Carlo Alianello
Di Gianandrea de Antonellis
Carlo Alianello
Scrittore ai???umano e popolareai???
Carlo Alianello (1901-1981) A? uno scrittore meno conosciuto di quanto meriterebbe: emarginato dalla critica attenta alla forma perchAi?? nella sua opera non si riscontrano elementi di particolare innovamento linguistico; disprezzato dalla critica attenta ai contenuti perchAi?? decisamente controcorrente (ai nostri giorni si dice: non politically correct). Le antologie scolastiche non lo citano, i volumi di approfondimento lo ricor-dano solamente di sfuggita, eppure questai??i??uomo umile, dedito allai??i??insegnamento, senza pretese di protagonismo nonostante i premi letterari conquistati (e, nel suo caso, pos-siamo ben dire a pieno merito), seppe scrivere in maniera semplice riuscendo a rag-giungere, nonostante la corpositAi?? dei suoi volumi, lai??i??animo dei lettori.
Ai??Il mio talento A? quello di narratore di favole, di cantastorie o, se si preferisce, di aedoAi?? affermA? una volta: ed in effetti il suo sforzo A? sempre stato quello di rendere accessibile a tutti, con la semplicitAi?? del linguaggio e lai??i??interesse dellai??i??intreccio, vicende che A? bene facciano parte integrante della nostra cultura, narrazioni che la storia ufficiale ha voluto cancellare e che possono essere rese note piA? facilmente sotto lai??i??aspetto di romanzi storici piuttosto che attraverso imponenti saggi che non potrebbero mai raggiungere la stragrande maggioranza dei lettori.
Non un semplice divulgatore, ma molto di piA?: un poeta che utilizza come materia la storia della propria terra, perchAi?? questa non venga obliata. In questo senso puA? reggere il paragone con Omero: lai??i??aedo cieco cantava le gesta di una Grecia ormai mi-tica, perchAi?? non venisse dimenticata, come Alianello cerca di vivificare nellai??i??arte le pa-trie vicende, liberandole dalla polvere degli archivi.
Annota a questo proposito Marcello Camilucci: Ai??Alianello, sotto questo riguardo, ci sembra occupare una posizione mediana tra Balzac e Manzoni: il suo interesse per la storia nasce da una radice che partecipa della sociologia e della spiritualitAi??, evitando gli eccessi del positivismo zoliano e le inquadrature metafisiche dei romanzi ottocenteschi. La meditazione sulla storia tenta di dissociarsi il meno possibile dallo svolgimento della storia stessa senza precludersi perA? quei cantucci distensivi e riflessivi nei quali lo spirito del gran Lombardo si concedeva il lusso di contemplare dallai??i??alto la sua ma-tassa. Ne nasce un ritmo ordinariamente celere con qualche pausa nel quale lo stoma-co della storia fatica a digerire quanto ha ingurgitato e gli si agita confusamente den-troAi?? .
Il paragone con Manzoni o con Balzac non sembri ardito: il livello della scrittura alianelliana A? sicuramente alto; e se non siamo di fronte a tentativi di sostanziale rinno-vamento linguistico che hanno dato fama ad altri autori, esiste una fondamentale novitAi?? nellai??i??uso del dialetto, che Alianello utilizzA? in maniera completamente differente da due suoi illustri contemporanei, Pasolini e Gadda. Il primo ne godette come di un gio-co per le sue Ai??doviziose offerte scatologicheAi?? e lai??i??altro lo trasformA? in un divertimento barocco; al contrario, Alianello lo colse Ai??nel suo rapporto che A? di amore e di discordia ad un tempo con la lingua, nel suo naturale e prepotente fiorire ed esplodere ogni vol-ta che lai??i??intimitAi?? del personaggio A? sollecitata in una sfera e con unai??i??intensitAi?? nella quale non riesce piA? a tradursi, a cercare la mediazione di una lingua a tutti comune, ma deve trovare uno sfogo immediato al livello bruciante del sentimento e dellai??i??istintoAi?? . Usato sapientemente ai??i?? anche se alcuni puristi contestano la limpidezza del lucano, troppo spesso ai???contaminatoai??? dal napoletano ai??i?? il dialetto non volgarizza la storia e i personaggi, ma corrisponde al loro sospiro ordinario: Ai??Il dialetto in tal modo non solo non risulta fastidioso ed ingombrante (come nella maggior parte delle sperimentazioni neoveriste) bensAi?? contribuisce una sorta di musica di fondo grave e misteriosa che le-ga intimamente i personaggi e i fatti allai??i??ambiente naturale e storico nel quale vivo-noAi?? .
Ma non A? solo questione di sfogo immediato al livello bruciante del sentimento e dellai??i??istinto, perchAi?? negli anni successivi allai??i??annessione piemontese lai??i??uso del napoletano (o del lucano, del calabrese, del veneto o di qualsiasi altro dialetto, meridionale o set-tentrionale che fosse) aveva anche un preciso intento ideologico: il rifiuto della lingua italiana, del riconoscimento di un asservimento culturale. Negli anni successivi al 1860 parlare napoletano ai??i?? o, piA? precisamente, ostinarsi a parlare napoletano ai??i?? era come mettersi addosso una coccarda borbonica: numerosi sono gli attestati, sia contempo-ranei che piA? recenti, di una simile concezione. Ne Lai??i??inghippo il primo problema del protagonista, nobile lucano, ma garibaldino, massone e infine filosabaudo, A? appunto quello di sforzarsi di cancellare ogni residuo della parlata paterna, anche solo quando pensa: purtroppo per lui non gli riesce ai??i?? e se ne rammarica non poco ai??i?? di sostituire la parola papAi?? con il toscaneggiante e piA? ufficiale babbo (che gli ricorda piA? un insulto siciliano ai??i?? dove babbo sta per sciocco ai??i?? che la dolce figura paterna).
Scrittore ai???borbonicoai???
Alianello scrittore e cantore della sua terra, dicevamo. E tra le opere dello scrittore lucano vi sono almeno cinque lavori che possiamo definire Ai??borboniciAi?? (anche se lo scrittore teneva a precisare di non essere un ai???borbonicoai??? ): cerchiamo di analizzarli brevemente, seguendo non lai??i??ordine cronologico in cui essi furono scritti, bensAi?? la se-quenza storica della materia trattata.
Soldati del Re
Premio Valdagno-Marzotto nel 1952, A? una serie di tre racconti intrecciati tra di loro ed ambientati in una giornata dei moti del 1848. La scrittura A? assai sapiente ed Alia-nello gioca con i suoi personaggi e con i toni, passando dal drammatico al grottesco, se non addirittura al comico, per poi tornare al tragico ed al patetico, con accenti di altissima poesia. Il mito della ai???rivoluzione popolareai??? viene spogliato di tanta retorica patriottarda e ridimensionato ad una serie di fatti in cui, piA? che lai??i??eroismo, dominano le rivalitAi??, spesso assai meschine che opponevano la borghesia rampante alla nobiltAi?? dominante.
Particolarmente struggente A? lai??i??ultimo episodio: Rocco, un soldato semplice (in tutti i sensi), viene ucciso da un dimostrante, un borghese che studia da notaio. Dopo la morte i due vengono giudicati da un tribunale celeste, in cui perA? gli arcangeli ed i santi sono vestiti in uniformi borboniche. La dolcezza del povero cafone, mite con chiunque (al punto da non aver impedito ad una recluta di scappare dalla caserma per andare a salutare i parenti, cosa che gli costA? a suo tempo la degradazione) e buono soprattutto da non aver fatto immediatamente fuoco sullo studente che tentava di di-sarmarlo, viene contrapposta allo strafottente cinismo del borghese, orgoglioso fino alla morte ai??i?? ed oltre ai??i?? nel suo disprezzo verso il povero illetterato. Viene qui anticipa-ta di quasi ventai??i??anni la polemica che vedrAi?? Pasolini condannare i manifestanti sessan-tottini, figli della grassa borghesia, pronti a tirare sassi contro i poliziotti, veri figli del popolo, salvo poi rifugiarsi sotto le gonne di papAi?? o a far brillante carriera in politica, nelle universitAi??, nelle aziende, nei giornali… Il processo celeste si chiude con lai??i??assoluzione del povero Rocco, mentre lo studente continua ad essere incredulo e pro-tervo nel suo rifiuto di accettare la realtAi?? ultraterrena, anche quando essa si presenta chiaramente ai suoi occhi.
Lai??i??alfiere
Pubblicato nel 1942, conobbe un grande successo (e nel 1956 divenne uno sceneg-giato televisivo in sei puntate), tanto da essere considerato quasi un testo premonito-re dai combattenti coinvolti nella guerra civile. La leggenda vuole che molti soldati della Repubblica Sociale lo portassero con sAi??: negli avvenimenti dellai??i??invasione sabauda e della conseguente guerra civile del 1860 essi vedevano rispecchiate le loro vicende e si identificavano in chi, come lai??i??alfiere Giuseppe Lancia, aveva deciso di mantenere fede allai??i??impegno preso con il giuramento militare. Li accomunava anche lo stesso tipo di guerra, destinata
ad essere perduta e che proprio per questo appariva piA? gloriosa. Ai??Senza speranzaAi??, come il motto dei difensori di Civitella del Tronto ripreso da alcuni reparti della R.S.I.
Il romanzo A? costituito dallai??i??intrecciarsi delle storie di Pino Lancia, giovane ufficiale di cavalleria, e di fraai??i?? Carmelo da Acquaviva, un francescano ammiratore di Garibaldi: le due vicende finiranno per avere un epilogo comune, con il carmelitano che diverrAi?? cappellano militare del manipolo di Pino, riuscendo a raggiungere quasi miracolosamente Gaeta per lai??i??ultima, inutile resistenza. Inutile come lai??i??amore che il giovane tenen-te nutre per la dolce Titina, una fanciulla del suo paese di origine in Lucania, che lo ammira e che non osa svelargli il suo amore, anche quando lo salva dalla congiura or-dita contro lai??i??ufficiale borbonico dai liberali del paesino. Pino ha conosciuto altre due donne, Renata, fredda e bellissima figlia di una ammiraglio traditore e Ginevra, nipote della governante, ragazza affascinante, ma volgare. La lontananza accresce il suo af-fetto per Titina, trasformandolo da semplice riconoscenza in puro amore, ma, dopo mesi di distacco, in seguito alla vittoriosa sortita di Caiazzo, egli verrAi?? a sapere che la fanciulla A? stata uccisa proprio pochi istanti dopo aver liberato Pino. Il tenente ha cosAi?? vissuto per un fantasma, per un essere giAi?? morto, cosAi?? come ha combattuto per una guerra giAi?? persa, per un regno giAi?? caduto. Ma fino allai??i??ultimo ha voluto credere, spera-re, ed il romanzo si chiude sulle parole di un ufficiale ferito gravemente, il quale, a metAi?? strada tra il delirio e la luciditAi??, mentre la bandiera biancogigliata viene ammai-nata definitivamente, continua a gridare: Ai??Io non mi sono arreso!Ai??.
Lai??i??ereditAi?? della priora
Pubblicato nel 1963 e Premio Selezione Campiello, A? ben piA? di un semplice roman-zo storico: si tratta di un vero e proprio atto di accusa, in forma letteraria, nei con-fronti della guerra contro il cosiddetto brigantaggio politico, condotta con estrema vio-lenza da parte dellai??i??esercito piemontese (A? difficile riuscire a definirlo italiano) nei terri-tori dellai??i??ex Regno delle Due Sicilie. Basandosi su rigorose ricerche storiche, poi sfocia-te nel 1972 in un saggio storico crudamente intitolato La conquista del Sud, Alianello tesse una fitta trama basandosi su tre figure di ufficiali borbonici che, dopo la caduta del Regno, tornano in Lucania per comandare le bande di insorgenti che si dovrebbero formare. Naturalmente, non potendo falsare la Storia, tutti e tre falliranno questa mis-sione: Ugo Navarra finirAi?? ucciso come un volgare brigante e la sua memoria sarAi?? in-famata; il barone Andrea Guarna, protagonista principale e nipote della Priora del titolo, dopo alcune vicissitudini piA? che altro politiche (in qualitAi?? di infiltrato nella nemica Guardia Nazionale), tornerAi?? a Roma dopo esser riuscito ai???soloai??? a convertire la cugina, cresciuta in Svizzera tra calvinisti e mazziniani, alla vera Fede; infine Gerardo Satriano, per evitare la condanna a morte, sarAi?? costretto a fuggire in America dove si ar-ruolerAi?? nellai??i??esercito nordista per partecipare in qualitAi?? di mercenario alla guerra di se-cessione.
Nonostante le quasi seicento pagine, il romanzo A? di agevole lettura, conquista il lettore e lo trascina in un ambiente ricostruito alla perfezione, dove si incontrano per-sonaggi mirabilmente descritti, dal Maestro di loggia al legittimista illuso, dallo specu-latore senza scrupoli che arruola indifferentemente per la causa borbonica o per lai??i??esercito nordista al murattiano che crede di aver trovato lai??i??occasione per restaurare la dinastia napoleonide. Se Lai??i??alfiere era stato un romanzo in cui prevaleva lai??i??azione mili-tare (era ambientato nel 1860, quindi in piena guerra), ne Lai??i??ereditAi?? della Priora (che riporta fatti dellai??i??anno successivo, quindi di ai???guerrigliaai???) A? lai??i??elemento politico a predo-minare. Ci si rende conto come la bella pur se sfortunata guerra che aveva vissuto il baroncino Pino Lancia A? praticamente morta: al suo posto si combatte una battaglia di nervi, di logoramento e purtroppo di corruzione; gli elementi della Guardia Nazionale sono tutti borbonici che vestono lai??i??uniforme piemontese, pronti ad inalberare le insegne gigliate non appena sarAi?? giunto il momento ma, purtroppo, capaci di continuare a servire il tricolore se tale momento non dovesse arrivare.
Per questo la pagina che tiene maggiormente sospeso il lettore A? quella del (mancato) attacco da parte delle truppe del generale Borjes e di Crocco a Potenza: sotto una pioggia battente la Guardia aspetta, pronta ad accogliere come vincitori lo Spagnolo ed il brigante, trattenendo il respiro in attesa di un momento che non arriverAi?? mai.
La conquista del Sud
Scritto nel 1972 non A? un vero e proprio romanzo, bensAi?? un saggio romanzato: lai??i??autore non espone aridamente il frutto di lunghi anni di ricerche, molte delle quali avvenute in archivi privati, ma, conscio di essere in primo luogo un artista, le riveste di unai??i??aura poetica. Ad esempio, viene descritto con estrema efficacia lai??i??episodio che dette luogo al ferocissimo e spropositato massacro di Pontelandolfo e Casalduni (14 agosto 1861).
I garibaldini avanzano in mezzo alle campagne e sentono un coro di preghiera: sono i contadini che si preparano alla semina ritmando con le orazioni il proprio lavoro. CiA? rassicura i soldati in camicia rossa che procedono nella loro marcia; solo quando si sono troppo addentrati si rendono conto che quello non A? il tempo per certe attivitAi?? agricole: sono caduti in unai??i??imboscata in cui le parole dai??i??ordine sono date dai versetti delle preghiere. Lai??i??ordine viene dato e lai??i??assalto dei briganti inizia; sono solo roncole e bastoni contro fucili, ma il coraggio di chi le imbraccia A? esaltato sia dallai??i??odio verso i crudeli invasori, sia dalla ferma fede in chi li guida e nello strumento che impugna: il parroco con un crocifisso.
La prosa di Alianello sa piegarsi alle necessitAi?? del saggio, ma le sue pagine riman-gono comunque degli esempi di commovente poesia: lo scrittore si rivela cosAi?? capace di insegnare la storia in maniera semplice ed espressiva, avvicinando coloro che po-trebbero essere spaventati dallai??i??idea di affrontare un ponderoso tomo scientifico o che, viceversa, ritengono sprecato il tempo utilizzato a leggere un romanzo.
Lai??i??inghippo
Unai??i??opera scritta da un autore anziano, che ha come protagonista un uomo altret-tanto anziano. Rispetto ai romanzi precedenti lai??i??azione si riduce ulteriormente, lasciando posto allo scavo nellai??i??intimo dei personaggi: si svolge tra il 1894 ed il 1896, tra lo scandalo della Banca Romana e la disfatta di Adua. Lai??i??inghippo del titolo A? costituito da un paio di cambiali della Banca Romana, firmate dallai??i??onorevole Francesco Fortemanno, barone lucano e combattente garibaldino pluridecorato, passato successivamente tra le fila del centro monarchico; dei trascorsi rivoluzionari ora mantiene solamente la violenta avversione per il clero. Disperato per le cambiale firmate, che in mano ai suoi nemici potrebbero divenire armi terribili, rimane a dir poco sgomento quando viene a sapere che esse sono state riscattate dal clero stesso su richiesta della sorella dellai??i??onorevole, la marchesa Leopolda, che ha cosAi?? evitato ogni scandalo. Il gesto gene-roso non gli fa mutare alcun sentimento e quando, dopo la battaglia di Adua, il figlio Vittorio viene fatto prigioniero dagli Abissini, profilatasi la mediazione del Papa presso il Negus, pronuncia un discorso violento discorso contro ai???lai??i??eterno Nemico di lAi?? dal Tevereai??? affinchAi?? il Re ed il governo rifiutino di scendere a patti col Pontefice.
Il gesto disconoscente (ed impostogli dalla massoneria) crea una insanabile frattura con la sorella ed a nulla vale il miracolo mariano di cui Vittorio A? protagonista in Afri-ca: il giovane decide di rinunciare al matrimonio e va a fare il missionario laico in Etiopia, mentre il padre si ritira dalla politica e si chiude in se stesso. A livello piA? alto, la Chiesa dovrAi?? ancora aspettare trentai??i??anni per riallacciare i rapporti con lo Stato italia-no, mentre il parlamento giolittiano si rivela una accozzaglia di individui pronti a schie-rarsi dalla parte del piA? forte, pari per vigliaccheria solo alla classe dei giornalisti; lo stesso esercito si dimostra incapace di compiere il proprio dovere, ripiegato comai??i??A? sugli allori delle passate vittorie.
Alianello trasferisce in questa sua ultima opera tutta la propria amarezza: deluso dalla vita quasi tronca il romanzo con un finale che pare dirci che sAi??, la vita continua, ma non ci puA? certo offrire tutte le gioie che ci aveva promesso. Il matrimonio tra i due cugini, sospirato fin dalle prime pagine del romanzo, non si avvererAi??: il Fato separa i due cugini, destinando
lai??i??una ad un freddo matrimonio di convenienza e lai??i??altro ad una dura vita in Africa. Dalla loro unione sarebbero derivate non solo la riconcilia-zione tra i due genitori, fratello e sorella divisi da tante discordie, ma anche la rinascita della famiglia Fortemanno e lai??i??ideale pacificazione tra il mondo tradizionale ed il mondo nuovo, tra le due anime di unai??i??Italia lacerata profondamente. Questo messag-gio di speranza, perA?, si infrange: e come con Vittorio, deciso a ritirarsi in Africa, si e-stingue il sangue dei Fortemanno, cosAi?? i valori positivi del rinnovamento sono perduti, lasciando il posto (ed il potere) alla borghesia piA? arida e dura.
Interessante anche il rapporto di amicizia tra i camerieri dei due fratelli: i lucani: Rocco e Maria Donata, servitori del barone (Rocco fu attendente di questai??i??ultimo nella spedizione dei Mille) e i romani Romolo e Laurina, fedeli alla marchesa (lui combattAi?? anche a Mentana, quando i ai???garibaldesiai??? furono sconfitti ignominiosamente dai soldati pontifici ed affermarono- contro la veritAi?? storica- di essere stati battuti dalle truppe francesi, che invece giunsero sul campo a battaglia terminata).
Scrittore cattolico
Fausto Gianfranceschi ha definito Alianello come uno scrittore di ispirazione cattolica per il quale Ai??il principio di selezione etica trascende il calcolo del successo storico: gli uomini debbono svolgere il ruolo assegnato ad essi dal destino anche se A? contro la Storia, perchAi?? giudice A? Dio e non la Storia (cioA? il divenire umano)Ai?? . Definirsi cattolici, nel mondo attuale, A? spesso un atto di coraggio. Ed Alianello stesso non aveva re-more a farlo. A questo proposito una significativa pagina si trova in Lo scrittore o della solitudine, una sorta di struggente autobiografia: ricordando il suo ingresso, da fanciullo, in un collegio dedicato alla Madonna, ne rievoca un momento saliente. Ai??Nella cerimonia dai??i??ammissione io mi son votato a Lei, come, secondo la vecchia formulazione feudale, cavaliere a Dama e Signora. Ho giurato e, se non ho sempre mantenuto il mio giuramento, non fu mai per infedeltAi??, ma per debolezza, cosAi?? come quando il ca-valiere si alleggeriva talvolta di corazza, giaco e morione; lai??i??armatura di ferro A? dura a portarsi, dura milizia A? la vita degli uomini.
PerA? quella fede donata, quel prestato giuramento non lai??i??ho scordato nAi?? lo dimenti-cherA? mai per lai??i??onore della mia Dama, neppure quando non vi saranno piA? nAi?? luoghi nAi?? tempi per correr quintane e nessun infedele porterAi?? piA? colori avversi contro il suo azzurro manto. ResterAi?? un nome solo, un tempo incommensurabile, un unico confine senza limiti nAi?? misure: lai??i??eternitAi??, dico, nel nome di DioAi?? .
Il mago deluso
Pubblicata da Mondadori nel 1947 (vinse il Premio Bautta), narra le vicende del ventottenne professor Massimo Daliano che si trasferisce a C. (in cui si riconosce Camerino) per occupare la cattedra di biologia dellai??i??universitAi??. Alloggiato presso la fami-glia Zapponi, si trova circondato da vari strani personaggi: Venanzio (organista del Duomo) che ha fama di mago, sua sorella Agnese quella di santa e la loro madre di sibilla. I tre sono peraltro inquilini della conturbante e chiacchierata Concita.
Massimo, ateo e materialista, dapprima si diverte a tali dicerie; quindi viene a mano a mano attratto dal vortice di spiritualismo che aleggia nella casa; quando, quasi per staccarsi da tale atmosfera, accetta lai??i??amore della propria assistente Letizia Giani, inizialmente tenuta a distanza anche perchAi?? fidanzata di un altro professore, improvvi-samente Concita si fa avanti, anche se per interposta persona. Infatti A? il maestro Venanzio, il mago, che gli chiede di rispondere ai??i?? castamente ai??i?? alla passione di Concita: solo cosAi??, con due anime amanti e caste potrAi?? egli raggiungere lo scopo della sua ope-ra, che non A? la trasmutazione dei metalli, bensAi?? quella delle anime. Ma lai??i??amore di Massimo e Concita non sarAi?? casto e porterAi?? tragiche conseguenze, con le morti so-spette del mago e della donna fatale. Il finale, in un rapido crescendo, vede Massimo perdere la sicurezza del proprio scetticismo: la fede, piano, piano, gli entra nellai??i??anima, in quellai??i??anima che lui ha da molto tempo negato esistere: cosAi?? prega con la buona Agnese e, forse, troverAi?? la sua strada nellai??i??amore per Letizia, anchai??i??essa ai???buona cristia-naai???, come tiene a definirsi.
Maria e i fratelli
Scritto nel 1955, A? la rilettura della storia di GesA? Cristo attraverso una moderniz-zazione del linguaggio. Lai??i??autore giustifica questa sua scelta analizzandola puntualmente, per poi concludere: Ai??La forma fissata in eterno A? lai??i??ideale della mummia che si con-serva bene, ma non vive. Unai??i??altra cosa. Chi volesse informarsi meglio dei principali personaggi di questo libro, se il mio lavoro avrAi?? la fortuna di interessare qualcuno, puA? consultare con profitto uno dei SS. Evangeli o tuttai??i??e quattro. Ce ne sono delle ot-time edizioni, molto curateAi?? .
Fin dallai??i??inizio lai??i??autore mette lai??i??accento sulla regalitAi?? della ascendenza di GesA?, sottolineando come sia Giuseppe che Maria provengano dalla stirpe di Davide. La nobiltAi?? della Madonna, poi, si esprime attraverso il suo dignitoso comportamento, il suo di-stacco dai beni materiali, cosAi?? diversa dallai??i??ipocrita sacerdote del tempio, che trattiene il popolo dal raccattare i trenta denari sparsi da Giuda, affermando che essi siano Ai??roba sporcaAi?? in quanto frutto del tradimento, ma, una volta allontanatasi la folla, si affretta a raccattarli uno per uno.
Il corso dei capitoli piA? drammatici, quelli sulla Passione e sulla Morte di Nostro Si-gnore, sono enfatizzati da un taglio ai???cinematograficoai???. Parimente emozionante A? lai??i??incontro con Pilato: chiunque viene a contato con GesA? rimane colpito dalla sua figura e il procuratore romano per un tratto decide di rischiare tutto per salvarlo, ordina lai??i??assetto di battaglia e sogna di poter far schiacciare dalla propria cavalleria la plebaglia radunata nel cortile del pretorio, quella stessa plebaglia che gli sta chiedendo a gran voce il sangue di un innocente (Ai??E il suo sangue ricada su noi e sui nostri figli! Sangue! Sangue!Ai??).
Eppure, nonostante tutte le premesse, il romanzo non venne apprezzato (come accadde al piA? modesto Nascita di Eva, Vallecchi 1966). CosAi?? ne scrisse il critico Fausto Montanari: Ai??Il libro ha avuto una modesta fortuna: troppo religioso per i laicisti; troppo laico per i cattolici. La sorte di quasi tutti i libri cattolici vivi e intelligenti nel nostro ambiente italianoAi?? . Per questo, quando nel 1970 pubblicA? una sorta di diario, lo inti-tolA? amaramente Lo scrittore o della solitudine, conscio di non poter essere apprezza-to da una critica ai??i?? anche sedicente cattolica ai??i?? anzi di una Ai??una consorteria di sprov-veduti, fra critici, autori ed editori, i quali altra ricchezza non hanno che lai??i??appoggio dei politici, anzi dai??i??una sola politica, quella dei sinistrorsi dai??i??ogni sfumatura, carminio, rosso scarlatto, rosa, rosaceo, malva, cinabro o solferino, nonchAi?? dei grossi capitalisti che gli sono alleati, i quali altro interesse non hanno che ridurre lai??i??arte a un fatto industria-le, qualunque arte A? diventata cosa bigia, tetra, miserabileAi?? , capaci di modellare un Ai??catechismo nuovoAi?? cui Ai??mancano solo le litanie dei santi, dei loro santi: Santa Venere Cloacina, detta a Roma anche santa Chiavica, san Priapo mortificato e martire, eppoi san Lutero, san Calvino, san Zwiglio e via via, attraverso Kant ed Hegel fino a Marx, al santissimo Lenin, al beato Stalin e al venerabile Marcuse, di santitAi?? appena fiorenteAi??.