(ai??i??) I cinque vennero allineati lungo il muro che guardava alla torretta, di fronte al plotone. Lai??i??aria rigida, la pioggia, che ora con furia, il vento, fatto ora cattivo, che tempestava il viso dei condannati con bordate dai??i??acqua gelida e dura come grossi grani di sabbia, e, forse, il contenuto di quel biglietto consigliarono il generale a far presto, a sbrigarsiAi??. Il generale di cui si parla A?, udite, udite, Liborio Romano, (omonimo del ai???vigliacco e traditore che vendette il Sud al Piemonteai???), garibaldino e comandante della Legione Peucetia.
Ai??Nellai??i??estremo tentativo di muovere a pietAi?? don Liborio, tre dei condannati, cioA? Giuseppe Cotturo, Vito Sbrocchi e Leonardo Marrone, sai??i??inginocchiarono nel fango:
ai??i?? PietAi??! Siamo innocenti!
Parole e lacrime alla pioggia e al vento che mugghiava nella siepe e sui tetti.
ai??i?? PietAi?? di noi! ai??i??, fece Nunzio.
Il quinto, piA? di lAi?? che di qua (A? Liberato Farace, 22 anni appena, ferito a morte presso la propria abitazione dalle camicie rosse) era ricaduto in unai??i??assenza totale e si teneva ritto al muro come un tronco senza vita. Il sergente rizzava in alto la sciabola come un ricurvo dito dai??i??acciaio guardando fisso il generale. Il sacerdote, adempiuto il suo alto e pietoso ufficio, sai??i??era nascosto nel vano di quel cunicolo-fogna. Don Liborio parlottava con don Vito, quasi estraneo, senza neppur guardare.
Il sergente non batteva ciglio.
Eccoai??i??
Il generale fece con lai??i??indice un cenno distratto, quasi meccanico.
La sciabola piegA? verso terra.
Fuoco!
I primi tre, a partire dallai??i??angolo, caddero fulminati.
Al quarto un secondo colpo.
Il quinto, Liberato Farace, indenne.
Il fuciliere di grazia esplose su di lui il terzo e il quarto colpo. Solo questai??i??ultimo spinse fuori da quel giovane corpo il lieve alito di vita residuo.
Nel tratto dalle Coste al suo palazzo don Vito assaporA? tutta la voluttuosa ebbrezza di quel trionfo. EntrA? insieme col generale nel suo caseggiato e ne uscAi?? dopo un quarto dai??i??ora. Si strinsero la mano sul portone e don Liborio ripartAi?? subito. Don Vito non fece in tempo a chiudere, che il parroco era comparso come un fantasma sulla soglia, con sul volto lo sdegno piA? vivo e amaro. PoichAi?? il Capobianco voleva sfuggirgli, lo afferrA? per un braccio e lo schiaffeggiA? con queste parole:
ai??i?? Nel cielo cai??i??A? un Dio che vendica le lacrime dei deboli. Maledetta la generazione dellai??i??uomo che sparge il sangue innocente! Parola di Dio!
RitornA? sulle Coste a fianco dei suoi caduti. Li coprAi?? col suo mantello. RestA? a vegliarli fino al mattino con il rosario in mano, ritto sotto il gelo della coltre bianca novembrina.
Al collo dellai??i??ultimo martire, Liberato Farace, un abitino del Carmine, forato da una pallottola, tamponava la feritaAi??.
Dulcis in fundo, Ai??don Liborio pretese dal popolo rosetano una taglia di ducati 5.035, oltre 240 per il mantenimento della forzaAi??.
Cinque croci di legno
Nel 1861 lai??i??amministrazione comunale di Roseto Valfortore fece installare cinque croci di legno poggiate sul muro, lungo il quale erano stati allineati e fucilati i cinque martiri. Quando questo suolo venne concesso ai privati per la costruzione delle case, lo scalpellino Lorenzo Bozzelli, nel 1910, di propria iniziativa, murerAi?? su quella costruzione con una lapide, data e croce il ricordo di quel massacro.
Una pagina drammatica e nello stesso tempo commovente quella appena descritta, che riporta alla luce come fu fatta ai???lai??i??unitAi?? dai??i??italiaai??? al Sud: con il sangue degli innocenti, con il silenzio dei ai???vincitoriai??? ai??i??e con gli spot! Ah, quante ai???ombreai??? su questa ai???unitAi?? dai??i??italiaai???, altro cheai??i??! Mentre in queste ore, ahimA?!, nel vesuviano, ai???Italiaai???, in una sorta di ai???guerra civileai???, uomini, ragazzi, ragazze e ai???donne vulcanicheai??? si apprestano a decretare quello che probabilmente sarAi?? il funerale del 150A? tra incendi del tricolore e al grido di Ai??siamo orfani di patria!Ai??. Aai??i?? sA?pala nin tene uocchie e vere, nun tene recchie e sente!
Allego i certificati di morte (leggi); vengono tutti contrassegnati dalla nobile professione di contadino i cinque cittadini rosetani vittime, sacrificate dalla mano feroce dei conquistatori garibaldini. La speranza A? che il sindaco, la giunta ed il consiglio comunale di Roseto Valfortore vogliano erigere una lapide a ricordo di quei martiri che dopo 150 anni gridano ancora giustizia!
Allai??i??elenco dei cinque sacrificati bisogna aggiungere anche il nome di Giuseppe Zita, fratello di Nunzio Antonio, di anni trenta, ucciso durante un rastrellamento dei garibaldini il 6 novembre del 1860 (tra gli atti di morte allegati).
In chiusura, voglio rendere omaggio al grande Angelo Manna ai??i?? che solo citarlo mi rende orgoglioso di essere meridionale ai??i?? con il suo memorabile messaggio rivolto ai ragazzi del Sud, pubblicato periodicamente sulla rivista ai???Due Sicilieai???.
Ai??Ragazzi del Sud!Ai??
Ai??Lai??i??unificazione italiana ci costA?, in poco piA? di dieci anni, un milione di morti, tutti uccisi a tradimento, e ci costA?, in meno di un secolo, e sempre a tradimento, ventisei milioni di emigranti!
Ed ha le meningi imbottite di puttanate, lai??i??Italia!
Ad imbottirgliele sono stati e sono i nord-dipendenti politicanti del Sud, gli eredi dei pragmatici e immorali traditori del fatal sessanta.
E sono stati e sono gli untori servitori del Mendacio: gli storiografi e i giornalisti, ciucci e venduti.
Ma noi abbiamo un dovere da compiere. Una Mamma offesa, tradita, maltrattata, calunniata e in catene sta chiamando dal 1860 i suoi figli attorno alle sue piaghe fisiche e morali che ormai lai??i??hanno ridotta allo stremo.
A? possibile che nessuno di essi ne oda il rantolo, che giorno dopo giorno si fa sempre piA? forte, e accorra al suo capezzale?Ai??.
Eduardo
Gemminni (ilfrizzo.it)