Un caffè con Lino Patruno
Intervista a Lino Patruno per il giornale Roma.
Napoli 2 marzo 2017
In questi anni di riscoperta identità un ruolo importante è stato quello di alcuni apprezzati giornalisti e scrittori come Lino Patruno, divenuto grazie ad alcuni dei suoi libri, un’icona della riscoperta meridionalista, tra le sue pubblicazioni, una nota di merito spetta a “Fuoco del Sud. La ribollente galassia dei Movimenti meridionali”, un viaggio inedito nel cosmo delle associazioni e partiti sudisti, tra reviviscenze e recriminazioni, rabbia e orgoglio, un libro che ha mostrato ai più un ambiente fino ad allora misconosciuto; a distanza di anni, l’autore Lino Patruno ha proseguito il lavoro di ricerche sul tema, provando a dare un input e una speranza attraverso la pubblicazione del suo ultimo lavoro dal titolo : “ Il meglio sud. Attraversare il deserto, superare il divario”, Editore: Rubbettino, anno edizione: 2015, Pagine: 304. Proviamo a scoprire di più.
D – La necessità di raccontare ancora il Sud, perché?
Lino Patruno – Perché se non lo raccontiamo noi dal Sud lo raccontano gli altri con tutti i pregiudizi e le falsità che conosciamo. Ma ora dobbiamo addirittura spezzare il silenzio di chi del Sud non parla più. Di chi vorrebbe farlo diventare un fatto compiuto: così è e così deve essere. Un fatto di natura. Sud per il quale, visto che non c’è più nulla da fare, tanto vale non farlo.
D – Nei tuoi libri accosti spesso Puglia e Basilicata: solo per motivi geografici?
Lino Patruno – I confini delle regioni del Sud furono definiti dagli amministratori sabaudi più per dividere il Sud che per farlo funzionare. Invece il Sud è tutt’uno, al di là delle contingenti differenze economiche o sociali. C’è un pericolo nella formula <non c’è un Sud> ma ci sono <i Sud>. Uno dei problemi del Sud è andare a truppe sparse perdendo la sua forza d’urto. E facendo un favore all’indifferenza nazionale.
D – Quando hai cominciato a scoprire la nostra storia e cosa ti ha spinto ad approfondirla?
Lino Patruno – Un convegno casuale (uno dei diecimila che ho condotto nella mia vita) e la presenza di due persone poi amiche (Michele Ladisa e Franco Romano) e che erano da tempo sul campo meridionalistico. Ho sempre scritto di Sud sul giornale che ho diretto, sia chiaro. Ma l’approfondimento della storia mi ha fatto velocemente capire che qualcosa non funzionava in ciò che si avevano raccontato. Ho capito la truffa e il complotto contro il Sud per farlo diventare Sud.
D – Come ti poni di fronte ai movimenti meridionalistici?
Lino Patruno – Con molta attenzione e molta frustrazione. Non dovrebbero replicare una politica nazionale fatta di divisione e di interessi (spesso innominabili) di bottega. Dovrebbero cercare di fare massa critica, di creare il corto circuito che serve al Sud. Francamente molti esistono perché qualcuno possa fregiarsi del titolo di presidente e qualcun altro di vice presidente. Al di là di questo, svolgono il fondamentale ruolo di raccontare la verità e di svegliare le coscienze.
D – Qual è il messaggio che hai recepito ascoltando le tante voci sudiste?
Lino Patruno – Anzitutto una bella notizia: la diffusa convinzione che la storia sia stata artefatta, ormai si sa sempre più, chi mi ascolta è quasi sempre già preparato. Significa che il lavoro fin qui fatto comincia a dare frutti. Riuscire, come avviene ora, ad entrare nelle scuole è la più grande vittoria, le scuole prima baluardo del pensiero unico. Poi c’è la domanda <che fare?>, quella dalla risposta più difficile finché anche votando il Sud non si convincerà di essere un solo popolo e una sola terra. E’ il nuovo lavoro da fare.
D – Credi che una rinascita del Sud stia già avvenendo, o che debba ancora venire?
Lino Patruno – La rinascita è nel mio libro <Il meglio Sud> (come lo era nel precedente <Ricomincio da Sud>) dove parlo delle eccellenze del Mezzogiorno. Tra queste eccellenze manca il tessuto connettivo: da un lato le infrastrutture e i servizi all’altezza del resto del Paese, dall’altro la politica. Quindi la risposta è a metà strada. Ma conoscere è importante per convincersi che al Sud <si può> nonostante tutto.
D – Da cosa bisogna ripartire per tirare fuori il meglio Sud che c’è?
Lino Patruno – Da questo meglio Sud: se ce l’hanno fatta loro, e nelle condizioni più difficili, puoi farcela anche tu. Poi però occorre che il Sud sia rappresentato da chi ne faccia il vero solo autentico progetto non per il Sud ma per l’Italia. Perché all’Italia il Sud più sviluppato conviene, perché è l’unico modo per farla ripartire. Invece rivediamo un Salvini che rilancia un referendum per l’autonomia del Veneto e della Lombardia. Ovvio che non vada da nessuna parte, e lui per primo lo sa, come sa che non conviene né al Veneto né alla Lombardia. Ma è il solito modo per condizionare la politica nazionale. E per continuare a beneficiare di tutti quei privilegi che hanno creato un Nord e un Sud. L’essenziale è che quando un Salvini viene al Sud prenda più pomodori in faccia che voti.