In Giappone non si trova piA? il burro nei supermercati[1] e in America A? partito il razionamento[2] come ai tempi della guerra mentre i giornali invitano giAi?? a fare le scorte[3]
“A causa della ridotta disponibilitAi??, siamo costretti a limitare la vendita di riso” A? il cartello, che da qualche giorno, gli esigenti consumatori americani, trovano sugli scaffali dei supermercati.
Come il piA? pauroso dei film di fantascienza americani.
Ci conviene riflettere seriamente su quello che potrebbe succedere qui da noi, perchA? questa grave crisi alimentare sta dimostrando che nemmeno i paesi piA? industralizzati possono sentirsi al sicuro, figuriamoci quelli piA? poveri.
I giornali nostrani evitano di parlarne ampiamente, ma da un paio di settimane in Messico infuria una rivolta[4] che ha di fatto paralizzato la vita politica della nazione, il parlamento A? stato occupato e vari cortei di protesta occupano permanentemente le maggiori piazze dello stato.
Ufficialmente il motivo A? la volonta del governo di vendere l’azienda energetica di Stato, la Pemex, ma in realtAi?? si tratta della classica goccia che fatraboccare il vaso: i cittadini messicani sono esasperati dall’aumento vertiginoso del prezzo del mais[5], passato dai “7 pesos al chilo ai 18 attuali”, che ha ridotto la popolazione alla fame.
Per sopperire alla mancanza di cereali i governi di tutto il mondo stanno ben pensando di tassare le proprie esportazioni di cereali e cosAi?? la Russia ha messo un balzello di 70 euro per tonnellata, la Cina uno del 25%, altre tasse vengono imposte da India, Egitto, Thailandia, mentre il Brasile blocca totalmente le esportazioni[6]
Quale lo scenario probabile in Italia?
Il nostro paese A? notoriamente agricolo, ma in realtAi?? le sue potenzialitAi?? sono tenute al minimo, in maniera artificiosa.
Se in passato il Sud era un importante produttore di grano, oggi il 50% del grano consumato viene importato da Canada e Stati Uniti.
Un’eventuale collasso delle esportazioni nordamericani o una drastica riduzione, avrebbe come conseguenze il raddoppio del prezzo di pasta e pane e la loro scarsitAi?? sugli scaffali, come d’altronde sta avvenendo con il riso negli USA.
L’indisponibilitAi?? delle granaglie sui mercati, farebbe come conseguenza, gravi danni al settore degli allevamenti; anche in questo caso l’Italia sarebbe fortemente colpita in quanto la maggiorparte dei bovini da macello viene importata da Gran Bretagna, Olanda e Francia, pur avendo l’Italia delle grandi potenzialitAi?? in questo settore.
Ci vorranno due-tre anni e forse anche di piA?, passati perA? nella ristrettezza dei razionamenti, prima che la produzione nazionale di grano e carne arrivino ad un regime tale da soddisfare la domanda interna. Insomma si prospetta un futuro di autarchia.
In Europa, la colpa di tutto ciA?, A? come sempre dell’assurda liberalizzazione economica dell’UE, che impone ai paesi membri di rifornirsi sui mercati esteri (una volta piA? economici) per ciA? che riguarda la produzione agricola, ma opprimendo in questo modo la produzione interna.
“Un intervento urgente non solo per fronteggiare l’attuale emergenza alimentare mondiale, ma per cogliere le opportunita’ che l’aumento dei prezzi puo’ offrire per il rilancio l’agricoltura ed evitare che situazioni drammatiche di questo tipo si riverifichino in futuro” E’ l’appello[7] lanciato dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, alla comunita’ internazionale, che prospetta una strategia su due fronti: da un lato l’adozione di politiche e programmi per assistere i milioni di affamati, e dall’altro la promozione di misure per aiutare gli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo a trarre vantaggio da questa nuova situazione.
Quello che ha dichiarato il capo della FAO A? proprio ciA? che noi auspichiamo, ovvero trasformare la crisi in un’opportunitAi?? per le regioni del Sud Italia, in particolare Sicilia e Puglia, in passato grandi produttrici di granaglie.
La soluzione che proponiamo A? contenuta nel nostro editoriale “Presto un boom dell’agricoltura in Sicilia?” del 8/11/2007 che scrivemmo quando ancora i giornali non si sognavano minimamente una crisi di tale portata, mentre noi giAi?? ponevamo le soluzioni.
L’unico modo che abbiamo per superare questa crisi A? investire nel settore agricolo e ci sono vari modi per farlo, come la fondazione di aziende agricole, la messa in coltura degli appezzamenti abbandonati, l’aumento della produzione granicola e cerealicola.
Senza dimenticare la formazione scolastica relativa al settore agrario, spesso snobbata perchA? poco remunerativo.
Presto saranno necessari in Sicilia, cosAi?? come in tutto il Sud continentale, parecchi periti agrari, richiesti dal comparto agricolo in espansione e trainato dalla domanda che tra non molto supererAi?? l’offerta, responsabile di un notevole aumento dei prezzi.
Insomma con l’agricoltura si tornerAi?? a guadagnarci.
L’Associazione dei Comitati delle Due Sicilie, tra i propri obiettivi si pone proprio la formazione di una nuova classe dirigente, capace di affrontare con intelligenza ed onestAi?? i problemi attuali e futuri delle nostre terre e portando le proprie competenze laddove si presentino delle opportunitAi?? di sviluppo per la nostra terra.
Conscio di questi nuovi sviluppi, gia da un pA? di tempo, il nostro segretario provinciale Dr.ssa Daniela Catalano,che A? anche il rappresentante degli allevatori della provincia diEnna, ha inaugurato un laboratorio di analisi agroalimentari in Val Dittaino.
Un’investimento mirato per il boom dell’agricoltura che stiamo attendendo.
[1]Il Giornale, 26 aprile 2008
[3]Washington Post, 21 aprile 2008
[4]Agenzia Ansa, 13 aprile 2008
[5] Il Sole 24 Ore, 25 gennaio 2008
[6]Il Giornale, 30 aprile 2008
[7] Agenzia Agi, 29 aprile 2008
Comitato delle Due Sicilie-SICILIA