Angri 02.07.2014 di Chiara Foti
Oggi ad Angri siamo stati invitati da Agostino Ingenito, a cui va un grande grazie per l’organizzazione,Ai??Ai??come Comitati Due Sicilie a partecipare alla conferenza stampa per il progetto territoriale che vede le osterie della zona aderire a delle serate organizzate per riscoprire la cucina della Real Casa di Borbone Due Sicilie. Dopo i saluti del Presidente nazionale dei CDS Fiore Marro, A? seguito l’intervento della coordinatrice giovanile Chiara Foti di cui riporto di seguito il discorso.
“L’iniziativa di Agostino mi ha dato uno spunto interessante poichA? noi, come CDS siamo soliti cercare di raggiungere l’interlocutore tramite la parola, invece lui oggi ci ha proposto un filone differente, ovvero prendere l’interlocutore per la gola in modo da poter poi arrivare alla sua mente. Una via che si puA? considerare estremamente efficace e convincente. Il tema A? la cucina sotto il regno dei Borbone e in effetti sotto questa dinastia il Regno di Napoli ha conosciuto la sua massima fioritura, lasciando la posizione di vicereame e assurgendo per la prima volta al rango di nazione. Tuttavia se volessimo parlare della nostra identitAi?? e di chi siamo attraverso il cibo, dovremmo cominciare dall’epoca degli antichi romani, quando Pompei era un grande centro di produzione ed esportazione di garum, una sostanza ottenuta dalla colatura dei pesci e usata per coprire il cattivo sapore di una carne mal conservata, che si A? nei secoli tradotta nella colatura di alici di Cetara. Poi con la caduta dell’impero romano, vennero da noi i Longobardi che ci portarono le bufale, animali molto forti e resistenti, adatti al lavoro nei campi, cosAi?? noi apprendemmo il modo di filare la pasta che derivava dal loro latte e in un monastero nacque poi, nei pressi di Capua, la mozzarella di bufala. Non poche sono le invenzioni culinarie che ebbero luogo nei monasteri, anche la sfogliatella santa rosa, nel ‘600 nacque proprio in un convento, il Santa Rosa tra Furore e Conca dei Marini e qui si tocca un altro aspetto della nostra identitAi??: la fede e la religione, che in questo caso sono state, appunto teatro di ispirazioni culinarie durate nel tempo. A proposito della mozzarella di bufala ci tengo a ricordare un sito della provincia di Caserta, il Real Sito di Carditello, una fattoria d’avanguardia dove il Borbone allevava bufale e lavorava la mozzarella fianco a fianco con i contadini. Arriviamo cosAi?? al ‘600 e grazie a Giambattista Basile con Lo cunto de li cunti ci descrive le mille coloriture con le quali noi ci avviciniamo al cibo. GiAi?? nella Gatta Cenerentola cita casatielli, purpette, pastiere e maccarune, ma il cunto che meglio descrive il nostro modo di vivere la cucina si ha nella storia di un ragazzo che sta per lasciare Napoli e cosAi?? la saluta:
Tienti forte che ti lascio bella Napoli mia!ChissAi?? se potrA? piA? vedervi mattoni di zucchero e pasta reale, dove le pietre son fatte di manna, le travi di zucchero di canna, le porte e le finestre di sfogliatelle! Addio carote e bietole, addio zeppole e migliacci, addio broccoli e ventresche, addio trippa e frattaglie, addio spezzatini e pasticci, addio fiore della cittAi??, lusso d’Italia, ovetto dipinto d’Europa, specchio del mondo! Addio Napoli, non plus ultra, dove la virtA? ha messo i paletti e la grazia ha segnato i confini! Me ne parto per restar sempre vedovo dei pignati maritati, vado via da questo casale, broccoli miei, vi lascio alle spalle!
Il legame con il cibo A? forte da noi, basti pensare alla pastiera, dolce pasquale che si mangia in tutto il meridione, per questo dico che il cibo A? identitAi??, perchA? ciA? che mangiamo ci contraddistingue da altre regioni e nazioni, in piA? A? un legame viscerale proprio perchA? il cibo entra dentro di noi. consapevoli o meno della nostra identitAi??, quando il ‘600 lascia il posto al ‘700, sotto il regno di Ferdinando IV, per volere della moglie Maria Carolina d’Austria, donna colta ed elegante, sempre attenta alle mode, si cerca di introdurre a Napoli il must del momento: la cucina francese. dunque la capitale si riempie di monsieur francesi a cui noi, da bravi napoletani per prima cosa cambiamo il nome rendendolo piA? pronunciabile per la nostra lingua e li appelliamo monzA?. I monzA? erano professionisti della cucina francese e tutte le case della Napoli bene volevano averne uno, perA? il nostro gusto faceva un pA? a pugni con le creme e cremine proposte dalla cucina d’oltralpe, quindi nei nostri ricettari tenemmo solamente alcune delle loro idee opportunamente riviste come il gattA?, il crocchA? con il panzerotto e il ragA? che per i francesi Ai??era uno stufato di carne con verdure ma che noi abbiamo saputo rileggere in modo da farlo diventare quella gradevole salsa che ci accompagna nei nostri pranzi domenicali. Per conquistarci, anche altri hanno provato a prenderci per la gola. Quando il Piemonte finAi?? la sua cartamoneta ed ebbe bisogno di venire da noi a prendersi i nostri ducati in oro, a unificazione fatta, venne fuori la pizza margherita, e la storia ci dice che fu creata in onore della prima regina savoiarda. In realtAi?? perA? nel Regno di napoli giAi?? al tempo dei Borbone si sfornavano le pizze per le strade e per le piazze; ve n’erano di due tipi, bianca e rossa. L’aggiunta di mozzarella e basilico ne fece l’emblema del tricolore. La scienza dice che noi siamo quello che mangiamo, allora quando ci sediamo alla nostra tavola dovremo stare attenti alla nostra cucina, o meglio alla cura per il dettaglio in essa contenuto, pensate solo al bordo di una pizza che resta morbido anche quando la pizza si A? raffreddata (succede solo in Campania), oppure alla cura che molti di noi hanno nello scegliere l’acqua adatta per fare il caffA? perchA? sennA? non viene buono. Ebbene, dopo aver viaggiato molto in Italia e fuori, posso affermare con certezza che quando un popolo riesce a trovare il modo per creare connubi perfetti di sapori accompagnati da fini dettagli che ne amplifichino la gradevolezza, ebbene quel popolo ha raggiunto un livello culturale e di raffinatezza superiore. Inoltre noi da secoli non siamo stati bravi solo nel cosa mangiare ma anche nel come mangiarlo, la forchetta che usiamo tutti i giorni a tavola fu inventata proprio sotto il regno di Ferdinando IV dal suo ciambellano per poter meglio arrotolare gli spaghetti, perchA? una forchetta a quattro punte funziona meglio di una a tre. CosAi?? la nuova forchetta uscAi?? da Palazzo Reale per andare nelle case di tutto il mondo. Quindi quando mangiamo, assaporiamo consapevolmente la nostra identitAi?? per riscoprire un amore verso noi stessi e il nostro passato che ci possa aiutare a far amare al nostra cultura anche a tutti gli altri nel mondo.”
Chiara Foti coordinatore giovanile CDS