In localitAi?? La Lupa, comune di Sante Marie, un cippo marmoreo collocato dall”amministrazione comunaAi??le e dal Militare Ordine Costantiniano di San GiorAi??gio ricorda che lAi??, l”8 dicembre 1861, Ai??s”infranse l”ilAi??lusione del gen. JosAi?? BorjA?s e dei suoi compagni di reAi??stituire a Francesco II il Regno delle Due Sicilie.
CattuAi??rati da soldati italiani e guardie nazionali di Sante Marie al comando di Enrico Franchini furono fucilati lo stesAi??so giorno a TagliacozzoAi??. Dall”8 dicembre 2003 questo cippo, sostituendo il precedente, che definiva Borges (o BorjAi??s come si continua a scrivere in Italia) e i suoi seAi??guaci, spagnoli e ai???duosicilianiai???, banditi e mercenari, ne riabilita ufficialmente la memoria, riconoscendo la digniAi??tAi??, morale e politica, della causa per la quale si battevaAi??no, che tuttavia andava ben oltre la semplice restauraAi??zione della monarchia borbonica. In realtAi??, tanto questa quanto l”unificazione politica itaAi??liana (per come la intesero e realizzarono i suoi protaAi??gonisti) si inquadrano nello scontro epocale fra due ciAi??viltAi?? che, dopo oltre due secoli di preparazione, ebbe in Francia nel 1789 la prima esplosione in armi. Da entramAi??bi i lati della barricata se ne era consapevoli. Non per nulla, per molti anni dopo la proclamazione del Regno d”Italia anche su giornali ufficiali ed ufficiosi si continuA? a scrivere che le lotte per l”unificazione politica della naAi??zione italiana non erano Ai??rispetto all”umanitAi??, null”altro che mezzi per conseguire quel fine, che a lei sta sommaAi??mente a cuore, della totale distruzione del medioevo nel l”ultima sua forma: il cattolicesimoAi?? (cosAi?? scriveva Il DiAi??ritto dell”11 agosto 1863, il giornale che svolgeva la funAi??zione di portavoce ufficioso di Agostino Depretis). Nel campo opposto, nella primavera del 1861, la notizia dell”insurrezione del popolo napoletano contro il nuovo potere “piemontese” aveva entusiasmato i legittimisti di tutta Europa per il ritorno della Vandea, di una nuova Vandea che avrebbe saputo infliggere ai “giacobini” una sconfitta definitiva. A? questa convinzione a spiegare l”accorrere da tutta EuAi??ropa (e addirittura dagli Stati Uniti e dal Canada) di voAi??lontari pronti a battersi per restituire il trono a Francesco II. La simpatia per il giovane re, brutalmente spodestato contro tutte le regole del diritto internazionale, vi aveva la sua parte, ma la molla profonda era la consapevolezAi??za di un nuovo scontro fra il “vecchio” mondo, nel quaAi??le la distinzione fra Dio e Cesare non negava l”influenza sociale della religione e l”obbligo del potere politico di riAi??spettare i principi essenziali di un naturale ordine supeAi??riore (nient”altro significa la formula tradizionale “Trono e Altare”), e il “nuovo”, deciso a distruggere la religione (e in particolare il cattolicesimo) o, nei piA? moderati, a riAi??durla a un fatto intimistico e privato.Di questa guerra JosAi?? Borges, nato nel 1813 a Fernet, piccolo villaggio catalano, fu per tutta la vita consapeAi??vole protagonista. Figlio di un militare legittimista e creAi??sciuto nel clima e nel ricordo della gloriosa insurrezione del popolo spagnolo contro le armate napoleoniche, non ebbe esitazione a partecipare, ancora giovanissimo, alle “guerre carliste”, schierandosi fra i legittimisti, che appoggiaAi??vano le aspirazioni al trono di don Carlos, fratello di FerdinanAi??do VII, contro i liberali, sostenitori di Isabella, figlia minorenAi??ne del defunto re, e della reggente Maria Cristina. Costretto dalla sconfitta all”esilio in Francia, Borges accettA? con entusiasmo la proposta dei comitati borbonici di recarAi??si nell”Italia meridionale per dare organizzazione militare agli insorti (i “briganti” della nostra storiografia ufficiale) e assuAi??merne il comando, ma si accorse ben presto che le capaciAi??tAi?? organizzative dei comitati non erano all”altezza dell”impreAi??sa. Quando, nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1861, sbarAi??cA?, con 18 spagnoli e 2 napoletani, sulla spiaggia di Gerace, nei pressi di Capo Spartivento, non solo non trovA? ad attenderlo i duemila uomini ben armati che gli erano stati promessi, ma il momento d”oro dell”insorgenza borbonica, quando paesi e piccole cittAi?? accoglievano in trionfo gli insorti sventolando le bianche bandiere gigliate, era passato e il paese giaceva prostrato sotto la cupa violenza di una feroce repressione. Nonostante la delusione Borges volle persistere nell”impresa, utilizzando il migliaio di uomini che al comando di un contadino di Rionero, CarmiAi??ne Donatello Crocco, pur costretti dalla controffensiva “piemontese” ad abbandonare i maggiori centri abitati, tenevano sotto controllo un vasto territorio fra Calabria e Lucania. Tuttavia Borges era troppo buon cristiaAi??no e troppo soldato per tollerare l”eccessiva inclinazione alla violenza e al saccheggio di Crocco, che considerava un brigante e che, a sua volta, mal sopportava di obbedire ad un forestiero di troppi scrupoli. Il fallimenAi??to, dopo alcuni illusori successi, del tentativo di prendere Potenza per inAi??sediarvi un governo provvisorio rese inevitabile la separazione. Crocco, in vista dei difficili approvvigionamenti invernali, suddivise l”armata conAi??tadina in piccoli gruppi; Borges, con una dozzina di spagnoli e otto ai???duoAi??sicilianiai???, prese la via di Roma per fare rapporto al re.
Il viaggio, con freddo intenso fra le montagne abruzzesi coperte di neve, A? reso ancora piA? duro dalla necessitAi?? di evitare le pattuglie di bersaglieAi??ri e guardie nazionali. Nella tarda notte fra il 7 e l”8 dicembre nei pressi di Tagliacozzo, a quattro miglia dal confine pontificio, la salvezza A? a portaAi??ta di mano, ma i napoletani, che non hanno cavalcature, non sono in graAi??do di proseguire. Per non abbandonarli il generale ordina una breve soAi??sta alla cascina Mastroddi in localitAi?? La Lupa.
La decisione segna il destino di tutti. Poche ore dopo la cascina A? circonAi??data dai bersaglieri del maggiore Enrico Franchini. Nello scontro cadono tre spagnoli. Gli altri sono costretAi??ti ad arrendersi dopo che il maggiore ha fatto apAi??piccare il fuoco ai piani bassi della fattoria. Da solAi??dato, Borges porge la spada al maggiore che, sprezzante, la rifiuta.
I prigionieri sono trasportati a TagliacozAi??zo e qui, verso le otto della sera, frettoAi??losamente fucilati. Il Franchini concede un confessore, ma nega la fucilazione al petto. Lo spagnolo Pedro Martinez chieAi??de un foglio e, anche a nome dei compaAi??gni, scrive un ultimo messaggio: Ai??GesA? e Maria. Noi siamo tutti rassegnati ad esseAi??re fucilati. Addio. Ci ritroveremo nella valle di Giosafat; pregate per tutti noiAi??. La scariAi??ca dei fucili tronca le preghiere recitate ad alta voce dai condannati.