L’oro delle Due Sicilie lo spreco degli italiani
Di Fiore Marro
Caserta 11 ottobre 2018
Al momento dell’unità, il regno delle Due Sicilie possedeva riserve auree pro capite doppie rispetto al Nord.
Molti centri del territorio borbonico, anche importanti, erano privi di filiere bancarie, ma questo era anche giustificato dal mite, razionale e semplice sistema fiscale, ed ai fini dello sviluppo economico il sistema fiscale non è meno importante di quello bancario. Inoltre esistevano già 761 complessi diversi di beneficenza, oltre 1.131 monti frumentari, il 65%del totale italiano, che, fornendo anticipazioni per le attività agricole ad interessi quasi nulli, erano una sorta di credito agrario, sia pure embrionale. Ed inoltre vi erano le casse agrarie e di prestanza .
Quello che gli storici prezzolati hanno voluto spacciare per ritardo del sistema bancario era dovuto in pratica a fattori non strutturali: non erano i capitali a mancare al Sud rispetto alla media italiana! Inoltre la borghesia napoletana presentò nel 1860 il progetto per la costituzione di una moderna banca con L. 25,5 milioni di capitale. Se non se ne fece niente, lo si dovette al governo “unitario”.
Si ripiegò sull’ammodernamento del Banco di Napoli, e nei primi cinque anni dell’unità si scatenò una lotta feroce con la Banca Nazionale, piemontese. Il progetto di legge per radunare le riserve auree del Sud nel Banco non fu approvato dagli organi competenti su pressione della Banca Nazionale. Verso la fine del ’65, la Nazionale era in gravissime difficoltà e lo Stato intervenne a salvarla con la legge sul corso forzoso. Ciò prova che la politica del nuovo Stato italiano penalizzò pesantemente il sistema bancario del Sud. E’ importante sottolineare che entrambi questi istituti di credito sono istituti di diritto privato e pertanto non statali. Ma lo Stato dimostra ancora una volta di non avere a cuore le sorti dell’intera collettività, ma solo di quelle del Nord.
La politica fiscale perseguita dallo Stato unitario fu un caso di vero e proprio drenaggio di capitali che dal Sud andarono al Nord. La pressione fiscale in agricoltura crebbe sotto i Piemontesi e crebbe in maniera difforme, non equa. Così, mentre nelle Due Sicilie si pagano 40 milioni d’imposta fondiaria, nel 1866 se ne pagheranno 70, contro i 52 del Nord.
La sperequazione è anche più evidente se si considerano le aliquote per ettaro: nelle province di Napoli e Caserta si pagavano L. 9,6 per ettaro contro la media nazionale di L. 3,33. Lo stesso avveniva per le tasse sugli affari che incidevano per L. 7,04 pro capite in Campania, contro 6,4 in Piemonte e 6,87 in Lombardia.
In seguito, quando si pose il problema di perequare l’imposta nelle provincie : L’imposta non era sul reddito, ma si stabiliva, secondo certi parametri, su base regionale] (Lombardia, napoletano) che pagavano di più, il risultato fu che le tasse diminuirono in Lombardia ed aumentarono nel napoletano. Si calcola che l’ingiustizia fiscale sia costata al Sud 100 milioni/anno e che abbia ricevuto dall’erario nei primi 40 anni dall’unità molto meno di quanto sborsasse.
Negli anni seguenti le cose non cambieranno, così nel primo decennio del secolo una provincia depressa come quella di Potenza paga più tasse di Udine e la provincia di Salerno, ormai lontana dalla floridezza dell’epoca borbonica essendo state chiuse cartiere e manifatture, paga più tasse della ricca Como.
Con questi presupposti la domanda di quelli come noi che si sentono come una sorta di orzowei, rimane la solita: Cosa ha portato di positivo alle popolazioni duosiciliane questa cosiddetta unità italiana?
Oggi che addirittura chi ha voluto con violenza, imporci una falsa fratellanza, si è fatto perfino un partito politico, così come avvenne nel periodo fascista, quasi come se le colpe del fallimento di questa azienda sgangherata chiamata Italia fosse esclusivamente nostra, che abbiamo solo fatto da spettatori paganti, assistendo sgomenti e sottomessi all’ incapacità di governare di codesti scioperati avrebbe detto Il Principe, che dopo avere sperperato i nostri beni e il nostro oro ci indica spesso come il male del paese, mi domando: noi cosa stiamo aspettando per liberarci da questo infernale giogo?