di Lucia Di Mauro
Napoli, 30 giugno 2018
Per le culture antiche attribuire il nome a qualcosa o a qualcuno era simile a scrivere una scheda identificativa, da cui si poteva dedurre storia, significati e persino aspettative di famiglie e comunità.
Una prova dell’importanza che nel passato veniva data all’imposizione di un nome può essere, ad esempio, l’idea, secondo la tradizione ebraica, dell’impossibilità di dare un nome a Dio. Il nome, infatti, nell’antico testamento, indica l’essenza della persona stessa, la sua identità più intima, per tale motivo può imporre il nome ad una persona soltanto colui che la conosce profondamente; ovviamente Dio, essendo il “Totalmente altro”, sfugge alla nostra conoscenza e quindi, non potendo essere definito in alcun modo, deve essere chiamato soltanto come “Colui che è”.
Il nome, dunque, racconta molto degli uomini, ma anche di ogni realtà naturale, geografica, culturale, storica; per questo lo studio della della toponomastica, particolarmente di quella storica, è importantissimo.
La toponomastica è una voce dal passato che trasmette messaggi, ignorarla significa sottovalutare, persino misconoscere l’identità del popolo che abita un determinato luogo.
Così percorrendo con lo sguardo una cartina del meridione italiano, o meglio di quello che fu il glorioso Regno delle due Sicilie, ci si po’ rendere conto del grande e tormentato itinerario storico di quelle terre.
Analizzando, ad esempio, alcune tra le vie “principali, le arterie maggiori di collegamento, della città di Napoli, si osserva subito come abbiano mutato di nome al cambiare dei tanti nuovi padroni, così via Toledo è diventata via Roma, il Rettifilo prese il nome di Corso Umberto I, Corso Vittorio Emanuele in origine si chiamava Corso Maria Teresa e piazza plebiscito “fu la morte ‘e largo do’ palazzo” (Federico Salvatore), ecc.; tuttavia non si può ignorare che molte altre vie, come via Tribunali, via Duomo, Via Port’Alba, Via Posillipo, Via Ponti Rossi, Via Santa Teresa degli Scalzi, ecc, non hanno cambiato nome. Esistono, in verità, nella città Partenopea dei luoghi che appartengono soltanto alla sua gente e che non prescindono dalla storia ma la assorbono in sé.
Il popolo di Napoli, infatti, sempre dominato, ha saputo rielaborare, fondendole tra loro, le culture con cui è venuto in contatto, trasformandole secondo la sua identità.
Il segreto di Napoli forse è proprio racchiuso nelle sue due anime una di miseria, l’altra di nobiltà; una che ha nome Neapolis, nuova città, come ce ne sono tante sulla terra, capace di adattarsi al giogo dei nuovi signori del potere, fino a perdere se stessa, e l’altra, Partenope, unica meraviglia al mondo e magica trasformatrice di tutto ciò che le si avvicina per sfiorarla, in se stessa.
(L’importanza della toponomastica)