Articolo interessante sopratutto perchA? scritto da una voce non certo filo borbonica, come l’autrice dello scritto.
Tutto da leggere.
Lai??i??ABRUZZO TERRA DI EMIGRANTI
Di Roberta De SantiAi?? Il 22 Giu, 2017
Non cai??i??A? famiglia in Abruzzo e nella Marsica che non abbia avuto almeno un emigrante. E in ogni nazione del mondo si puA? incontrare un nostro conterraneo. Una buona fetta della storia italiana riguarda proprio questo esodo di massa verso terre piA? promettenti come lai??i??America e lai??i??Australia. Lai??i??epopea dei nostri corregionali e conterranei si A? concentrata fra la metAi?? dellai??i??800 ed il ai???900 ed A? stata segnata da fatica, sofferenza, pregiudizi ma anche il desiderio di una vita migliore e piA? dignitosa. A testimonianza di tutto questo ci sono lettere scritte in un italiano stentato misto a dialetto, valigie di cartone buttate in un angolo delle soffitte, foto in bianco e nero dalla grana grossa, ritagli di giornale conservati in album ingialliti.
Ma i motivi che hanno spinto milioni di persone ad ammassarsi su navi gigantesche per mesi e mesi, in situazioni di privazione e difficoltAi??, risalgono a periodi molto indietro nella storia. Bisogna tornare ai Normanni che tra il 1061 e il 1150 sconfissero i Longobardi riunificando lai??i??Abruzzo e ricevendola in feudo da papa Adriano IV, che da allora, entrA? a far parte del Regno delle Due Sicilie. Nel 1266 passA? agli Angioini.
SeguAi?? poi il dominio degli Aragonesi. Il susseguirsi di questi dominatori lasciarono la regione nella piA? grande trasandatezza, trasformandola in una delle piA? misere regioni dai??i??Italia. Nel periodo napoleonico ci furono numerose rivolte, da parte dei contadini, contro Murat, poi tornarono nuovamente i Borbone e nel 1860 il nuovo Regno dai??i??Italia. I nuovi governanti furono poco interessati a risolvere i gravi problemi dellai??i??Abruzzo, anzi ai primi accenni di ribellione del popolo, nel 1861, vi fu una dura repressione, scambiando tutti per briganti. In effetti il brigantaggio cai??i??era, come in tutte le regioni italiane, ma in Abruzzo furono utili per accusare di brigantaggio anche chi chiedeva giustamente una risoluzione ai gravi problemi economici e sociali. I veri briganti secondo gli abruzzesi erano i Savoia.
Lai??i??Abruzzo, come buona parte dellai??i??Italia Meridionale, fu ignorata dalla rivoluzione industriale che avanzava in Europa e nellai??i??America del Nord e si diffondeva nellai??i??Italia Settentrionale, e fu colpita da una grave crisi economica. Non solo. Con lai??i??unitAi?? dai??i??Italia ci fu lai??i?? introduzione del servizio di leva obbligatorio e, insieme al brigantaggio e alla crisi profonda del vecchio sistema agricolo-pastorale, sconvolse ancora di piA? lai??i??equilibrio socio economico giAi?? fragile. La nostra regione, circondato dalle montagne, era rimasto a lungo esclusa dal resto dai??i??Italia, isolamento che fu superato con la realizzazione della rete ferroviaria che collegA? Pescara, Ancona e Foggia. Sotto i Savoia, lai??i??Abruzzo fu una delle regioni piA? povere.
Lai??i??economia abruzzese, basata sulla pastorizia e sullai??i??agricoltura, usava metodi ancora troppo arcaici per garantire ai suoi abitanti un buon tenore di vita. Anche la pastorizia entrA? in crisi e, di conseguenza, anche lai??i??industria della lavorazione della lana, un tempo principale fonte di guadagno per gli abruzzesi. Lai??i??industria,, si riduceva a piccole attivitAi?? artigianali: la lavorazione della lana a Sulmona, Lai??i??Aquila, Scanno e Castel di Sangro; ad Avezzano la lavorazione del lino e della canapa; a Roccaraso e Pescocostanzo il merletto e lai??i??oreficeria; fabbriche di ceramica a Castelli e Campli. Il commercio di questi prodotti subAi?? una forte crisi a causa della diminuzione di richiesta sul mercato e alla forte concorrenza dei prodotti industriali. A causa di tutto questo, nellai??i??ultimo ventennio del XIX secolo iniziA? un forte flusso migratorio verso lai??i??estero.
Esso divenne particolarmente intenso alla metAi?? del 1880, raggiungendo il culmine tra il 1900 ed il 1915. Tra il 1880 ed il 1900 a spostarsi furono soprattutto gli abitanti della provincia dellai??i??Aquila, del territorio di Sulmona e delle zone di Vasto e Lanciano. La provincia di Teramo conobbe lai??i??emigrazione soltanto nei primi anni del 1900. Per tutto lai??i??ultimo ventennio del 1800 e nel primo decennio del 1900 il tasso di emigrazione aumentA? regolarmente ogni anno, fino a toccare il massimo nel 1913 (anno in cui gli emigrati dallai??i??Italia furono oltre 872.000), per poi subire un arresto negli anni della prima guerra mondiale. La meta principale fu lai??i??America, scelta conseguente alla vicinanza dei porti di imbarco (Napoli) e dal costo del viaggio verso lai??i??Argentina ed il Brasile che era praticamente gratuito: i due Paesi sudamericani in seguito allai??i??abolizione della schiavitA?, erano rimasti privi di mano dai??i??opera per la coltivazione dei campi e gli italiani furono i nuovi schiavi. Intorno al 1915 erano circa mezzo milione gli Abruzzesi emigrati allai??i??estero. Sempre nello stesso periodo circa 150.000 abruzzesi provenienti principalmente dagli Stati Uniti e dallai??i??Argentina fecero ritorno a casa. Percentuale minima rispetto al numero crescente di abruzzesi che continuava ad affrontare la grande avventura.
Durante il fascismo, per ovvi motivi politici, lai??i??emigrazione verso gli Stati Uniti conobbe un forte arresto; continuA? invece quella in direzione dei paesi sudamericani. Nella Seconda Guerra Mondiale lai??i??Abruzzo si trovA? al centro dello scontro tra Tedeschi ed Alleati; interi paesi e cittAi?? furono letteralmente rasi al suolo dai bombardamenti americani nella famosa battaglia del Sangro. I governi del secondo dopoguerra, con la politica di accentramento industriale nel nord, aggravarono lo spopolamento dellai??i??intera regione. Dopo la seconda guerra mondiale, chiuse le frontiere degli Stati Uniti, i maggiori flussi emigratori si diressero verso Canada e Australia, territori vergini ed ancora inesplorati. Verso lai??i??America, tappa obbligata era Ellis Island, un isolotto alla foce del fiume Hudson nella baia di New York. Antico arsenale militare, dal 1892 al 1954, anno della sua chiusura, Ellis Island A? stata la frontiera dai??i??ingresso per gli immigranti che sbarcavano negli Stati Uniti. Il porto ha accolto piA? di dodici milioni di immigrati che allai??i??arrivo dovevano esibire i documenti di viaggio con le informazioni della nave che li aveva portati. I medici di servizio controllavano ciascun emigrante: sulla loro schiena segnavano con un gesso la loro condizione di salute. Successivamente, si passava alla Sala dei Registri.
Venivano registrati nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilitAi?? di denaro, professione e precedenti penali. Una volta sbrigate queste pratiche burocratiche, ottenevano il permesso di sbarcare e venivano accompagnati al molo del traghetto per Manhattan. Il picco piA? alto si ebbe nel 1907 con 1.004.756 di persone approdate. Nel 1924, per limitare il flusso, vennero approvate addirittura le quote dai??i??ingresso: 17.000 dallai??i??Irlanda, 7.000 dal Regno Unito, 5.800 dalla nostra Italia e 2.700 dalla Russia. Il Servizio Immigrazione chiuse definitivamente nel 1954, spostando i propri uffici a Manhattan e dopo una parziale ristrutturazione negli anni ottanta, dal 1990 ospita il Museo dellai??i??Immigrazione. Se si A? curiosi di scoprire se si ha parenti emigrati in quegli anni, ci si puA? collegare al sito ufficiale di Ellis Island. Senza dubbio ci saranno stati molti marsicani che avranno cercato fortuna oltre oceano e magari qualcuno, consultando il sito potrAi?? scoprire un antenato non troppo lontano tra quei disperati sognatori che hanno fatto grande lai??i??America e, tornando, lai??i??Italia e lai??i??Abruzzo.
Dal sito : http://www.terremarsicane.it/
2 Comments
Se può consolare… la percentuale maggiore di emigrazione dopo l’annessione al Regno d’Italia del 1866 rispetto alla popolazione residente si verificò nel Veneto, senza contare la devastazione successiva della prima guerra mondiale che qui ebbe il suo crudele teatro per tre lunghissimi anni oltre alla miseria e alla scarsezza di cibo per tutti, popolazione e soldati sotto tutte le bandiere per via di pellagra e malattie varie verificatesi nei primi del ‘900… Se poi pensiamo che anche la seconda guerra mondiale duro’ due anni in più sopra la linea gotica veramente ci si domanda come si continui a festeggiare sventolando tricolori al suon della marchetta nostrana con l’elmo di scipio in testa!!!
Se regnasse nelle alte sfere un minimo di dignità si dovrebbe cantare un mesto de profundis per tutti i morti, militari e civili, vittime di uno stato infame e abbrunare per sempre i tricolori esposti…
“In meditatione mea exardescet ignis…” (in Napolitano: “cchiù ce pènse e cchhiù m’arragge!”).
All’età di 83 anni il sangue ancora mi ribolle, quando vedo i toponimi delle nostre città del Sud osannare dopo più di 150 anni ancora gli autori dei tanti mali fatti all’Italia, ma soprattutto a noi meridionali, ingannati, spogliati, umiliati, vittime di crudeli stragi, deportazioni e conseguente emigrazione (inesistente prima dell’invasione e della Malaunità), che ancora oggi, con la partenza di tanti giovani, continua ad impoverire il nostro Sud una volta terra felice e detentrice di tanti primati italiani, europei e mondiali. Ai giovani che restano l’augurio di riscoprire la nostra identità di meridionali…