Un caffè con Nando Dicè.
Intervista di Fiore Marro per il quotidiano il Roma.
Napoli 12 gennaio 2017
Nando Dicè : Per il Sud una “Via Catalana”.
La storia identitaria degli ultima anni non può certo prescindere dal libro di Nando Dicè : Sud Ribelle – Ed. Diana Editore, una visione forte, cruda e non convenzionale del percorso da fare per liberarsi dal giogo degli oppressori. Non si può appunto prescindere quando si parla di meridionalismo , sia dal lavoro letterario sia dall’autore dello stesso scritto, che ha avuto il merito di ridestare molti animi sopiti del sud italico. Un leader moderno che usa mezzi nuovi come i social network, i canali video, ma che non rinuncia mai ai manifesti e volantini al ciclostile, antico e moderno assieme come il libro di cui parliamo.
Un libro a tratti crudo, arrabbiato, a distanza di anni, cosa avresti dovuto aggiungere al tuo testo?
Una parte teorica, in cui come in un dizionario dare l’interpretazione delle parole calzanti alla verità più che alla verità di regime, e una parte pratica, frutto dell’esperienza fatta sul campo in questi anni.
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, le idee non fanno eccezione.
Oggi dopo tanti tentativi politici, elettorali e di aggregazione , talvolta positivi talvolta deludenti cosa non rifaresti e cosa invece salvi di queste lotte politiche che ti hanno visto in prima linea?
Non rifarei sicuramente l’errore di impegnare tutte le energie di un movimento ideale in una qualsiasi competizione elettorale che preveda l’arroganza di proporre un contenitore comune per tutti i meridionalisti, senza sapere di avere prima una cosa basilare: dei veri uomini politici meridionalisti. Per il resto dalla Tangenziale di Napoli, sino a Sud Ribelle, passando per lo sdoganamento del termine Sputtanapoli e la Macroregione Meridionale, la strategia di sovrapporre le tematiche antisistemiche a quelle identitarie ha funzionato. Evidentemente le idee c’erano, visto che tutte le tematiche Insorgenti sono state poi riprese da quasi tutti i partiti e movimenti alle scorse amministrative.
Chi ha avuto modo di frequentarti in questi anni, ha notato un tuo certo avvicinamento sempre maggiore alla bandiera gigliata, alla storia borbonica, al glorioso passato, è così o sono solo sensazioni?
Entrambe le cose. Che io sia repubblicano convinto, nel meridionalismo è cosa nota, come credo che la maggioranza dei meridionalisti che vede nella bandiera gigliata non il simbolo di una monarchia, ma il simbolo di un popolo sul cammino della riconquista identitaria, sia altrettanto noto. La simbologia è fondamentale e grazie al lavoro di chi ci ha preceduto, la bandiera gigliata ha questa doppia funzione. Rappresenta una Monarchia passata, ma anche una voglia di comunità futura. Che questa comunità in cammino sul sentiero della storia, sarà monarchica o repubblicana, lo si deciderà quando sarà sovrana. Con questa premessa, posso sicuramente dire che non è una sensazione.
E’ una sensazione invece, come effetto della real Politik. Negli ultimi anni le tematiche antisistemiche sono state “ingoiate” dal grillismo, quindi lo spazio che gli insorgenti avevano conquistato su determinate posizioni, ad esempio sulla Sovranità Monetaria, sembrano meno dirompenti.
Quelli come Vincenzo De Luca o il Sindaco De Magistris erano tempo fa tuoi antagonisti, avversari di una certa idea insorgente, oggi sono interlocutori, cosa è cambiato?
Tempo fa, la sola idea di creare un contenitore politico con la finalità di difendere il sud e farlo nascere al sud era un’utopia, ma ora come allora per farlo, la cosa importante era ed è la classe dirigente , la selezione e la formazione di questi uomini non poteva che avvenire lontano dalla partitocrazia.
Oggi le cose sono cambiate, credo che le sensibilità che all’epoca erano patrimonio di pochi meridionalisti oggi sono esponenzialmente diffuse e quindi per “contagio” la formazione avviene su una base molto più ampia e la selezione sia ampiamente avvenuta o se non è avvenuta in 10 anni, non avverrà mai. Fatto questo, aprirsi all’esterno senza la paura di essere fagocitati o relegati al ruolo di componente culturale di qualcosa che faccia la politica altrui è nelle logiche delle cose.
Se c’è la possibilità di realizzare qualcosa di meridionalista, è sempre ora di farlo, con tutti, basta che sia riconosciuto e riconoscibile l’identità che si rappresenti. Come avrebbe detto un vero Irlandese “m alleerei anche con gli Inglesi, se gli Inglesi si suicidassero”.
A che punto siamo giunti, cosa serve ancora per avere definitivamente l’opportunità per governare vista da Sud?
Gramsci avrebbe risposto “un Blocco Sociale”, io che materialista storico non sono aggiungo che nonostante la consapevolezza identitaria si diffonda sempre più rapidamente soprattutto nei giovani, se non ci sarà un evento storico tale che scuota le coscienze nel profondo e crei una nuova sensibilità comune, nulla che venga solo dalla politica possa interrompere la colonizzazione del sud e ridare sovranità al nostro popolo. Nostro compito è ,e sarà ,farci trovare pronti, perché in termini demografici, economici, ecologici, di crisi di rappresentanza e di guerre, eventi che possono essere il segnale di un crollo del Sitema Mondo creato dalla finanza può avvenire in ogni momento.
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Bravo Nando, questa è musica per le mie orecchie.