di Salvatore De Pascale (Comunicatore – Critico d’Arte)
Condizione, atteggiamento e filosofia di vita di un popolo: vittima di un passato avaro di bellezza, ma custode di un’anima che genera arte e resilienza.
Essere napoletani “non è solo una questione di nascita geografica”, ce lo ricordava tempo fa il Professore Vecchione, noto artista cantautore italiano, ma a mio avviso anche un viaggio interiore e culturale, un’identità che si costruisce e si abbraccia nel tempo. Napoli, città di contrasti e paradossi, non è stata sempre baciata da un passato generoso: guerre, povertà ed emarginazione hanno segnato profondamente la storia di questa terra. Tuttavia, ciò che spesso è mancato sul piano materiale è stato largamente compensato da una ricchezza immateriale unica: l’arte, la musica, la filosofia popolare, e soprattutto la capacità di affrontare la vita con passione, umorismo e profondità.
Essere napoletani, quindi, è tanto una condizione ereditaria quanto un atteggiamento che si adotta. È una filosofia di vita che insegna ad abbracciare il bello anche nel brutto, a trasformare la sofferenza in poesia e la lotta quotidiana in canto. Questo spirito, che può sembrare romantico, ha invece radici profonde nella storia e nella cultura della città, rendendo il termine “napoletanità” un concetto universale che può parlare a chiunque.
La storia di Napoli è un mosaico di conquiste, dominazioni e influenze culturali che hanno lasciato tracce profonde nel carattere e nell’identità del popolo napoletano. Greci, Romani, Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e infine i Borbone hanno governato questa terra, ciascuno contribuendo a plasmare la sua identità unica. Eppure, in ogni epoca, Napoli ha mantenuto una capacità straordinaria di assorbire e trasformare le influenze esterne, adattandole al proprio spirito.
Questo processo di adattamento non è stato sempre pacifico. La città ha dovuto spesso affrontare crisi profonde, che hanno messo a dura prova la sua sopravvivenza. Epidemie, terremoti, eruzioni vulcaniche e povertà diffusa avrebbero potuto spezzare il legame tra i napoletani e la loro terra. Ma Napoli ha sempre reagito con un’energia creativa che ha dato vita a capolavori d’arte, musica e letteratura.
Un esempio lampante di questa resilienza culturale è la canzone napoletana, che, con la sua intensità emotiva e la sua capacità di narrare la vita quotidiana, è diventata un simbolo universale della cultura partenopea. Da “O sole mio” a “Funiculì Funiculà,” queste canzoni non sono solo melodie, ma racconti profondi che esprimono il cuore e l’anima di un popolo.
Un momento cruciale nella storia di Napoli è stato il XIX secolo, quando il Regno delle Due Sicilie, sotto la guida dei Borbone, rappresentava una delle realtà politiche ed economiche più importanti dell’Italia preunitaria. Tuttavia, il destino di Napoli cambiò radicalmente con l’avvento dell’Unità d’Italia, un processo che vide il coinvolgimento di molteplici attori, sia interni che esterni.
La borghesia napoletana ebbe un ruolo determinante in questo contesto. Spesso filo-repubblicana e desiderosa di un cambiamento politico, fu tra le prime a forzare la mano per creare un terreno favorevole all’arrivo di Garibaldi e alla conquista sabauda. Questo atteggiamento, tuttavia, non era condiviso dalla maggioranza del popolo napoletano, che rimaneva profondamente legato alla monarchia borbonica.
L’arrivo di Garibaldi a Napoli nel 1860 fu accolto con freddezza e sospetto da gran parte della popolazione. Per molti, l’eroe dei due mondi rappresentava una figura imposta dall’alto, lontana dalla sensibilità e dai bisogni reali del popolo. La conseguente annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia portò a una profonda crisi economica e sociale per il Sud, che si ritrovò declassato e marginalizzato all’interno della nuova nazione.
Questo evento storico segna uno dei tanti momenti in cui il popolo napoletano ha dovuto fare appello alla propria capacità di resilienza. La perdita del ruolo di capitale e il declino economico non spezzarono l’anima della città, che continuò a reinventarsi senza mai perdere la propria essenza.
Essere napoletani significa anche abbracciare una filosofia di vita che trova la sua forza nella capacità di affrontare le difficoltà con leggerezza e profondità allo stesso tempo. Questo atteggiamento si riflette in molti altri aspetti della cultura napoletana, oltre a quelli della canzone: dal teatro comico di Eduardo De Filippo alle poesie di Salvatore Di Giacomo, fino alla cucina, che riesce a trasformare ingredienti semplici in autentiche opere d’arte.
La filosofia napoletana si basa su un principio fondamentale che vuole la bellezza ovunque, anche dove non sembra esserci. Questo atteggiamento non è una forma di negazione della realtà, ma piuttosto un atto di resistenza. La capacità di trovare il bello anche nel brutto è una delle caratteristiche distintive della napoletanità, che trasforma il dolore in speranza e la tragedia in commedia.
Questo spirito si manifesta anche nella capacità di Napoli di accogliere e integrare culture diverse. Nel corso dei secoli, la città è stata un crocevia di popoli e tradizioni, e questa apertura verso l’altro ha arricchito il suo patrimonio culturale. Essere napoletani, quindi, significa anche essere cittadini del mondo, capaci di parlare una lingua universale che va oltre i confini geografici.
In definitiva, “Napoletani si nasce, e si diventa” sintetizza una verità universale: l’identità non è solo ciò che ci viene dato, ma ciò che scegliamo di coltivare, valorizzare e rappresentare. Napoli diventa, così, una metafora del vivere autentico, capace di parlare al cuore di chiunque abbia il coraggio di guardare oltre le apparenze.
E, questa metafora trova espressione in molteplici aspetti della vita napoletana. La città, con i suoi vicoli stretti e le sue piazze luminose, rappresenta il contrasto tra luce e ombra che caratterizza l’esistenza umana. La sua gente, con lo spirito indomabile e la capacità di ridere anche nei momenti più difficili, è un esempio di come affrontare le sfide della vita con dignità e umorismo.
Napoli, dunque, non è solo un luogo fisico, ma uno stato d’animo, una filosofia, una lezione di vita. E questa lezione non è riservata solo ai napoletani, ma è accessibile a chiunque decida di immergersi nello spirito di questa città unica. Che si tratti di un turista che cammina per Spaccanapoli, di un artista che trae ispirazione dai colori e dalle luci della città, o di uno studioso che si perde nella sua storia millenaria, Napoli ha sempre qualcosa da insegnare.
La napoletanità è, in definitiva, una condizione dell’anima che non si limita ai confini geografici. È una ricchezza immateriale che trova la sua forza nella resilienza, nella creatività e nella capacità di trasformare ogni situazione in un’opportunità per creare bellezza. È una filosofia di vita che abbraccia il mondo intero, ricordandoci che, come diceva Eduardo De Filippo, “Adda passà ’a nuttata” – ogni notte buia lascia il posto a un nuovo giorno.
In un mondo sempre più globalizzato e uniforme, va da se che Napoli resti un faro di autenticità, una città che ci ricorda il valore della diversità e della capacità di reinventarsi. E in questo senso, risulta agevole che essere napoletani non sia solo una questione di nascita, ma un viaggio che chiunque potrà intraprendere, imparando a vivere con passione, umorismo e profondità. Napoletani si nasce, e si diventa.