di Salvatore De Pascale
Tra bellezza, spiritualità e grandezza morale l’Arte Regia si configura come un’espressione artistica che unisce ideali morali, spirituali e materiali, in un’armoniosa celebrazione della bellezza e della perfezione; e, in Cappella Sansevero trova una delle sue massime espressioni.
Il termine latino regia richiama l’alchimia, da sempre definita arte regale. Si tratta della disciplina più elevata, quell’arte destinata non solo ai “sovrani terreni”, ma a chiunque aspiri a diventare “sovrano del proprio mondo interiore”. Questa trasformazione avviene attraverso un processo complesso e minuzioso, in cui ciò che è grezzo e imperfetto viene raffinato e sublimato. L’arte regia insegna a trasmutare l’essere umano, elevandolo verso un ideale di perfezione spirituale e morale: l’inferiore diventa così superiore, l’opaco si illumina e l’imperfetto si trasforma in oro.
L’oro, in questo contesto, non rappresenta tanto il metallo prezioso, ma un simbolo di regalità interiore, ricchezza spirituale e realizzazione personale. È quell’arte che illumina l’animo umano, rendendolo capace di risplendere nella sua essenza più pura e divina; ed è di quello che vi sto parlando.
Questo concetto trova espressione non solo nell’alchimia, ma anche nell’arte e nell’architettura legata alla tradizione esoterica. L’arte regia si manifesta nell’elevazione del materiale verso l’immateriale, unendo ideali morali, spirituali e simbolici in una sintesi sublime. Ogni elemento, dal dettaglio decorativo di un’opera d’arte alla disposizione armonica di un tempio, come nel caso di Cappella Sansevero in Napoli, oggetto della breve trattazione che segue, diventa strumento di trasmutazione per chi lo contempla, lo comprende e se ne fa, conseguentemente, carico.
Cappella Sansevero deve essere intesa come un cammino di iniziazione che invita l’uomo a riconoscere il suo potenziale divino, a coltivarlo e a farlo brillare. In essa l’arte intreccia il visibile e l’invisibile, il materiale e lo spirituale, tracciando una via di elevazione che conduce l’individuo verso la piena realizzazione del suo essere. E da lì, il passo per essere migliore se non breve, diventa possibile e non più solo un esercizio teorico, quel qualcosa che indica un uomo dedito alla conoscenza, alla costante ricerca della Luce, e, dunque, al raggiungimento di un grado superiore a quello della sapienza. Del resto, come recita un murales che è possibile osservare un Via Settembrini a Caserta, presso l’Istituto professionale E. Mattei “la conoscenza rende liberi”.
Posso, senza rischiare di esagerare, definire la Cappella come un capolavoro universale, tra i più importanti e significativi al mondo, di cui il meridione e in particolare la Città di Napoli ne va fiera. Fu commissionata dal Principe Raimondo di Sangro, con l’intento di intrecciare arte, scienza e spiritualità. Ed infatti, ogni suo elemento è stato concepito per ispirare e trasmettere un messaggio universale, trasformandola in un luogo di contemplazione e di meraviglia.
Il Cristo Velato, scolpito da Giuseppe Sanmartino, è, senza dubbio, l’opera più celebre della Cappella. La scultura raffigura il corpo di Cristo morto, coperto da un velo marmoreo così realistico da sembrare trasparente. Il velo rappresenta il confine tra vita e morte, tra materia e spirito, e simboleggia la perfezione artistica e spirituale. Ancora oggi, quest’opera straordinaria continua a emozionare i visitatori ,spesso ignari di ciò che ai loro occhi man mano si rivela, poi, a stimolare loro, riflessioni profonde.
Le statue allegoriche, altrettanto straordinarie, anch’esse presenti nella Cappella, rappresentano virtù morali e spirituali. Ecco quelle che ritengo essere più significative.
La Pudicizia di Antonio Corradini simboleggia la purezza e la virtù femminile, valori fondamentali nel panorama morale e spirituale del tempo. La statua è un omaggio alla madre del Principe, Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona, celebrata come esempio di grazia e integrità morale. Corradini scolpì un velo trasparente che avvolge il corpo della figura femminile, mostrando una maestria straordinaria nel creare l’illusione della leggerezza e della trasparenza. Il velo suggerisce, al contempo, la rivelazione della bellezza interiore e la spiritualità nascosta sotto l’apparenza fisica.
Il Disinganno di Francesco Queirolo raffigura un uomo che si libera da una rete intricata, simboleggiando la liberazione dalle illusioni e dalle tentazioni terrene. È un chiaro riferimento al tema dell’illuminazione e del riscatto spirituale attraverso il sapere e la virtù. La rete, scolpita interamente nel marmo con incredibile abilità, rappresenta i vincoli della materia e delle passioni umane, mentre la figura si erge in uno sforzo di emancipazione. La scultura è dedicata al padre del Principe, Antonio di Sangro, e incarna il percorso umano verso la verità e la consapevolezza.
La Soavità del Giogo Coniugale di Paolo Persico celebra l’armonia e il rispetto nel matrimonio, interpretato non come un’imposizione, ma come una relazione dolce e costruttiva. Il termine “giogo” allude al legame matrimoniale, ma la sua soavità sottolinea la bellezza dell’unione fondata sull’amore e sulla cooperazione reciproca. La figura rappresenta l’ideale di un rapporto coniugale equilibrato e sereno, che trascende la dimensione terrena per riflettersi in una più alta virtù spirituale.
E infine lo Zelo della Religione, attribuita a Fortunato Onelli, esprime il fervore religioso e il desiderio di proteggere la fede. La figura è rappresentata con simboli che richiamano il sacrificio e la devozione assoluta verso Dio, come un gesto protettivo o uno sguardo risoluto rivolto verso l’alto. La statua esorta i fedeli a difendere i valori spirituali e a perseverare nel cammino della fede, nonostante le difficoltà e le avversità.
Nella parte più interna della Cappella si trovano, poi, le celebri Macchine Anatomiche, rappresentazioni del sistema circolatorio umano, incredibilmente dettagliate. Mostrano il sistema venoso e arterioso completo, preservato con tecniche che ancora oggi continuano a suscitare dibattiti. Si ritiene che siano stati realizzati con straordinaria precisione grazie alle conoscenze scientifiche avanzate del Principe Raimondo di Sangro. La loro presenza nella Cappella aggiunge così una dimensione scientifica al luogo, dimostrando il connubio tra arte e ricerca e, perché no, anche di mistero.
il Principe Raimondo di Sangro è il genio dietro quest’opera straordinaria che è la Cappella. Scienziato, inventore e mecenate, il Principe l’immaginò non solo come luogo di culto, ma, come ritengo a questo punto sia chiaro, un manifesto della conoscenza e dell’elevazione morale. Attraverso l’arte e il simbolismo, egli desiderava trasmettere un messaggio universale di progresso e di perfezione.
La Cappella Sansevero è, in conclusione, un luogo straordinario, capace di unire la bellezza dell’arte alla profondità della riflessione morale e spirituale. Ogni dettaglio, dalle statue alle macchine anatomiche, parla di una visione illuminata che trascende il tempo e lo spazio. Questo capolavoro, nel cuore di Napoli, ci invita a guardare oltre l’apparenza, a scoprire la bellezza della conoscenza e a riflettere sulle verità più profonde dell’esistenza, ricordandoci che l’arte regia non è solo una testimonianza del passato, ma un richiamo eterno alla grandezza dell’essere umano quando si apre alla bellezza, alla conoscenza e alla spiritualità.