Quando a Marsala giunsero i “liberatori” capitanati dal nizzardo Garibaldi, i giochi erano già fatti e questo si sapeva.
I giochi erano previsti anche per la risposta che le altre entità statali europee avrebbero fornito all’invasione, da una parte per la politica protezionistica attuata dal Regno delle Due Sicilie dall’altra per l’isolamento politico in cui era caduto il regno causato principalmente dalle manovre savoiarde alle corti europee.
La riprova di questo isolamento fu data dai fatti che seguirono immediatamente dopo la spedizione di Carlo Pisacane a Sapri e che sono completamenti sconosciuti.
Iniziamo col raccontarli cronologicamente per meglio comprendere l’accaduto.
E’ risaputo che all’organizzazione della spedizione di Pisacane ebbero parte attiva sia Giuseppe Mazzini con la raccolta di fondi in Inghilterra per l’acquisto di un vapore che Raffaele Rubattino con la concessione del Piroscafo Cagliari a patto che si simulasse il furto per escludere la compagnia di cui era armatore dall’accusa di connivenza.
Il 25 giugno del 1857 il piroscafo Cagliari lascia il porto di Genova, solo dopo essere salpato, sempre ufficialmente, Carlo Pisacane con i pochi seguaci assume il comando della nave e ne fa dirigere la prua verso l’isola di Ponza che ospitava una colonia penale borbonica liberando “i 300 giovani e forti” ladri e assassini detenuti, inoltre razziarono l’arsenale delle guardie del carcere impadronendosi di tutte le armi del presidio.
Ripartiti alla volta delle Calabrie, i detenuti decisero invece di sbarcare sulle coste tra Sapri e Policastro per evitare di incrociare i munitissimi presidi borbonici (da Napoli i membri del Comitato Insurrezionale mazziniano li deviano proprio su quei lidi con la convinzione che le popolazioni siano già state preparate all’arrivo dei libertadores).
In realtà i “patrioti” non avevano ottenuto proseliti tra la popolazione locale e … il successivo svolgimento della spedizione e del suo esito è ormai cosa nota e tra l’altro è soggetto di quest’articolo.
Torniamo invece sul piroscafo Cagliari, una volta sbarcati i volontari la sera del 18 giugno 1857, il comandante Antioco Sitzia “ostaggio” dei rivoluzionari, decise di navigare alla volta di Napoli quando venne intercettato a 12 miglia a ponente di Capri dalle fregate della Real Marina Borbonica Tancredi e Ettore Fieramosca. che gli intimarono di fermarsi.
Il Genova venne abbordato dai marines borbonici guidati dal tenente di vascello Antonio Imbert che perquisirono accuratamente il piroscafo, furono rinvenuti a bordo oltre a diverse armi bianche, due casse di fucili carichi e svariate munizioni.
Le autorità napoletane di conseguenza operarono il sequestro del piroscafo e l’arresto dell’equipaggio anche a causa del coinvolgimento del battello nella spedizione di Pisacane definito con sentenza del 28 novembre 1857 buona preda e bastimento di natura piratesca e servito di mezzo ai nemici del Regno.
Vennero quindi istruiti due procedimenti giudiziari, uno penale e l’altro civile dove sia il capitano Sitzia che la Compagnia Rubattino vennero ritenuti colpevoli di collusione con i ribelli e quindi tutte le istanze di restituzione del battello requisito vennero respinte.
In una situazione normale la vicenda avrebbe avuto termine, ma in questo caso l’opportunitAi?? di gettare altro fango sulla dinastia borbonica era una ghiottoneria a cui il Piemonte non poteva rinunciare, infatti Camillo Benso di Cavour si adoperò per trasformare l’affaire da giudiziari a politico coinvolgendo anche l’Inghilterra e agendo sulla leva dell’isolamento internazionale in cui era caduto il Regno delle Due Sicilie.
Secondo la tesi del Cavour vi era stato un’aperta violazione del diritto dell’uso dei mari in tempo di pace con un’azione militare in acque internazionali, in base a questo principio era si legale la perquisizione ma non la cattura del bastimento. Il Primo Ministro sabaudo per l’avallo della sua tesi aveva informato le cancellerie europee il 30 marzo 1858 esortandole ad agire di conseguenza.
Gli inglesi non intervennero immediatamente nella querelle per il sospetto che potesse divenire un casus belli tra i due regni ma il Cavour tramite l’ambasciatore a Londra, Emanuele D’Azeglio, ribadiva che con o senza l’appoggio inglese e francese, il Piemonte avrebbe operato fin in fondo alla soluzione del caso.
Con la casualità che i due macchinisti del Cagliari erano inglesi (Henry Watt e Carl Parck) permise l’intromissione di Londra nella questione.
Londra nei giorni successivi, dichiarando illegale la cattura dei suoi cittadini, chiese a Napoli l’indennità di 3000 sterline per la reclusione dei macchinisti e di conseguenza estese il diritto anche al piroscafo Cagliari e ai sudditi sabaudi imbarcati.
Intanto dal Piemonte Cavour istruì un processo per pirateria presso la Magistratura dell’Ammiragliato di Genova.
Ferdinando II, a seguito dell’intervento diplomatico inglese, si vide costretto ad aderire ala risoluzione favorevole ai Savoia e l’8 giugno 1858 il ministro degli esteri Carafa firma il decreto di rilascio dell’imbarcazione e dei detenuti.
Il Cagliari getta le ancore nel porto di Genova il 22 giugno non senza l’esultanza di Cavour che con questa vittoria aveva umiliato ulteriormente la diplomazia borbonica, tutta l’operazione mise in mostra il pericoloso isolamento internazionale e la condotta arrendevole della corte napoletana, fattori che avrebbero permesso il successivo tentativo di invasione che puntualmente avvenne con la capitolazione finale dell’ultimo re Borbone di Napoli il 14 febbraio 1861.