Giuseppe Tardio agAi?? nel Cilento tra il 1862 ed il 1863. Originario di Piaggine, ma vissuto a Campora era un uomo molto colto, infatti si era laureato nel 1858, a 24 anni, presso il Reale Liceo di Salerno. Dopo aver preso contatti a Roma con il comitato borbonico si imbarcA? da Civitavecchia con trentadue uomini e sbarcA? ad Agropoli per fare il capo-brigante anzi “il capitano comandante le truppe borboniche”, come lui stesso si definiva.
A questo gruppo di uomini se ne aggiunsero molti altri, la banda superA? di gran lunga le cento unitAi??. Tardio iniziA? cosAi?? la sua opera di sommossa popolare contro il “tirannico e fazioso dispotico regime Sabaudo” proprio da Agropoli e continuando per molti altri centri del Cilento, quali Centola, Foria, Camerota, Celle di Bulgheria, Novi Velia, Laurito, Vallo della Lucania ed altri ancora, a Futani disarmA? l’intera guarnigione della Guardia Nazionale.
Nei paesi da lui occupati si distruggevano i monumenti, le litografie gli stemmi reali e quant’altro potesse essere riferito al regime sabaudo o a Garibaldi, poi alla folla (che in genere lo accoglieva con simpatia) lanciava dei proclami, invitando i cittadini a schierarsi sotto il vessillo del “legittimo sovrano Francesco II” e ad insorgere contro il tiranno subalpino che aveva ridotto la “seconda valle dell’Eden” (cosAi?? definiva il Cilento) a “triste contrada di provincia” angariata da tributi e rendendo il popolo nelle condizioni simili ai quelle dei “barbari del settentrione del Medio Evo”.
La banda affrontata dalle truppe piemontesi alla “Fontana del Cerro”, localitAi?? sopra San Biase, subAi?? un rovescio gravissimo. Il Tardio con i pochi superstiti si rifugiA? sui monti di Pruno di Laurino, riorganizzando le fila dei suoi seguaci e rimettendosi in azione nell’ottobre dello stesso anno.
La “Comitiva” tenne campagna fino al giugno del 1863, quando fra Stio e Magliano Grande subAi?? un’altra sconfitta ad opera di un attacco congiunto dei Carabinieri e della Guardia Nazionale, ripiegando su Sacco e poi Corleto, dove si sciolse.
Del Tardio si persero le tracce, fino a quando tradito da un suo concittadino, venne arrestato nel 1870; al processo scrisse una sua memoria difensiva in cui diceva: “io non sono colpevole di reati comuni poichA? il mio stato, il mio carattere e la mia educazione non potevano mai fare di me un volgare malfattore; io non mi mossi e non agii che con intendimenti e scopi meramente politici; talchA? non si potrebbe chiamarmi responsabile di qualsivoglia reato comune che altri avesse per avventura perpetrato a mia insaputa contro la espressiva mia volontAi?? e contro il chiarissimo ed unico scopo per cui la banda era stata da me radunata”.
Venne condannato a morte, ma la pena fu poi trasformata in lavori forzati a vita, morAi?? a 58 anni avvelenato in carcere da una donna, se ne ignora il motivo.