LA MARINA NEL REGNO DELLE DUE SICILIE
Di Fiore Marro
Napoli, 18 novembre 2017
Il mio intervento alla conferenza sugli Stati Generali del Mare, presso il Pan.
Un lungo filo quello che lega la prima nave da crociera mai realizzata al mondo all’ultima creatura firmata Virgin-Fincantieri. Nel 1833, il piroscafo di linea Francesco I battente bandiera del Regno delle due Sicilie coprì la tratta Napoli-Taormina-Catania-Malta-Costantinopoli. La clientela era selezionatissima, solo principi, nobili e autorità, non solo dalla penisola italiana. A bordo del Francesco I per quel primo viaggio salirono anche tredici inglesi, dodici francesi, tre russi, tre spagnoli, due prussiani, due bavaresi, due olandesi, un ungherese, uno svizzero, uno svedese e un greco.
L’imbarcazione era un piroscafo con motore a vapore, e due grosse ruote laterali, in grado di coprire con estrema affidabilità lunghissime tratte. Distante anni luce nel design e nella tecnologia dalla nave della Virgin Voyages in realizzazione a Genova e non più a Castellammare di Stabia.
I cantieri di Castellammare, i legni, i traffici commerciali ed i prodotti importati ed esportati, le rotte, l’Armata di Mare, gli uomini, storie avvincenti e tragiche, storie conosciute e storie inedite ed un attimo di riflessione immaginando e proiettando sino ai giorni nostri il ruolo che avrebbe potuto avere il Regno delle Due Sicilie, nel cuore del Mediterraneo, nella gestione dei profughi. Incontro aperto con tutti gli amici dove ognuno potrà portare il proprio contributo raccontando il “suo” episodio.
Che l’Armata di Mare del Regno delle Due Sicilie (com’era allora chiamata la Marina da guerra borbonica) fosse la più importante tra le Marine preunitarie è un fatto noto. Molto meno noto, però, è che, all’indomani dell’unità da’Italia, Cavour ne adottasse le ordinanze, i regolamenti, i segnali e perfino lo stile delle uniformi duosiciliane, estendendole alla neonata Regia Marina del Regno d’Italia. Con buona pace di quella vera sciocchezza che fu la leggenda del Facite ammuina Una tale decisione da parte di Cavour (uno non certo incline a nutrire simpatie per tutto quanto fosse stato borbonico) in realtà la dice lunga sulla considerazione e la stima di cui godeva l’Armata di Mare napoletana, i suoi uomini e i suoi mezzi, rispetto alle analoghe istituzioni preunitarie. Stima e considerazione che la Marina di Sua Maestà borbonica aveva saputo conquistarsi nel corso del tempo, attraverso tutta una serie di attività e iniziative che ne avevano fatto (per consistenza e capacità) la terza marina da guerra d’Europa e la prima d’Italia.Purtroppo, con la nascita del Regno d’Italia, i cantieri stabiesi andarono incontro a enormi difficoltà create dai politici del Regno che ne discussero l’ubicazione e il ridimensionamento. I governi dell’Italia post unitaria, cercarono in tutti i modi di ostacolare il lavoro che si svolgeva all’interno di questo stabilimento. Nonostante ciò, non fu un problema per i lavoratori stabiesi, di grandi capacità tecniche e fortemente legati alla storia dei cantieri, i quali passarono dalla costruzione dei vascelli a vela e a vapore alle corazzate con grande spirito innovativo.
Riuscendo a resistere a tale politica nel 1864 i cantieri vararono la prima corazzata del nuovo Regno e, sette anni dopo, la prima nave completamente in ferro. Nel 1876 dai cantieri di Castellammare di Stabia, uscì la più grande corazzata del mondo progettata da Benedetto Brin.
Va inoltre ricordato che Ia celebre nave Amerigo Vespucci fu progettata proprio nei cantieri di Castellammare nel 1930 dall’ingegnere Francesco Rotundi, riprendendo i progetti del veliero Monarca, lai??i??ammiraglia della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, poi ribattezzato Re Galantuomo quando fu requisito dalla marina piemontese dopo l’invasione delle Due Sicilie e la conseguente nascita del Regno dai??i??Italia. I progetti ricopiati erano dell’ingegnere navale napoletano Sabatelli ed erano custoditi a Castellammare di Stabia insieme alle tecnologie necessarie alla costruzione di questa tipologia di imbarcazione.