1836: la pandemia a Napoli
di Fiore Marro
Caserta 1 dicembre 2021
Un flagello si era insinuato nella capitale del Regno delle Due Sicilie e mieteva vittime in tutti i quartieri.
Sulla natura del virus non si poteva asserire nulla di certo, ma, intanto, si ingrandiva il partito che lo negava.
I napoletani più poveri iniziarono a sospettare di essere stati avvelenati attraverso l’acqua e il cibo; avvennero ribellioni contro i governanti sfociando in veri e propri atti di rivolta. Il re Ferdinando II di Borbone fece chiudere i confini del Regno vietando l’accesso ai non residenti. In pubblica piazza il re ebbe a dire: “Non temete del veleno, io vi assicuro che questo non esiste come non esistono nemici occulti che vogliono la nostra morte, tutto questo è nato da una troppo riscaldata fantasia; il vero male che noi soffriamo è il Cholera Morbus” .
Gli animi cominciarono a calmarsi e l’idea del veleno cessò, ma non tutti. Oggi, li chiameremmo ‘negazionisti’.
Intanto, il morbo faceva strage e poca gente si vedeva per le strade, molte botteghe erano chiuse, solo le chiese rimasero aperte giorno e notte. Era proprio il re ad invitare la popolazione a fare l’unica cosa possibile: pregare.
Prima di Natale la malattia si esaurì.
Purtroppo, l’anno successivo, ritornò questa calamità più atroce di prima; arrivò il colera asiatico che provocò migliaia di morti i quali venivano trasportati accatastati sui carrettoni, costruiti appositamente, che giravano per tutta la città con il loro rumore tetro e cupo.
La pandemia si concluse definitivamente ad ottobre del 1837. Si contarono a Napoli trentamila morti; fra questi, il grande poeta Giacomo Leopardi.
Fonti:
– Gli ultimi 90 giorni del 1836, Giovanni Videra, 1837
– Storia del Cholera di Napoli, Gennaro Maldacea, 1839
Nella foto in basso: Bollettino, per quartiere, degli individui attaccati dal Cholera nella città di Napoli, dal 2/10 al 19/11, anno 1836.
A cura di Pino Spera, Responsabile della Sezione Storia della Biblioteca I Care, Pomigliano d’Arco.