Il maiale in Abruzzo, veniva allevato soprattutto per uso familiare, tant’A? che ancora oggi viene consentita la macellazione a domicilio durante il periodo invernale. E’ ricordo del primo dopoguerra la figura del “castra porchetta” e il consumo dei testicoli dei suinetti, considerati all’epoca una vera leccornia. L’uccisione del maiale, un vero e proprio sacrificio rituale sotto la protezione di S. Antonio Abate, per le famiglie contadine comprese quelle abruzzesi, era un’importante occasione di festeggiare a tavola con parenti e amici, uno di quei pochi momenti di abbondanza “grascia” durante l’anno. Subito dopo l’uccisione dell’animale, praticata dall’esperto scannapuorce, si raccoglieva il sangue utilizzato per fare il sanguinaccio, particolare dolce abruzzese. Versato ancora fresco nel cotturo – recipiente di rame stagnato all’interno e utilizzato per la cottura nel camino – assieme a mosto cotto, cioccolato fondente a pezzi, noci sgusciate e tritate, bucce di arance, si cuoceva a fuoco molto lento, mescolando di continuo fino a ottenere una sorta di marmellata, che tolta dal fuoco veniva mescolata con il punch abruzzese e si conservava in barattoli. Da ricordare anche il dolce al sangue che si prepara con un composto di sangue lessato, zucchero, bucce di limone, mandorle tostate e tritate, farina e uova. Il sangue viene prima fritto a tocchi e poi bagnato nel rhum e spolverizzato con la cannella. Il sangue di maiale viene anche utilizzato saltato in padella (sanguinaccio all’agro chietino), si raccoglie in un tegame di terracotta, senza mescolarlo per facilitarne la coagulazione (non deve superare i 2 cm di spessore); nel frattempo si soffrigge la cipolla con un mazzetto di odori, rosmarino, salvia e alloro, si aggiunge quindi il sangue coagulato tagliato a tocchetti e si completa la cottura con l’aggiunta di vino bianco.
FEGATELLI ALLA BOSCAIOLA
ingredienti: fegatelli di maiale, di pollo e di tacchino, una cipolla, vino bianco secco, peperoni sottaceto, un pizzico di zucchero, sale e olio per friggere
preparazione: in padella soffriggere la cipolla nell’olio caldo, aggiungere il vino e farlo sfumare; unire quindi un trito di peperoni sottaceto e lo zucchero, calare i fegatini misti e cuocerli velocemente.
Dopo l’uccisone e il recupero del sangue, venivano estratti gli organi interni che, avvolti con la membrana reticolata dello stomaco (la “rezza” o “rizza”), costituivano la base per creare tante prelibatezze. Il fegato di maiale A? usato fresco dopo la macellazione, per preparare spiedini, nei quali si alternano pezzetti di fegato di maiale, foglie di alloro e fettine di pancetta, si condiscono con olio, sale e peperoncino e infine cotti sui carboni. Piccoli pezzi di fegato avvolti nella rete con una foglia di alloro, irrorati con olio di oliva, vengono cotti a fuoco allegro in forno e in padella con olio e peperoncino e irrorati con vino bianco. La produzione casalinga di insaccati, un’esperienza di grande aggregazione e solidarietAi?? fra gruppi di parenti e amici, impegna ancora in Abruzzo, molte famiglie contadine dei centri agricoli e montani che ripetono gesti antichi e sapienti, anche se non vengono piA? utilizzate tutte quelle parti degli animali di cui prima nulla si sciupava. Con fegato e coratella macinati assieme e conditi con abbondante peperoncino, si confezionavano le salsicce: i fegatazzi di Ortona (savecicce de fegate), diffusi non solo nel chietino ma in tutta la regione. Sono insaccati che possono essere cotti sulla griglia con foglie di alloro o ripassati in padella. Una variante A? la brigantella di Sulmona, che prevede nell’impasto fegato, guanciale, una piccola quantitAi?? di carne bovina, cuore, aglio rosso di Sulmona peperoncino e mosto cotto. Un altro insaccato gustosissimo A? la salsiccia di fegato con il miele, originaria della vallata dell’Orfento, in particolare del territorio di Caramanico, fatta con fegato di maiale, polmoni e milza, aromatizzata con scorza di arancia tritata, pistacchi pestati e dadolata di cedro, miele e mosto cotto e poi ripassata in padella o stagionata, essiccata e consumata affettata. E’ prodotta anche nella valle del Sagittario, nella zona di Scanno e Anversa degli Abruzzi e secondo la tradizione, questa tipica lavorazione sarebbe stata introdotta nella regione dai duchi di Acquaviva, signori di Atri e padroni di buona parte dell’Abruzzo, i quali avrebbero appreso l’uso del miele dai mercanti veneziani. CosAi?? facendo si A? unito il sapore forte del fegato con il sapore delicato del miele, creando questo gusto nuovo e appetitoso: una novitAi?? nelle abitudini gastronomiche, apprezzata ancora oggi. Vera prelibatezza, particolarmente diffusa in provincia di Chieti A? l’annoglia, forse un francesismo da nouille cioA? tagliolino, un insaccato dall’aspetto simile alla salsiccia, ottenuto utilizzando lo stomaco e le budella del suino riempite con cotiche, orecchie, zampe e frattaglie del maiale, messo ad asciugare la caldo del camino e consumato dopo pochi giorni cotto sulla brace o rosolato in padella con vino e olive. L’annoglia A? utilizzata anche per insaporire la minestra di cicerchie. Un insaccato diffuso nel teramano dal sapore caratteristico A? la ‘nnuje, una via di mezzo tra la salsiccia e il salamino, tipico dell’entroterra, in particolare della valli del Fino e del Vomano. Fatta asciugare puA? essere cotta in padella con acqua, olio e vino bianco oppure arrostita, il suo sapore A? deciso e ovviamente piccante. Il termine dialettale deriva dal francese andouille, salsicciotto di trippa o di carne di maiale: un’origine che caratterizza diverse preparazioni nel teramano, provincia influenzata storicamente dalla presenza francese. Nella valle Peligna, un salsicciotto molto simile A? chiamato salsiccia pazza (sagicce matte).
LA ‘NNUJE
ingedienti: un metro e mezzo di budella di maiale della parte dell’ultima sezione d’intestino, 250 g di carne magra e pancetta di maiale, 1,5 kg di trippa di maiale, rosmarino, buccia di arancia, qualche spicchio d’aglio, alloro, peperoncino.
preparazione: lessare la trippa a parte e fare altrettanto con il resto della carne; tagliare tutto a listellini. Tagliuzzare la buccia d’arancia, il rosmarino, l’aglio, l’alloro e il peperoncino. Fare di tutto un impasto molto ben amalgamato. Tagliare a parte le budella in pezzi di circa 12 cm. Legare con spago sottile ogni pezzo a una estremitAi??, riempirlo con l’impasto e legarlo all’altra estremitAi?? ottenendo cosAi?? le gustosissime ‘nnuje, che saranno appese in luogo arieggiato a mA? di salamini per tre o quattro giorni. Si prestano a essere conservate per qualche tempo. Possono essere cotte sulla brace, al forno o in padella.
Tra gli insaccati, non possiamo non ricordare la salamella di fegato al vino cotto. Produzione di questo insaccato di maiale A? tipica del vastese, dove la cultura del vino cotto trova un’antica e diffusa consuetudine. Per la sua preparazione si usano fegato, cuore, polmone, pleura, diaframma e le rifilature rosse del guanciale in proporzione di 30% e 70% tra corata e rifilature. Tutto viene macinato e amalgamato con aromi, buccia di arancia e aglio; si aggiunge poi del peperone dolce e infine vino cotto invecchiato. L’aggiunta di vino cotto serve sia per una migliore conservazione sia per aromatizzare, smorzando il gusto particolarmente intenso della corata. L’impasto infine viene insaccato in budello e fatto stagionare. Con parti miste, rimasugli della macellazione del maiale (orecchie, muso, piedini, lingua, coda), lessate e disossate e poi mescolate a sedano, polpa di olive nere e sottaceti, prosciutto macinato, brodo di cottura, quindi insaccate in un budello naturale di grossa dimensione, il Ai??”trombone” e fatte raffreddare; l’estro culinario degli avi, acuito dalla necessitAi?? e dalla parsimonia, ha dato vita alla coppa all’abruzzese, appena descritta nella variante teramana. Per poterla raffreddare e tagliare soda e compatta, nella zona del Gran Sasso, veniva chiusa in sacchetti di panno, cuciti appositamente e appesa fuori dalle abitazioni, al vento e al freddo della notte che la gelava con i rigori naturali. Una variante A? la coppa di testa alla maniera di Rojo del Sangro, dove si lessa la testa del maiale, la si disossa, si mescola con il sedano, timo e peperoncino, si aggiunge il brodo di cottura filtrato e dopo aver completato la cottura, si versa in recipienti di terracotta che si raffreddano in frigo. Con zampetti, coda, costoline, orecchie e lingua cotta in acqua per circa quattro ore con alloro, pepe, peperoncino e scorza di arancia, aggiungendo poi il sangue lessato a parte (esiste anche la variante che non ne prevede l’utilizzo), si ottiene la ‘ndocca ‘ndocca, un’altra preparazione tipica del teramano. Il piatto va servito preferibilmente caldo ma risulta gustoso anche freddo nella sua gelatina. La pietanza A? testimonianza tipica di quella cultura contadina che del maiale non butta niente, sfruttandone il formidabile potenziale energetico fino all’ultima risorsa. Il suo nome dialettale si richiama probabilmente al metodo di preparazione che prevede piccoli tocchetti delle parti animali per facilitarne la cottura. Zampette, musetto, cotenne, orecchio, lardo, pancetta, osso di prosciutto si utilizzano per insaporire le verdure e la pasta di uno dei piatti piA? famosi della gastronomia teramana: le virtA? del primo maggio. I piedi del maiale regalano gustose ricette come i piedini del maiale ai ferri, lessati, tagliati in due, cosparsi di mollica, lardo e poi cotti ai ferri. Una ricetta leggermente brodosa A? quella degli zampetti di maiale con le verze: i piedini di maiale vengono cotti in acqua con cipolle, carote, sedano, aglio e grani di pepe; a metAi?? cottura si aggiunge il cavolo verza e si cuoce per circa mezz’ora. Da non dimenticare i piedini di maiale con i fagioli. L’utilizzo del maiale si presenta quasi inesauribile e dobbiamo ricordare il brodo fatto con la testa e le zampe e altri ritagli; la testa di maiale cotta al forno, tradizione di Castiglione Messer Marino; i friccinelle di lu pette o osso della padrona, cioA? un osso rosolato in padella e poi bollito per ricavarne un brodo ottimo per paste e verdure come nella tradizione dei Furci.
PIEDINI DI MAIALE IN SALSA
ingredienti: piedini di maiale, alloro, aglio, prezzemolo, acciughe, sottaceti, un uovo, peperoncino, olio d’oliva.
preparazione: lessare i piedini in acqua bollente con qualche foglia di alloro. Tritare l’aglio, il prezzemolo, le acciughe e mescolare il tutto; aggiungere i sottaceti, il peperoncino, l’olio d’oliva e l’uovo sbattuto fino ad ottenere una salsa semidensa che sarAi?? servita che sarAi?? servita con i piedini.
Non possiamo tralasciare la cotenna, “le coteche” del maiale. Le cotiche al pomodoro, diffuse in tutta la regione, sono una ricetta semplice ma dal sapore intenso: dopo aver pulito per bene le cotiche, isando le canne incendiarie che bruciano le setole, si passano gli “scurtichine” e le “prete renazze” (pietra arenaria) e si cuociono in acqua fredda con cipolla e alloro per circa due ore. A parte si soffriggono la cipolla tritata, l’aglio e il pomodoro e si uniscono le cotiche cuocendo per un altro quarto d’ora. Saporite, da non perdere, le cotiche e fagioli all’abruzzese cotte con cipolla, carota, sedano, peperoncino piccante sminuzzato e pomodoro a pezzetti e anche i taijarille fasciule e coteche, dove la pasta di sola acqua e farina, fata a mano, stesa in medio spessore e poi tagliata a coltello, viene cotta e condita con un battuto di lardo, prezzemolo, pomodoro, sedano, aglio, origano e cipolla da soffriggere in olio extravergine d’oliva con le cotiche tagliate a striscioline. Si serve con peperoncino piccante e spolverizzata con pecorino abruzzese grattugiato.
fonte: www.accademiaitalianacucina.it
2 Comments
Sono stato un anno scolastico all’ITAS di Scerni (Ch) e conservo un bel ricordo dei su mensionati insaccati casalinghi. Oggi che mio nipote studia all’università di Ch cerco di rinsaldare le vecchie e non sopite amicizie per rinnovare incontri culinari.
Complimenti per l’articolo. Molto interessante. Continuate cos