Regi lagni, una storia triste piena da buone intenzioni.
Dalla bonifica dei terreni all’inquinamento del mare, è stato come passare dai Borbone al sistema tosco- padano.
Di Fiore Marro
Caserta 1 giugno 2020
La storia dei Regi Lagni, magnifica e modernissima opera idraulica del periodo borbonico, oggi a causa dell’incuria in cui versa, è un monumento triste e desolante, del litorale domizio. L’opera che è divenuta oramai discarica di sgombri illeciti e depositi di rifiuti, in un incessante e continuo sversamento selvaggio, ha perso da tempo immemore la sua funzione iniziale.
Era stata individuata, nell’ottica duosiciliana, quale reticolo idrografico più grande del regno, abbracciando 99 comuni campani. I Regi Lagni sono una grande opera d’ingegneria idraulica che, per importanza e innovativa concezione, restano ancora oggi una delle più significative testimonianze borboniche in tutto il Regno delle due Sicilie. Erano stati realizzati con il duplice scopo di migliorare l’ambiente insalubre dell’immediato retroterra della città di Napoli e di recuperare a colture terreni paludosi e malarici. Al canale centrale di circa 57 km, affluiscono complessivamente oltre 210 chilometri di canalizzazioni secondarie, che drenano una parte notevole del bacino, consentendo il deflusso fino al mare delle acque drenate dai terreni. Fino agli anni 70 si lavorava la canapa e si faceva il bagno.
Un progetto della Cassa del mezzogiorno,negli anni 70, decise di convertire il tutto in un recettore di cinque depuratori. E così oggi i Regi lagni accolgono le acque che escono dai depuratori, nella migliore delle ipotesi dopo aver subito l’abbattimento parziale delle sostanze inquinanti. Nel tempo, come dimostrano anche alcune inchieste giudiziarie, le acque immesse dai depuratori sono risultate perfino più contaminate di quelle in entrata. Una catastrofe figlia di una pressione insediativa, industriale e agricola, scaturita da pianificazioni sbagliate e poco lungimiranti. E così l’area degli antichi centri rurali, dove ci sono ancora le tracce della centuriazione, è diventata un simbolo del degrado. Il problema è che non ci sono solo gli scarichi autorizzati, che già sono un bel problema, ma ci sono anche quelli illegali. Acque torbide e schiumose, di colore marrone o nauseabonde sono quelle più frequentemente descritte nella ricognizione dei punti di immissione effettuata dall’Arpac lungo diversi comuni dei Regi Lagni, interessati anche dalla presenza di molti allevamenti di bufale che contribuiscono all’inquinamento con una massiccia presenza di nitrati. Come se non bastasse, ci sono poi depositi illeciti dei rifiuti lungo il letto del canale.
Se ne contano centinaia, provenienti molto spesso dall’attività industriale in nero. Una storia quella degli sversamenti abusivi che va avanti da anni. Era il 2002 quando nel territorio di Casaluce i vigili del fuoco impiegarono due giorni per spegnere un incendio che interessò cumuli di residui tessili e conciari abbandonati lungo l’argine del canale per una lunghezza di circa un chilometro. Sempre i Regi Lagni nel tempo hanno dovuto accogliere il car fluff (residui di triturazione delle parti interne delle automobili), carcasse di automobili, pneumatici, rifiuti fangosi. Per non parlare di Ferrandelle o lo Uttaro, discariche vicine ai canali che affluiscono ai Regi Lagni. Le conseguenze sono state devastanti. C’è stato anche un momento in cui, alla foce dei Regi lagni le patelle nascevano solo femmine: il mollusco si presentava nell’unico genere presumibilmente a causa dello scarico di sostanze estrogene. Non è andata bene la tentata risposta ad un peggioramento della situazione con la griglia realizzata per trattenere i rifiuti, ancora oggi sotto sequestro. Non si contano gli interventi finiti per essere inutili, ma la speranza adesso è nell’ultimazione dei progetti di “Risanamento Ambientale e Valorizzazione dei Regi Lagni’’ Fase 1 e 2, finanziati con Por Fesr, per un importo di circa 200 milioni di euro. Un’opera che rappresenta la speranza per gli operatori del settore balneare del litorale, ma anche per molti altri settori dell’economia.
Il timore è che il denaro pubblico sia speso senza conclusioni positive evidenti e in grado di cambiare il corso delle cose. Del resto il recente passato non ha contribuito certo ad avere fiducia nelle istituzioni.