Di G. Larosa
Come si pone il progetto di rinascita nazionale e indipendentista delle Duesicilie con l’antitesi comunismo e anticomunismo?
“Il diritto delle nazioni di disporre di se stesse è la formula essenziale della democrazia per le nazioni oppresse.” (Trozki)
Belle parole, indubbiamente.
Sulla questione delle nazionalità si sono occupati anche Lenin, Rosa Luxembourg e molti altri, subordinando, però, le aspirazioni indipendentiste alla situazione internazionale e di classe. Anche con queste limitazioni, potremmo dire “va bene”.
Inoltre, al contrario del fascismo, l’ideologia comunista/socialista, non essendo mai stata fondante per l’unificazione d’Italia, in teoria, avrebbe potuto perfino avere le carte in regola per rappresentare le istanze di liberazione del popolo delle Duesicilie, un po’ come e’ avvenuto per il Sinn Fein irlandese o Euskal Hurria nei Paesi Baschi. Eppure è avvenuto il contrario: i comunisti e i socialisti sono stati quelli che hanno intitolato al mercante di schiavi, Garibaldi, le brigate partigiane anche nelle Duesicilie ed hanno, per primi, sostenuto la teoria della resistenza come nuovo risorgimento.
Gramsci e’ stato uno dei pochissimi che ha seriamente scritto la verità sulle Duesicilie, che non solo ha sostenuto le nostre ragioni del passato ma che ha, senza mezzi termini, denunciato la vergogna del colonialismo interno. Eccezioni a parte, partiti e movimenti socialisti e comunisti, ancora oggi, dopo che si sono divisi su tutto ed hanno considerato elementi dirimenti questioni di lana caprina, sono concordi nell’esprimere giudizi immondi sulle Duesicilie, i Borbone, il brigantaggio e non esitano a fregiarsi del tricolore ad ogni minima occasione. Perfino il PD, che è pronto ad accogliere tutto di tutto, pur di fare cassa elettorale, solo sulle Duesicilie diventa intransigente e i suoi intellettuali, giornalisti, perfino militanti, sono, in ogni occasione, i nostri principali nemici.
Il fatto è che i comunisti, in Italia, con la luminosa eccezione di pochissimi, sono tutti figli di Togliatti, il collaborazionista padano, agente dell’imperialismo stalinista. Togliatti è un garibaldino, un nemico giurato di tutto ciò che e’ tradizione e identità che non sia l’Italianità e la sua ideologia. Questo non per reale patriottismo perché la patria di Togliatti, come quella a cui si richiamano gli anticomunisti di professione, è solo quella da dare in pasto a qualcuno di cui ci si mette a servizio. Togliatti e i suoi nemici, quindi, sono stati gli eredi diretti dei signori del nord, il cui obiettivo era mettersi al servizio di qualche potente straniero mentre si facevano la guerra nel cortile di casa. Così in Italia il comunismo è diventato risorgimento, con tutti gli elementi del risorgimento, anticlericalismo borghese in primis, che sono rimasti gli unici elementi ideologici che hanno tenuto nel tempo anche dopo aver cambiato tutte le possibili casacche.
Anche l’anticomunismo è diventato risorgimento, diventando semplicemente l’erede di quella parte di risorgimento rappresentato dai Savoia e dai traditori che si sono messi al loro servizio.
Il comunismo e l’anticomunismo sono stati, per noi duosiciliani, un ulteriore “arma di distrazione di massa”, forse la piu’ efficace.
Di conseguenza lo spauracchio del fascismo e’ l’equivalente dello spauracchio del comunismo. Si ripete la stessa situazione in cui cambiano solo i nomi e in parte le appartenenze.
L’anticomunismo è stato usato nelle Duesicilie per combattere, non tanto i comunisti, quanto i ribelli, quelli che volevano cambiare le regole, gli intraprendenti, ai quali è stata data, da comunisti e anticomunisti, la valvola di sfogo dell’emigrazione. L’emigrazione è stata la strategia che ha messo d’accordo comunisti e anticomunisti, entrambi concordi nel volere un “sud” senza nerbo, senza identità e colonia interna.
L’emigrazione come ribellione per i comunisti, cosi’ come l’emigrazione per l’autoaffermazione per gli anticomunisti, e’ stata usata per mantenere l’immagine negativa di chi rimaneva e del posto da cui si partiva, per trasformare le duesicilie e i duosiciliani in un popolo e una terra di cui vergognarsi e da cui prendere le distanze, una sorta di posto maledetto senza speranza.
Come si vede comunismo e anticomunismo, nei confronti delle Duesicilie, hanno agito nello stesso modo, sia pure partendo da opposti punti di vista. Questo e’ stato particolarmente vero nel periodo della crescita economica del dopo guerra.
Denuncia Zitara, socialista anti sistema, che mentre al nord il PCI-PSI erano industrialisti e sostenitori di una agricoltura moderna e su vasta scala, nelle Duesicilie insistevano sulla divisione del latifondo, cioè nel voler creare una serie di piccoli appezzamenti assolutamente incapaci di fare concorrenza e rendere adeguatamente produttiva la nostra terra. Paradossalmente era meglio e piu’ moderno il latifondo. Dall’altra parte gli anticomunisti aizzavano le fantasie grette dei poveracci che, possedendo un terreno o una attività miserabile, portandoli a sentirsi dei “signor padroni” come i giganti del nord e quindi a mettersi, di fatto, al loro servizio. Furono gli anticomunisti a fare qualsiasi cosa per evitare la nascita di grandi aziende, sia industriali che agricole, a far sprofondare le Duesicilie nel lavoro dei subappalti mal pagati e minimamente remunerativi, a favorire l’indecenza dei favoritismi verso imprenditori mediocri, violenti, rapaci e senza scrupoli. Furono comunisiti e anticomunisti a far venire pezzi delle grandi imprese dal nord che spostavano alcune produzioni in un contesto a basso costo e bassa conflittualità sindacale, usate anche per piazzare raccomandati e furbastri, purche’ loro galoppini. Entrambi, quando emergeva qualche imprenditore capace e non riconducibile ai loro gretti interessi, scatenavano burocrazia, fancazzisti, vigili, polizia, istituzioni ed enti che, improvvisamente, diventavano ferocemente intransigenti. In conclusione, il binomio comunismo e anticomunismo è stato uno dei principali agenti che è servito per gestire e mantenere lo stato di colonia interna delle Duesicilie. Rendersene conto non vuol dire diventare tutti né comunisti né anticomunisti o che essere comunisti o essere anticomunisti di per se voglia dire essere contro le Duesicilie. Significa che la costruzione del nuovo stato e del nuovo popolo deve basarsi su una priorità di punti di riferimento che sono esattamente gli opposti a quelli che usano il binomio comunismo anticomunismo per dividerci e trasformarci in ascari collaborazionisti. Come insegnava Franco Nocella, comunista fuori dal coro come Zitara, in ogni situazione bisogna prima chiederesi: cosa “e’ Duesicilie” e cosa “non e’ Duesicilie”? Il che poi significa: cosa è utile e fondamentale per costruire le Duesicilie e cosa invece non lo è? Sia chiaro che questo non implica la rinuncia alle proprie convinzioni e ai propri riferimenti ideali, perché non sono questi ad essere messi in discussione.