Sentenza Ai??dai??i??Appello vergognosa per Villella, i resti rimangono a Torino.
Di Fiore Marro
Caserta 19 maggio 2017
Povero Villella, usato come se fosse un oggetto , come se fosse un pezzo da museo egizio, costretto a rimanere in bella mostra, per la gioia di chi non ha rispetto per la morte, in quel lurido museo torinese dedicato a Cesare Lombroso.
In questa Repubblica delle Banane lai??i??unico a pagare dazio Ai??rimane il teschio di questo nostro sventurato cittadino calabrese che resterAi?? nella terra d’esilio savoiarda, poichAi?? la decisione, presa in I grado dal Tribunale di Lamezia Terme, A? stata ribaltata. In precedenza, infatti, il tribunale della provincia di Catanzaro aveva accolto l’istanza del Comune di Motta San Lucia, per nome del sindaco Amedeo Colacino , che richiedeva la restituzione dei resti dello sventurato Giuseppe Villella, supposto ai???Briganteai???, alla propria terra.
Tale sentenza A? stata sovvertita, in Appello,Ai?? dal tribunale di Catanzaro, che invece inibisce la possibilitAi?? di spostamento delle ossa di Villella da Torino, ribaltando, ripeto, cosAi?? la decisione di Primo Grado. Termina in tal modo e in maniera infausta, dopo 5 anni di conflitto,Ai?? questa querelle che ha visto contendersi il cranio del Villella tra il Comune calabrese e lai??i??universitAi?? di Torino.
Ma entriamo nel merito dei fatti:Ai?? Lombroso divulgaAi?? al grande pubblico, nel 1870, dopo lai??i??autopsia del corpo di Villella, una sua ai???sensazionale scopertaai???: la fossetta occipitale mediana di un cervelletto a tre lobi e non due. Secondo lo scienziato sarebbe stata quella la prova ai???dellai??i??atavismo criminaleai???, della presenza cioA? di caratteri tipici dei primitivi, scomparsi nellai??i??uomo moderno. Era la teoria della predisposizione biologica al crimine che diede inizio allai??i??antropologia criminale e vide la pubblicazione il 12 gennaio 1871.
Fin qui nulla di strano, se non fosse perA? che Villella, stando alle ricerche, morAi?? nel 1864 e si suppone dunque che lai??i??autopsia sia stata fatta quello stesso anno. I conti non tornano, perchAi?? Lombroso attese piA? di sei anni prima di dare comunicazione della scoperta? Semplice: nella seconda metAi?? degli anni Sessanta stava costruendo la sua carriera e il suo interesse principale era la pellagra con cui si conquistA? una certa fama. Fino a quel momento non si era mai occupato nAi?? dell’origine dellai??i??uomo nAi?? delle razze. Lai??i??interesse per lai??i??antropologia fu graduale, anche se lai??i??ambizione era di affermarsi nel nuovo campo di studi e lai??i??occasione parve venire proprio quando ebbe tra le mani il cranio di Villella. Solo quello perchAi?? in realtAi??, contrariamente a quanto Lombroso stesso affermA? in piA? di qualche occasione, non fu lui a eseguire lai??i??autopsia sul corpo. Alla comunitAi?? scientifica non poteva nasconderlo ma con il grande pubblico, a cui si potevano omettere i dettagli tecnici, cambiA? registro e modificA? anche la sostanza dei fatti ai???per inseguire la fama letteraria del suo personaggio. Una invenzione mediatica ottocentesca, ecco cosa fu l’autopsiaai???.
Di volta in volta Lombroso ha modificato la sua versione, aggiungendo o cambiando dettagli sul ai???briganteai???, data la sua scarsa conoscenza del profilo comportamentale e dei caratteri anatomo-patologici dellai??i??uomo, cucendo insieme notizie di seconda mano. Sostenne persino di aver incontrato Villella nel carcere di Pavia dove concluse i suoi giorni, anche questo poco plausibile.
A Motta Santa Lucia, tra lai??i??altro, dove nacque Villella, non vi A? traccia, di una tradizione orale, una memoria collettiva, che attesti gesti legittimisti riguardo il presente ai???briganteai???. CiA? che emerse furono i contorni di un semplice bracciante, un ai???pecoraroai??? nato nel 1802 da Pietro e Cecilia Rizzo, ladro di ai???cinque ricotte, una forma di cacio, due pani ai??i?? e due caprettiai??? per cui subAi?? un processo nel 1844. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nelAi?? carcere di Pavia. MorAi?? ai???affetto da tosse, tifo e diarrea scorbuticaai??? il 16 Agosto 1864, si legge allai??i??interno del suo cranio, trascritto con un lapis. La data di morte, perA?Ai?? viene fatta risalire, invece, secondo la trascrizione dellai??i??atto di morte del segretario comunale di Motta,Ai?? al 15 novembre.
A questo punto, tuttavia, sorge unai??i??altra domanda: come si fa a essere sicuri che il cranio esposto al Museo di Torino sia proprio quello di Giuseppe Villella? E come si spiega la duplice data di morte? ai???I nodi problematici emersi non possono sciogliere fino in fondo il dubbio su eventuali errori di attribuzione verificatesi al momento della prima catalogazione del repertoai???. Rimangono dunque solo ipotesi: nel caso si ritenga che il cranio appartenga al bracciante di Motta Santa Lucia, lai??i??unica spiegazione A? un errore di trascrizione da parte di Lombroso o del segretario comunale nellai??i??atto di morte (meno plausibile). In caso contrario, quel cranio potrebbe essere di qualsiasi malcapitato sottoposto ad autopsia. Del resto la storia insegna e non risparmia nessuno.
Unica speranza era per tutti noi, che questo Stato Canaglia potesse avere un minimo di vergogna e un sussulto di dignitAi??, restituendo al riposo eterno, le piccole, povere ossa del malcapitato Giuseppe Villella da Motta Santa Lucia.
Amedeo Colacino con Fiore Marro e Gennaro De Crescenzo.
3 Comments
Si può ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo?
C’è qualcuno dei nostri che si sta già attivando per questo, Forza Amedeo Colacino!!!
Credo che si dovrebbe richiedere l’esame del Dna del presunto Vilella e compararlo con quello dei suoi discendenti. In caso di non compatibilità, costringere il Governo Italiano a sconfessare pubblicamente il Lombroso e Casa Savoia.