Emigranti? Storie del sud di tutti i giorni.
Di Fiore Marro
Caserta 30 agosto 2018
Si tende a dimenticare ma perlopiù sono storie che non si raccontano perché si è passati, e in pochi anni, dal nonno emigrante in Svizzera, Germania e Inghilterra a alla nipote che si picca di avere la collaboratrice domestica, spesso dell’est in casa.
Oggi non si è più emigrante per quello che ci riguarda, oggi abbiamo un nuovo modello, il laureato non più con la valigia di cartone, a prestare opera in fabbrica come operaio, ma con la sua laurea a prestare prestigio e intellighenzia, materia grigia, munito di PC, un esodo forzato che molti politici nostrani dicono sia la normalità in un mondo che si globalizza, che si globalizza da una parte e si inaridisce dall’altra dico io, in casa nostra, perché anche se a malincuore una volta si perdevano le braccia lavoro, quelle comunque, visto che la quota nascite resisteva bene, si riusciva a sostituire presto chi partiva, ora che le nascite sono inferiori alle mortalità, ci priviamo dei nostri migliori figli, prestati agli altri per farne usufruire delle loro peculiarità che vengono meno al fabbisogno delle nostre contrade, una iattura .
Ma questa era anche l’eventualità che si prospettava per le masse sudiste anche nell’800, confluite a bandiere spiegate nel nuovo regno unitario. Allora non era da addebitarsi alla “congenita povertà” del Sud come succede ora. La verità era un’altra, molto più drammatica.
Negli anni immediatamente dopo l’unità si effettuò da parte dei piemontesi, cinicamente e brutalmente, un immenso dragaggio delle ricchezze dalle province duosiciliane a favore di quelle del Nord.. Basti pensare che appena dieci anni prima della liberazione fatta da Garibaldi, quindi intorno al 1850, nel regno delle Due Sicilie circolava una massa monetaria per lo meno tripla a quella di tutta la restante parte d’ Italia. Cosa che dovette ammettere, suo malgrado anche Francesco Saverio Nitti agli inizi del Novecento, specificando che nelle Due Sicilie circolavano complessivamente ben 442 milioni di lire oro di fronte ai 148 milioni del resto d’ Italia.
Altro che povertà congenita del Sud!
Fin dal 1700 Napoli con tutto il territorio circostante aveva cominciato ad essere un’area di progressivo sviluppo con filande, cartiere, opifici manifatturieri ed industriali. Non a caso il 3 ottobre 1839, in quei luoghi, si era inaugurata la prima ferrovia costruita in Italia.
Al tempo della venuta di Garibaldi vi era quindi un’ossatura industriale significativa, bastava portala avanti.
Per non dire della feconda filiera rurale, vero motore di tutto il regno, invece e inspiegabilmente come accade oggi con il petrolio in Basilicata, che dovrebbe rendere oltre che lavoro all’intera popolazione lucana, come capita nei paesi che producono l’oro nero, dovrebbe importare lavoratori e dirigenti per coprire non solo le forze necessarie alla produzione del petrolio ma per l’intero indotto che in questi casi di solito aumenta e si triplica in fatto di richieste di lavoratori, che dire ? succede solo al sud.
In Calabria, per esempio , considerata dai Borbone,come la regione meno progredita, si erano conseguiti risultati non disprezzabili nelle attività siderurgiche, tessili ed estrattive.
Nel settore siderurgico calabrese si registrava la presenza di grandi stabilimenti quali le Officine di Mongiana, la Ferriera di Ferdinandea, la ferriera di Cardinale e la Fonderia di Fuscaldo. Il ferro necessario a tale industria si estraeva nella stessa regione, dai filoni metalliferi del Monte Stella e Mammicomito.
Così il carbone da legna, utilizzato nei fornelli di fusione, si ricavava dai vasti boschi locali di faggi e di abeti. Da manufatti usciti da quelle industrie era stato costruito nel 1832 il ponte in ferro sul Garigliano, opera senz’altro avveniristica per quei tempi e di cui esistevano isolati esemplari soltanto in Inghilterra, Francia ed Austria. Oggi la Calabria è conosciuta nel mondo non solo per la ‘ndrangheta ma pure per la rete più ampia in assoluto di comunità di emigrati, chi di voi non conosce un circolo di Calabresi nel Mondo?
A questo punto mi chiedo dove è cominciata la nostra insofferenza nei confronti degli altri emigranti?
A mio sommesso avviso stiamo sbagliando obiettivo, il problema primo, base di ogni altro, è di carattere interno: rialzarsi, risorgere interiormente, darsi una forma, creare in sé stessi un ordine ed una dirittura, solo in questo modo e non facendo una guerra degli straccioni, torneremo forse a essere umani .