Al di là del proprio ego, la nostra voce deve essere il diritto di parola contraria, il dovere di raccontare e resistere.
Di Fiore Marro
Caserta 15 giugno 2018
Oggi le nostre parole intralciano il malaffare di questa storia matrigna, domani potranno fare di più, essere la risposta a chi ha voluto sabotare la conoscenza, il rifugio dell’anima identitaria di un intero popolo, la bandiera alle domande che un intero cosmo si pone.
L a nostra voce deve essere il diritto di parola contraria, il dovere di raccontare e resistere.
Se non lo facciamo, se per opportunità tacessimo, pensando solo ai fatti propri, si danneggerebbero le parole in bocca, si ammalerebbero di orticaria i pensieri, vincerebbe la reticenza, la censura.
Per noi il dibattito, il confronto, la parola contraria deve essere un dovere prima di essere un diritto.
Ecco perché denunciamo sempre ciò che accade e ci circonda, al di là della simpatia per questo o quell’altro movimento. Al di là di noi stessi c’è il futuro di un territorio in disfacimento, di un patrimonio allo sbando, di una Storia oltraggiata e da salvaguardare, tutto ciò deve essere una lotta che va oltre se stessi oltre l’ego che sempre e comunque primeggia in ognuno di noi.
L’ultimo rapporto dello Svimez sullo stato dell’economia del sud Italia riflette un’immagine preoccupante e insieme a Censis e Istat mostrano sotto la lente la gravissima condizione di disagio delle popolazioni duosiciliane. Un’ altissima percentuale di abitanti del Sud vive una condizione di indigenza a “rischio di povertà o di esclusione sociale”. Invece la preoccupazione dei più pare essere rivolta agli omofobi, e ai presunti razzisti.
Cosa è capitato nella testa della gente, così forviata al punto di perdere di vista le cose comuni, normali di tutti i giorni ? Chi è questo Grande Fratello che manovra con tanta infame maestria i fili di questa perduta umanità?
Il nuovo governo ha voluto un Ministero per le politiche rivolte al Sud, un segnale che al primo sguardo da un’ impressione positiva rispetto alle legislature passate, che nonostante la gremita rappresentanza di soggetti di provenienza meridionale, non hanno attivato politiche concrete in merito, ma veramente è così che deve andare in una nazione seria, davvero c’è la necessità di dicasteri che devono differenziarsi per ubicazione geografica? Non sarà forse che la colonia interna non produce più mercato e consumo come da prassi? Forse il problema è che il limone si è prosciugato, al punto che l’ambiente fisico duosiciliano, esprime una sua realtà in un ambiente geografico respingente, che tende alla irrigidimento di alcune tendenze del territorio, che non si sono mai allineate con gli schemi culturali e sociali del resto del paese, quasi come un rigetto profondo, che rievoca antichi prototipi che forzatamente si è voluto annientare, procurando così un freno verso quel pseudo crescente progresso nazionale ed europeo, che non è mai appartenuto all’humus territoriale sudista, una continua violenza e una forzatura innaturale, che procurare frutti marci e indigesti per il mercato della globalizzazione.
La selvaggia industrializzazione nordista, subita dai locali subendo in merito una devastazione della cultura contadina, rurale, mediterranea, ha prodotto solo sfracelli nel nostro territorio, e non solo dal punto di vista del paesaggio ma anche e soprattutto per avere stravolto una formazione agreste millenaria che oggi non esiste più, creando la falsa idea di un mezzogiorno lontano dalle attività campestri a favore dell’industrializzazione ha prodotto al fine solo la predominanza di gruppi finanziari e industriali del nord principalmente con una sorta di attivismo speculativo lontano da una reale volontà di crescita a favore del sud, in cui un’economia equa ed ecocompatibile sono temi mai approfonditi. Problema antico ed irrisolto, quello delle Due Sicilie da parte dell’Italia, da 157 anni oramai.
Torneremo a essere liberi nel momento in cui capiremo che noi siamo la Terra e non l’industria di questo Paese.